Riprendo a scrivere qualcosa dopo un periodo di ferie dalla pensione. Nel senso che sono stato un paio di giorni da mia nipote in Germania (con foto allegata del sottoscritto davanti al gigantesco Euro dell’Eurotower di Francoforte – messaggio politico…), poi sono stato ospite del mio amico Sergio Costantini a Vittorio Veneto per l’inaugurazione del primo club ufficiale in Italia di appassionati del biathlon al quale faccio da promotore affinché vi si iscriva il maggior numero possibile di appassionati che so che ci sono anche in questo blog (Walter, Roda?) con conseguenti facilitazioni che ogni club riconosciuto dall’IBU dà per la partecipazione agli eventi dal vivo, poi ancora sono stato ad una cena con amici a Lubiana…come vedete non mi annoio di certo.

Dopo che è passato il tempo necessario a sbollire la rabbia vorrei dire qualcosa sugli Europei di basket femminile dei quali qualcuno chiede un mio commento. Ovviamente la rabbia deriva dalla partita buttata via dalle mie slovene contro il Belgio che sarebbe valsa una meritata per la qualità della squadra, ma non certamente per l’approccio, qualificazione per i quarti e forse anche per la semifinale visto il valore attuale molto dubbio della Francia (che la Slovenia aveva peraltro battuto in casa nelle qualificazioni senza Lisec e Barič e con le francesi in formazione pesante), rabbia tanto maggiore pensando al girone di qualificazione con l’altra partita buttata via contro le ungheresi e con l’infortunio della Lisec che ha condizionato il resto della prima parte della manifestazione. Per non parlare della stomachevole partita giocata contro l’Italia che il sottoscritto, per comprensibili ragioni, non ha gradito per niente. A un minuto dalla fine sei a più due, sbagli un appoggio da sotto, dall’altra parte la Allemand infila una tripla (brava, niente da dire), poi sbagli di nuovo da sotto, prendi il rimbalzo, ri-sbagli da sotto, poi poco dopo sbagli un altro facile tiro aperto con la Prezelj, che sarebbe, e di solito lo è, tiratrice, insomma roba da buttare la TV dal balcone. Sembrava la Slovenia dei maschi dello scorso decennio. Ben poca consolazione è stato poi vedere le belghe suicidarsi contro le francesi nei quarti con una partita già ampiamente vinta nella quale bastava fare il classico falletto a metà campo sulle francesi a più tre a pochissimi secondi dalla fine e nella quale invece hanno lasciato tirare le francesi da tre, non solo, ma sull’errore non prendere il rimbalzo e lasciare un altro tiro da tre segnato dalla Hartley che fino a quel momento aveva sparato a salve. Nel supplementare poi, con le belghe sotto choc, non c’è stata partita.

Le quali francesi sono state le clamorose fortunelle dell’Europeo affrontando in semifinale le altre miracolate britanniche che pur giocando benissimo per il loro standard (chissà perché guardare i britannici, anche maschi, mi diverto sempre perché vedo basket sano e produttivo – forse perché per principio usano il pick-and-roll solo come si usava una volta, per trovare una soluzione qualsiasi dopo aver fallito tutte le altre opzioni, mitico il famoso “L” di Meneghin-D’Antoni) erano una squadra obiettivamente più scarsa delle altre, almeno a quei livelli, e che è arrivata in semifinale solo perché nei quarti la Hatar, la lunghissima ungherese, ha sbagliato nel minuto finale tre tiri da due centimetri che qualsiasi bipede di 2 e 08 non avrebbe potuto sbagliare, e lei ne ha sbagliati ben tre di fila.

In definitiva la vera finale si è giocata in semifinale fra la Serbia e la Spagna con quest’ultima che si è rivelata ancora una volta di un numero troppo grande per le avversarie, come dicono i tedeschi. E mancava la Torrens, la miglior giocatrice europea di questi ultimi anni. Niente da dire sulla vittoria delle spagnole, vista anche la clamorosa asfaltata che hanno prodotto nella finale ai danni delle francesi, se non che forse le varie fenomene Nicholls, Dominguez, Xargay, Cruz, per non parlare della quasi quarantenne Palau sembrano un po’ senza degne eredi (ricordate il discorso sulla terra bruciata dell’altro post?). Stesso discorso per la Serbia che poggia sempre sulle spalle delle solite Petrović, Dabović, Milovanović (ora Brooks) e Jovanović con la tanto decantata Crvendakić onestamente una mezza delusione. Però attualmente si tratta di due grandi squadre con giocatrici che sanno di basket e, per quanto i detrattori del basket femminile storceranno il naso, è un vero piacere vederle e seguirle. Ripeto, viste le loro limitazioni fisiche preferisco di gran lunga guardare giocare a basket le femmine piuttosto che i maschi, perché loro, per vincere, devono saper giocare a basket e non serve fare numeri da circo.

Sull’Italia poco da dire. La squadra è quella che è e di più secondo me non poteva fare. Sostanzialmente è una squadra molto deficitaria sotto canestro con la Cubaj che è bravissima, ma un po’ troppo bassa e con la mano leggermente poligonale (una metà fra “quadra” e “rotonda”), e con la Andrè che è molto “moderna”, nel senso che le piace tirare da fuori, ma di faticare e spingere sotto canestro non sembra avere molta voglia, e in più il settore dietro, con Giorgia Sottana che va a raffiche, e più passano gli anni e meno è continua, e con le altre, Francesca Dotto compresa, che non sembrano onestamente del livello richiesto per essere competitivi a livello alto. E in più la tanto decantata e attesa Penna ha ciccato totalmente, non mostrando onestamente mai cosa sarebbe capace di fare, tanto che uno che la vede la prima volta, tipo io, si chiede quali siano le sue doti e dove siano. Rimane la Zandalasini che però a sua volta stavolta non mi è piaciuta per niente. Non so perché, ma così, di istinto, vedere il suo atteggiamento in campo mi ha ricordato Harden o Westbrook. Capirete cosa voglio dire.

E già che ci siamo ancora due parole sugli Europei Under 20. Sull’Italia ovviamente velo pietoso, visto che è riuscita a perdere addirittura contro la Slovenia che ha una generazione certamente tutt’altro che forte, ma che se non altro può consolarsi con il fatto che, volendo, avrebbe potuto far giocare anche un tale Dončić. Degli italiani vi avevo parlato l’anno scorso avendoli visti contro la Croazia e avevo scritto che mi sembrano totalmente incapaci senza lo straccio di un solo talento vero. Confermo tutto. Vorrei però agganciarmi all’accenno su Luka per affermare che, forse, si intravede un po’ di luce al fondo del tunnel del basket attuale. Avrete letto che ha vinto Israele distruggendo in finale nientemeno che la Spagna. In realtà ha vinto un solo giocatore che ho scoperto che è nientemeno che il figlio di Zufer Avdija, il più forte giocatore kossovaro di tutti i tempi, ala-centro della Zvezda di Ranko Žeravica, che fu anche nel giro della nazionale maggiore. Vi invito caldamente a vedere i highlight di questo fenomenale giocatore, che di nome fa Deni, nato in Israele dove si è stabilito il padre che vi ha passato gli ultimi anni di carriera. La cosa che mi entusiasma è che sembra il clone di Dončić per il suo atteggiamento in campo, per le cose che fa e per come è utile alla squadra. Intanto è forse anche un tantino più alto, forse addirittura con più fisico, tanto che stoppa tutto quello che arriva dalle sue parti, e ha un gran tiro da tre che scocca con eccellente tecnica e controllo, ma del quale non abusa usandolo solo quando serve. Forse rispetto a Luka ha meno visione di gioco e meno inventiva, ma se si tratta di trovare il compagno libero lo trova e gli dà la palla al momento buono. Quello che voglio dire è che forse Luka sta diventando un po’ l’esempio per le giovani speranze che tentano di fare quello che fa lui. E questo è estremamente confortante. Speriamo che duri.

Intermezzo da bar. Tutti dicono la loro, per cui mi sento in diritto di dire la mia. Premessa: le donne sono la punta di diamante dello sport italiano in fatto di spirito e animo vincente, per cui la mia lista è una lista che reputo valida per tutti gli sportivi italiani di ambo i sessi e che vede in essa ai primi posti solo donne perché hanno semplicemente una marcia in più rispetto ai maschi italiani per le ragioni che ho già spiegato, almeno per come la vedo io. Altra premessa sui criteri: non inserisco sportive di sport di squadra perché normalmente, per quanto riguarda le donne, la squadra è un elemento turbativo delle loro doti che sono spiccatamente individuali. Entra in questo discorso sia la specificità dello sport di squadra femminile che proprio anche il carattere fondamentalmente individualista della donna italica. E poi il mio criterio fondamentale è quello di considerare il rendimento nelle gare principali di una stagione: uno sportivo che fa meraviglie per tutta una stagione e cicca l’impegno fondamentale è un perdente. Chi invece nell’impegno fondamentale fa ogni anno il meglio di quanto in quel momento possa fare è uno straordinario vincente, E la mia classifica si basa proprio su questa caratteristica. Per cui: numero uno assoluto, senza ombra alcuna di discussione, Sara Simeoni. Numero due assoluto, anche qui con miglia di vantaggio, Deborah Compagnoni. In attesa di Sofia Goggia, che per me è della tempra delle prime due. Poi dal terzo posto in poi fate voi. Personalmente, per la sua feroce voglia di vincere, metterei Valentina Vezzali, ma qui la discussione è aperta. Sulla “Divinapesa il flop di Londra proprio nei suoi anni migliori. Entra in classifica per quanto ha fatto dopo, quando ha fatto chiarezza nella sua mente ed ora può veramente candidarsi per l’Olimpo. A proposito voglio soddisfare la curiosità di Roda in merito alla fine fatta da Sara Isaković. Lei, che ha un fratello gemello ed è perfettamente coetanea della Pellegrini, è figlia di una magnifica famiglia con il padre (serbo di origini, lo dice il cognome stesso, ebree) pilota di aereo che quando pilotava per la JAT, la compagnia aerea jugoslava di bandiera, un giorno vide salire sull’aereo una nuova hostess e decise sul momento che quella sarebbe stata la compagna della sua vita. La ragazza era Rebeka Porenta di Kranj, slovena, campionessa jugoslava dei 200 dorso, dunque nuotatrice di alto livello. La famiglia si stabilì a Kranj, ma il padre trovò subito lavoro come pilota delle linee aeree degli Emirati e dunque si trasferì a Dubai, dove la famiglia lo raggiunse qualche anno dopo e dove vivono ancora adesso. Sara (anche qui il nome dice qualcosa?) intanto cominciò a nuotare nel Triglav di casa sua, fece sfracelli a livello juniores e una volta conquistato l’argento olimpico, che lei subito (a 20 anni!) percepì come culmine della sua carriera, pensò alla sua vita futura e andò a studiare in America a Berkeley, studiare veramente con il nuoto solo come attività collaterale. Ora lavora fra le altre cose anche per il Comitato olimpico sloveno come psicologa professionista, dotata di tutti i titoli accademici possibili, ed è di supporto agli atleti di vertice essendo ovviamente di grande aiuto sapendo benissimo lei stessa cosa voglia dire essere atleta di vertice.

Stiamo parlando di nuoto e dunque arrivo ai Mondiali appena finiti. Dicendo poco, visto che ha già detto tutto Cicciobruttino. Dal mio punto di vista aggiungerei solo qualche considerazione. Parlando del nuoto italiano io penso che la vera straordinaria impresa sia stato il quarto posto della staffetta 4×200 maschile in una delle più belle staffette della storia che sui 7 minuti di gara ha visto alla fine arrivare cinque staffette tutte assieme con due decimi a dividere la seconda dalla quinta, fra l’altro la Gran Bretagna, campione uscente. Essere del gruppo in quella che è per definizione la staffetta che dà il polso della situazione del nuoto in un paese con una staffetta nuova messa in piedi dopo un periodo buio è un’impresa straordinaria del quale il nuoto italiano può dirsi veramente orgoglioso. Per esempio: dove sono i francesi e i tedeschi? Le individualità possono averle tutti, ma il movimento nell’insieme è quello che dice quanto sia sviluppato uno sport. In un Mondiale fra l’altro dove sono successe cose incredibili con la sconosciuta ragazzina americana che sembra sbarcare da Marte nel dorso, con Milak e Dressel che polverizzano i record di Phelps, non del primo qualsiasi, con una gara sui 200 rana incredibile con primati del mondo battuti a raffica, insomma con emozioni continue. Io da appassionato di nuoto mi sono divertito come poche altre volte, anche vedendo la ragazzina di Taranto con la capigliatura double face che va all’attacco della King, oppure ascoltando la Quadarella (sempre femmine!) che è palesemente delusa per essersi fatta rimontare dalla Ledecky (!!) e anche, assolutamente, vedendo la “Divina” distruggere ancora una volta la concorrenza facendo la sua solita gara con il solito metronomo in testa e stabilire il suo miglior tempo di sempre in tessuto. Considerazione a parte: la Pellegrini è la definitiva conferma che il nuoto è uno sport per tutte le età e che l’abbandono precoce non c’entra niente con la sostanza del particolare sport in sé, ma con il fatto che si è competitivi già da molto piccoli e dunque semplicemente le motivazioni per continuare a farsi un mazzo gigantesco in uno sport fra i più duri che esista possono esaurirsi molto prima. Quando si ha voglia si può continuare fino ad età assolutamente impensabili fino a poco tempo fa. Ne è prova fra l’altro la svedese Theresa Alshammar che è stata competitiva fino a ben oltre i 35 anni.

Per finire: avete notizie se poi si è giocata la finale di Wimbledon? Non so perché, ma ho uno strano vuoto di memoria (rimozione?).