Sergio Tavčar

Scusate (?) se non mi sono fatto sentire per un po’ di tempo, ma sono in fase di pre-depressione. Spero solo che non si aggravi. C’è questo maledetto lockdown (serrata) strisciante che non invoglia certamente a socializzare e dunque, perso per perso, mi sono imposto un periodo di auto-isolamento, così stare isolato serve almeno a qualcosa, e in più oggi mi sono svegliato con bora, temperatura sottozero e neve che ci ha imbiancato l’altipiano, per cui, si potrebbe dire, mancava solo questo. In tutto questo intanto non riesco mai a beccare le rarissime partite di Eurolega che trasmette Eurosport, per cui non posso proprio commentare nulla. Anche perché quel poco che ho visto non invoglia certamente a cercare spasmodicamente l’orario di trasmissione di qualche partita, in quanto, inevitabilmente, dopo un paio di minuti nei quali impreco a voce alta per come giocano, il dito scatta puntuale verso il telecomando per cambiare canale. Mi dispiace, ma proprio non ci riesco. E ovviamente di abbonarmi a Eurosport Player per vedere cose che nessun occhio umano mai vorrebbe vedere non mi passa neppure per l’anticamera del cervello. Come più volte detto sono di origini carsoline, e dunque geneticamente “risparmiatore” (direbbe Zio Paperone), nel senso che odio gettare via soldi per niente. Se compro qualcosa, almeno so che ho avuto qualcosa in cambio e dunque so che ho fatto una buona cosa, ma se 50 centesimi mi finiscono in un tombino mi incavolo come una iena. Ripeto, gettare via soldi mi procura un vero e proprio fastidio fisico. E un abbonamento a un qualsiasi campionato di basket oggigiorno è per me una clamorosa perdita inutile di soldi. Per un Barcellona che vale la pena di seguire ci sono pur sempre altre 15 squadre, Milano compresa, Buck e Leo scusatemi.

A proposito delle mie origini carsoline. Tempo fa la curatrice delle opere teatrali di mio padre mi chiese un breve profilo familiare per poter integrare le informazioni che lei aveva acquisito per conto suo e, visto fra l’altro che sono il più anziano di quelli rimasti, ho pensato di scrivere una cosa un tantino più corposa giusto per lasciare una piccola testimonianza per i posteri, se mi permettete questa frase roboante. Poi, su incitamento di mia cugina che voleva leggere la storia, l’ho tradotta in italiano, anche a beneficio dei cugini italiani di Padova. Riletta la storia, ripeto, molto personale e dunque di interesse estremamente limitato per un pubblico extra-familiare, diciamo così, ho comunque notato che lo sfondo sul quale si sono svolte le vicende storiche della mia famiglia è stato molto interessante dal punto di vista proprio storico e soprattutto per dove si è svolto, leggi le nostre terre che in un paio di decenni hanno cambiato tre volte padrone. Ragion per cui ho pensato, assieme a Tommaso, di mettere questa storia sul sito per quelli che eventualmente fossero interessati a leggerla. La troverete sotto il titolo “Storia di una famiglia”.

Tornando al basket l’unica cosa che ho dunque visto sono state un paio di partite delle nazionali impegnate (?) nella famigerata bolla dei farseschi gironi di qualificazione per i prossimi Europei. Fra l’altro l’Italia doveva giocare contro la Nord Macedonia che ha dato forfait causa Covid, per cui ha giocato solo contro i russi. Piccola osservazione: l’Italia, come una delle nazioni organizzatrici degli Europei, è qualificata di diritto, per cui gioca per…cosa? Ditemelo voi. Come pure la Turchia che, infatti, se ne strafrega ed è bellamente ultima, tanto è qualificata di sicuro, cosa questa che sottolinea ulteriormente la totale insignificanza di queste cosiddette qualificazioni.

Il fatto che gioca praticamente delle amichevoli dovrebbe essere tenuto sempre ben presente quando si parla del rendimento degli azzurri. Una cosa è giocare per rimanere o uscire e tutta un’altra cosa è giocare tanto per farlo. Detto ciò comunque devo dire che ho avuto più di una soddisfazione e una conferma di quanto suppongo già da molto tempo. La partita l’hanno infatti vinta i giocatori che io ritengo appartenenti alla categoria dei giocatori di basket. Per chi non avesse seguito le puntate precedenti per me un giocatore di basket è colui che in campo sa perché c’è, sa quanto si vuole da lui, fa le scelte giuste per la squadra e in genere comunque ragiona, e tutto ciò assolutamente nulla ha a che fare con quello che in genere viene definito talento. Devo rifarmi a quanto più che giustamente dice Franz: esiste un perfetto prototipo dell’assoluto non-giocatore di basket che però nell’accezione comune viene visto come un enorme talento, ed è più che evidentemente Aleksej Šved. Ecco, vedete lui e capite per esatto contrario chi sia secondo me un vero giocatore di basket. Per me i veri giocatori di basket che Sacchetti in questo momento può schierare sono essenzialmente tre, e sono Tessitori, Ricci e Spissu. E, guarda caso, il primo, che finalmente alla tenera età di 26 anni, dopo una vita passata inutilmente a giocare in A-2, è capitato in una grande squadra e soprattutto con un allenatore vero che sa cosa è il basket, ha letteralmente ridicolizzato i pipponi russi sotto canestro segnando come e quando voleva. Come mai? Perché, essendo un giocatore di basket, si trovava sempre dove avrebbe dovuto trovarsi. Tutto qua. Molto semplice. Per quanto riguarda Ricci devo dire che per lui ho da sempre un debole. Mi piace il fatto che fa più o meno sempre le scelte giuste, nel senso che tira da tre quando è giusto che lo faccia, ma quel che mi piace di lui è che la conclusione da fuori è l’ultima sua scelta possibile, una volta esaurite le altre che prevedono un gioco interno come prima soluzione. Diciamo così: fossi il suo allenatore, lui sarebbe sempre un giocatore che non mi procurerebbe infarti ogni volta che toccasse la palla. Penso che anche lui con Sale farà un grosso salto di qualità. E infine Spissu che pensavo fosse il classico play fumoso e errante senza particolari idee luminose in testa quando giocava alla Fortitudo. Poi, una volta tornato nella sua Sardegna, ha dato l’impressione che la nebbia si sia progressivamente diradata dalla sua testa (avrà pure qualche merito il Poz in tutto questo? – lui avrà avuto ogni tanto in testa qualche bufera, ma nebbia mai), ed ora è un giocatore che mi piace molto. Guarda caso contro i russi ha messo dentro le due bombe che hanno deciso la partita, una dietro l’altra nei momenti più chiave che ci fossero. Ripeto, tornando al discorso dell’inizio, avrei voluto vederlo se la partita avesse veramente contato per qualcosa, ma intanto i tiri bisogna comunque metterli. A proposito di tiri a scatenare la mia escalation di depressione c’è stata un’acuta disamina della coppia di commentatori della partita che a un dato momento se ne sono usciti con la scoperta che nel basket moderno, una volta eseguita bene l’azione e trovato l’uomo libero, i tiri bisogna metterli. Perché, in quello di una volta si poteva vincere non facendo canestro? Che cavolo di discorso è? Il gioco si chiama palla a canestro e, in tutti i tempi e sotto tutte le latitudini, quella di metterla sempre e comunque nel cesto è la dote fondamentale e imprescindibile di chiunque voglia dedicarsi a questo sport. No tiro no basket, vale per l’eternità.

Purtroppo, Lofoten e gli altri bolognesi non crocifiggetemi, per favore, ma devo ancora riuscire a scoprire le doti di Pajola che fino a questo momento mi appaiono ignote. Ha fisico, difende bene? OK, non lo metto in dubbio, ma per il resto? Portare la palla in attacco avanzando da gambero con il didietro in posizione prominente non è il mio modo di vedere di come portare la palla in attacco in modo pericoloso, ma passi, sempre che, una volta arrivati in attacco, partisse la mossa che apre la difesa avversaria con un primo passaggio illuminante. Mai visto. Almeno segna con regolarità da fuori? Non mi sembra, anzi mi sembra proprio che non abbia tiro. Però è molto forte in entrata? Ogni tanto lo fa, ma poi non sa mai bene dove si trova. E allora, di grazia, perché sarebbe forte? Spiegatemelo, per favore. Io proprio non ci arrivo.

Altra piccola chiosa su presunti grandi talenti. Siete proprio sicuri che con quel fisico il piccolo Moretti sia destinato a meraviglie future? Con tutto il rispetto per le sue qualità di giocatore, che a questo punto dovrebbero essere essenzialmente una velocità supersonica di corpo e mente e un tiro zero motion (per dirla come i fissati tipo Llandre) che entra sempre, a me onestamente sembra la riedizione di Mussini. Spero tanto di no.

Per avere una ulteriore conferma di quanto poco sono informato su quanto succede nel basket di oggidì mi è quasi venuto un colpo quando ho sentito che Della Valle, di cui continuavo a chiedermi quale fosse stata la sua sorte, sarebbe finito addirittura in Montenegro. E’ vero? E, se sì, perché? Cosa ha il Montenegro che l’Italia non abbia? Forse istruttori, più che allenatori, di basket, che riescono alla fine a far imparare a un giocatore quanto serve per poter essere ad alto livello? Certo, dopo il buco nero milanese che ne ha inghiottiti di più di uno tsunami, rimettersi in sesto sarà un’impresa improba. Che Dio gli dia, perché il ragazzo è, anzi sarebbe, veramente molto bravo se solo non avesse perso tutto questo tempo. Fra l’altro tempo fa ho visto Flaccadori con Trinchieri al Bayern. Altro esempio di giocatore potenzialmente molto buono che si perde per strada e tenta di ritrovarla. Fra l’altro adesso tira con la mano destra. Non potevano decidere quale fosse la sua mano di tiro quando era un tantino più giovane, diciamo la prima volta che gli hanno dato una palla in mano? Che a livello giovanile in Italia il caos disorganizzato regni sovrano?

Ritornando per un istante alle partite delle famigerate qualificazioni, su cosa ne pensi ho già scritto abbastanza e non cambio una virgola di quanto scritto già tanto tempo fa, intanto ho gradito molto di poter risentire Geri De Rosa a fare telecronache di basket, chissà perché assieme a lui i vari commentatori tecnici sono molto più sobri e soprattutto essenziali nei commenti veri, e poi ho goduto nel vedere uno spelacchiato play spagnolo di un’oscura squadra, tale Colon o comunque circa così, che sembrava uscito da una macchina del tempo e faceva tutte le cose che si facevano una volta confermando ad abbondanza la mia teoria che, se oggigiorno la gente facesse le cose che si facevano una volta, avrebbe la strada semplicemente spianata per fare quello che volesse. Il tutto con un tasso di classe che è di un’altra galassia rispetto per esempio ad un Emiliano Rodriguez, giocatore incredibile di una 50-ina di anni fa, il primo giocatore che mi sia venuto in mente vedendo il suddetto Colon. Scusate, ma quando vedo queste cose le mie teorie, che al giorno d’oggi sembrano aliene, si rafforzano in modo sempre più granitico.

Ci sarebbe poi da commentare la lunga e interessantissima discussione fra Llandre e Cicciobruttino sul dominio USA, discussione partita dall’idea (per me folle e totalmente antistorica) di ripristinare la leva obbligatoria. Inutile dire da che parte stessi, anche perché sono già abbastanza vecchio da ricordare tutto l’andamento della guerra del Vietnam, nella quale gli americani, alle prese con un nemico che combatteva per la propria terra in modo totale e del tutto anticonvenzionale, facendo girare a vuoto la preponderante potenza di fuoco degli USA (l’unica cosa grazie alla quale sono tanto forti), fecero una figura che si potrebbe definire penosa se non si ricordassero episodi tipo My Lai o in genere l’uso indiscriminato del napalm che la farebbero definire più che altro criminale tout court. Forse sono comunque condizionato da quanto mi raccontava mio padre sugli americani (lo trovate nella storia di famiglia) con i quali aveva risalito tutto lo Stivale dalla Calabria fino al 25 aprile, per cui mi fermo qui. Del resto mi sembra che di alta politica abbiamo già parlato tanto, per cui forse è giusto per un po’ tornare alle radici. In fin dei conti questo è solo un modesto blog dedicato al basket.