Sergio Tavčar

Sergio Tavčar

Per esporre il mio impianto teorico vorrei essere il più cartesiano possibile e cominciare dal mio “cogito, ergo sum”. In ogni teoria infatti bisogna partire da qualche assioma, da qualche affermazione che non possa essere dimostrabile, ma che si deve dare per ovvia e acquisita. Il mio assioma fondamentale è questo e lo scrivo in lettere maiuscole: NEL BASKET NON ESISTE DIFESA CHE POSSA IMPEDIRE A UN ATTACCO BEN FATTO DI TROVARE IN OGNI AZIONE UN TIRO APERTO. Chi non è d’accordo con questo assioma vada su un altro sito, perché con me non ha niente da chiedere.

L’assioma va spiegato o, meglio, chiarito. L’attacco ben fatto presuppone che il quintetto in campo non perda palla, che sappiano tutti palleggiare e passare e che l’azione si svolga in modo fluido e coerente. Intendo che quando arriva un raddoppio la palla deve essere scaricata al giocatore libero più vicino, il quale, se un avversario ruota trova il compagno successivo eccetera secondo il principio evidente che, se su un nostro giocatore ce ne sono due di avversari, allora uno degli altri quattro è per forza libero e che, comunque la difesa sia formata da felini veloci come la luce, non esiste essere umano che sia più veloce di una palla ben passata. Per tiro aperto si intende un tiro con l’avversario più vicino a non meno di un metro e che la posizione dal quale possa essere effettuato sia a distanza utile, dai sette metri in giù. Alla base del mio assioma c’è il fatto che il basket è uno sport, a differenza del calcio, giocato con le mani, per cui, come in tutti gli sport giocati con le mani (pallamano) o con estensioni di esse (hockey), chi è in possesso della palla ha la prima mossa, alla quale la difesa deve adeguarsi. Come negli scacchi: chi ha i bianchi comanda. Per cui mi sembra bizzarro, per non dire totalmente a mondo sottosopra, affermare che una squadra ha il controllo della difesa mentre non ha il controllo dell’attacco essendo, per le ragioni suesposte, esattamente il contrario. Non per niente si diceva una volta che in attacco ci si diverte, mentre in difesa si lavora. Ora, proseguendo nell’esposizione, ferma restando la validità di base dell’assioma fondamentale, il passo successivo del ragionamento porta inevitabilmente alla conclusione che ho dato per scontata nel post precedente: se io indovino la giornata nella quale i miei giocatori fanno il 100% al tiro non potrò mai perdere, al massimo pareggiare se anche gli avversari indovineranno la partita perfetta. In passato c’era una squadra del genere, ed era il Cibona di metà degli anni ’80. Il quintetto con iPetrović bros., Cvijetičanin, Nakić e Čutura, con riserve Bečić e Ušić, era un quintetto nel quale il primo che era solo tirava da qualsiasi posizione spesso e volentieri segnando. Dirò di più, per quanto incredibile possa sembrare a qualcuno: non è stata certamente la squadra da me preferita, perché aveva messo in pratica quello che Aldo Giordani aborriva. Aveva infatti trasformato il nobile gioco del basket in un ignobile tiro a segno. Però vinceva e alla fine questa è l’unica cosa che conta. Finendo con il ragionamento mi sembra solo logico e conseguente concludere che è l’attacco che dà il tono alla prestazione e che da esso parte tutto, proprio perché non si è mai vista una squadra vincere facendo meno punti rispetto agli avversari. Ripeto, quando l’attacco funziona, la difesa è in campo per fare in modo che gli avversari sbaglino qualche tiro in più rispetto a noi, quando invece l’attacco non funziona bisogna sopperire con la difesa a questa carenza sperando che basti per fare in modo che gli avversari segnino ancora di meno rispetto a quanto facciamo noi. Ora, cosa ci sia di offensivista in questo semplice ragionamento non lo so proprio. Io constatoun dato di fatto dovuto alla natura intrinseca del basket e non me ne potrebbe fregare di meno se a qualcuno piace di più l’attacco o la difesa. A me, per quanto vale, piace vedere un’ottima difesa, la migliore possibile, che viene però fatta fuori da una brillante combinazione in attacco conclusa con un bel tiro aperto che entra. In definitiva mi piace veder giocar bene. Altri vanno in orgasmoquando la difesa intercetta un pallone o costringe la squadra avversaria a un infrazione di 24 secondi. Io, avendo sempre in mente l’assioma fondamentale, resto, e continuerò a restarlo fino alla fine dei miei giorni, convinto che un recupero difensivo è sempre, senza eccezioni, creato da un errore in attacco. Come quando a scacchi vince il nero. Se il bianco non fa errori, chiedetelo agli scacchisti, non può perdere. E’ ovvio che io posso avere tutti i bianchi che voglio che contro Kasparov perderò sempre verso la 20-esima mossa, se non prima. Qui stiamo parlando di giocatori (squadre) di valore più o meno uguale. E in questo caso vincerà sempre chi commetterà, come dicono gli scacchisti, il penultimo errore.

Secondo punto: la psicologia di squadra e le motivazioni. Ho letto molte opinioni, scusatemi, secondo me profondamente superficiali. Una squadra è formata da 14 individui, giocatori e i due coach, tutti essere umani presi uno per uno unici e irripetibili, per cui presumere di applicare una formuletta magica a mo’ di cliché è altamente presuntuoso nonché destinato a fallire. Due anni fa Lucio Zanca tenne a Trieste una lezione magistrale sulle motivazioni di squadra dicendo pressapoco la stessa cosa. Ogni giocatore ha motivazioni diverse o comunque divergenti in tantissimi punti. C’è chi nel basket trova auto-gratificazione, chi vuole emergere per questioni legate al proprio ego, chi vuole semplicemente guadagnare di più, chi vuole essere forte per cuccare di più eccetera.Mettere assieme tutte queste personalità è compito immane e Zanca spiegava i modi per riuscire in qualche modo a mettere tutti i singoli sulla stessa lunghezza d’onda con il fine ultimo di far remare tutti nella stessa direzione. Alla base di tutto ci deve essere la comprensione della personalità e delle motivazioni di ciascun componente della squadra sulle quali poi lavorare. Avendo molta dimestichezza con il basket jugoslavo e soprattutto con le caratteristiche psicologiche prevalenti nei singoli popoli che la componevano, nel caso di sloveni e serbi addirittura antitetiche, penso di essere uno che ha piena coscienza del problema, non nel senso che so tutto, ma che so qual’è il problema, per cui so anche che non ci sono formule magiche, ma che bisogna valutare caso per caso. Per esempio avere a che fare con gli sloveni vuol dire tentare di far lievitare tutta la (poca) fiducia che normalmente hanno in loro stessi e nel contempo non pretendere da loro cose che non possono dare o che, se anche potessero, intimamente non si ritengono capaci di ottenerle, per quanto al di fuori sembrino sicuri di loro stessi, sicuri come quello che urla nel buio per non avere paura. Esattamente il contrario vale per i serbi che bisogna continuamente sgonfiare della loro immensa presunzione dettata da un complesso di superiorità, vero, innato, tutt’altro che recitato, che hanno nei confronti di tutti gli altri popoli della terra. Per cui le strategie motivazionali che vanno bene per gli uni sono esiziali per gli altri e, detto di sfuggita, proprio questo è quello che mi preoccupa per le sorti della Slovenia ai prossimi Europei col coach che hanno, santone quanto si vuole, detto senza ironia ma con piena convinzione, ma serbo. Entrando nel merito della disastrata situazione attuale dell’Italia di Pianigiani vado abbastanza contro corrente rispetto alla maggioranza di voi che mi seguite. Penso di conoscere bene la mentalità italiana. L’italiano fanfarone alla Brancaleone (quanto siamo forti! Vi facciamo a pezzetti! State alla larga – mi ricorda anche un certo qual dittatore di un’ottantina di anni fa) non è mai andato da nessuna parte. L’italiano pericoloso è quello che a Trieste definiamo come “pianzi el morto e frega el vivo”. Per cui se Pianigiani piange il morto perché ci crede allora fa malissimo, ma se invece piange il morto per poi poter fregare il vivo allora fa l’unica cosa giusta. Chi vivrà vedrà e dunque il mio commento sulla spedizione e di come è stata impostata la riservo a conti fatti. A proposito, non sapevo che anche nel basket l’Italia fosse composta da 60 milioni di infallibili commissari tecnici. Complimenti veramente per tutte le vostre sicurezze. Sulle convocazioni io dico solo sommessamente che personalmente prenderei solamente i migliori giocatori a mio giudizio e poi vedrei, una volta avendo davanti il materiale umano, di metterli assieme nel miglior modo possibile. L’Italia Under 20 non aveva pivot? (A proposito, per il futuro immediato siamo veramente ben messi…) E allora ha giocato senza vincendo l’Europeo lo stesso. Per cui le discussioni su: manca un pivot, manca questo ruolo o quest’altro, mi lasciano freddo come il ghiaccio. L’unica domanda è: questi rimasti all’ecatombe sono i migliori 12 giocatori italiani attuali? Se si, vediamo cosa sapranno fare, se no, chi manca? I nomi che mi avete fatto onestamente non mi hanno ispirato per niente, anzi, la mia depressione si è fortemente accentuata.

Finisco con una precisazione, anche per inquadrare il problema e per non scatenare discussioni a vuoto. La TV di Stato slovena è da anni che tira la cinghia in modo violento risparmiando su tutto quello su cui crede di poter risparmiare (e continuando a scialare nei campi dove dovrebbe veramente mettere mano, ma questo è tutto un altro discorso che penso che valga tale e quale anche per mamma RAI), ragion per cui la sua politica è quella di spendere il meno possibile sui diritti sportivi confidando nel fatto di avere (pensa) il monopolio dell’informazione. Senonché anche in Slovenia è stata creata, con capitale mitteleuropeo (non vorrei dire cose sbagliate, mi sembra ceco-ungherese con americani dietro), una Pay Tv di contenuto sportivo che è entrata prepotentemente sul mercato accaparrandosi più o meno tutti i diritti possibili. Per cui noi della TV di Stato abbiamo in pochi anni perso la Champions’ League, l’Eurolega, la Lega Adriatica, addirittura la Champions’ League di pallamano, per non parlare della Lega EBEL e dei Mondiali di hockey, per cui ci sono rimaste veramente solo le briciole, tipo la Coppa del mondo di sci o i contratti a lungo termine, tipo Olimpiadi – almeno quelle! però solo fino a Rio ’16. Già due anni fa la Pay Tv acquisì i diritti degli Europei in Lituania cedendo i secondi diritti alla RTV di Slovenia, dunque anche a noi. Stavolta si sono fatti furbi. Costretti a dare i secondi diritti alla TV di Stato per le stesse ragioni di interesse nazionale per le quali la RAI trasmette le partite dell’Italia dei Mondiali di calcio stavolta si sono premurati di firmare il contratto solo e esclusivamente con l’Unità di base TV Slovenija, dalla quale è escluso il Centro Regionale Koper-Capodistria. E’ ovvio che una emittente che trasmette per una sparuta minoranza non sia di interesse nazionale, per cui a Lubiana al momento della firma non si sono certamente mossi vigorosamente in nostro favore per includerci nel pacchetto. Per cui siamo alla fine rimasti, come dicono in Serbia, come coloro che camminano scalzi sulle spine. Se vi interessa, tutto quello che avremo degli Europei sarà il diritto di cronaca di massimo 90 secondi al giorno per i TG senza possibilità di archivio. Interviste invece quante ne vorremo. Sai che gioia.