Succede molto raramente, anzi non credo sia finora successo, in questi quasi 10 anni (! – ma è mai possibile?) di esistenza di questo sito, che un mio pezzo sia un 1-vs-1 con un mio lettore e corrispondente serio, preparato e competente, dunque mio amico per definizione. Stavolta però mi tocca, anche perché Cicciobruttino si è avventurato su uno dei terreni per me più solidi sui quali sto veramente a casa mia, e cioè lo sport del nuoto che, come ho avuto più volte modo di dire è uno sport a me particolarmente caro primo, perché essendo mio papà un appassionato e praticante in epoca giovanile, mi contagiò subito con l’amore per il nuoto. Non dimenticherò mai, anzi ricorderò sempre con sempre crescente nostalgia, i bellissimi “allenamenti” che facevamo un’ora alla settimana assieme.  Lui era professore e io studente di ginnasio nello stesso edificio, anche se in due scuole diverse, per cui una volta alla settimana finivamo le lezioni alla stessa ora che coincideva con l’apertura al pubblico della piscina Bruno Bianchi (quella vecchia vicino alla Pescheria sulle Rive).

E allora si andava in macchina in piscina, si sfruttava l’ora di apertura per un bell’allenamento e poi si ritornava a casa affamati come lupi dove nonna preparava invariabilmente la jota (che lei, che aveva avuto un’osteria, preparava in modo sensazionale) che divoravamo con gusto sublime. E poi secondo, e anche questo lo ho più volte detto, il nuoto era l’unico sport nel quale avessi veramente talento, grazie alla mia innata acquaticità e alla fluidità altrettanto innata del gesto tecnico. E infatti ero il pilastro della squadra di Opicina per quanto riguarda il nuoto nei Giochi della minoranza che all’epoca si organizzavano ogni anno e che per noi giovani sloveni erano sentite quasi come un’Olimpiade con tutto quel che ciò comporta in fatto di campanilismo e di rivalità paesane (per non parlare del gusto assoluto che noi del “contado” provavamo quando battevamo i “fighetti” triestini). E se per gli sport all’asciutto non mi prendevano neanche in considerazione, se non per il basket, e anche quello più che altro per pietà conoscendo la mia predilezione per questo gioco, in acqua ero il re. By the way, non dimenticherò mai un episodio che mi fece capire tante cose della vita. Un anno vinsi casualmente, io ancora junior, una gara dei Giochi a livello senior, per cui finii sul giornale con relativa intervista. Era praticamente una settimana prima di ritornare a scuola. E quando vi ritornai le ragazze della classe mi guardarono di colpo con uno sguardo del tutto diverso. Fino ad allora ero solo stato il vice più bravo della classe, quello che passava i foglietti durante i compiti (il più bravo, vero genio, era uno che aveva paura anche della sua ombra, per cui per questi compiti caritatevoli l’incaricato ero io), ma l’aver vinto una gara sportiva mi fece del tutto salire di categoria. Diventai di colpo uno che al limite avrebbe potuto anche essere interessante per altre cose che non fossero strettamente quelle scolastiche. Potenza dello sport.

Scusate per questi riferimenti personali, ma al solo parlare di nuoto potete capire, viste le cose che risveglia nei miei ricordi, quanto vi sia affezionato. Dal punto di vista professionale ho cominciato a fare telecronache di nuoto per le Olimpiadi del ’72, vivendo l’epopea di Spitz (mio assoluto coetaneo), di Shane Gould e di Novella Calligaris, potei bearmi delle prodezze di un nuotatore nato per caso 30 anni prima di quanto avrebbe dovuto, e cioè Roland Matthes, commentai la gara dei 200 misti nella quale lo svedese Larsson batté l’americano McKee di 2 millesimi, cosa talmente crudele che proprio da quella gara decisero di abolire il cronometraggio al millesimo, insomma mi divertii come un pazzo. Da allora e fino a qualche giorno fa con gli Europei di Glasgow ho seguito e commentato proprio tutte le grandi manifestazioni di nuoto, Olimpiadi, Mondiali (li ho seguiti proprio tutti, visto che il primo, e io c’ero, si disputò a Belgrado nel ‘73 – record mondiale della Calligaris, primo sotto 4 minuti sui 400 di DeMont e incredibile 15 e 35 di Holland sui 1500 che riuscirono a fermare solo dopo 1650 metri, perché lui sarebbe andato avanti all’infinito) e Europei. Ragion per cui mi sento giustificato a parlare di nuoto e a commentare quanto scritto da Cicciobruttino.

Con il quale, peraltro, sono praticamente d’accordo su tutto quanto da lui scritto in risposta alla domanda di Llandre. L’unica cosa che vorrei aggiungere è che purtroppo condivido con Llandre i suoi dubbi sul doping nel nuoto, anche perché una delle due conferenze di Donati alle quali si riferisce, penso, la condussi proprio io a Monfalcone qualche settimana prima che si perpetrasse la famosa manovra ai danni di Schwatzer perché non partecipasse ai Giochi di Rio. Ricordo all’epoca le sue neanche tanto velate allusioni ad alcune medaglie italiane natatorie a Sydney che coinvolgevano un nuotatore che da lì a poco fu costretto a smettere di gareggiare. Del resto negli anni ho visto tanti mascelloni che lasciano supporre massicce dosi di ormone della crescita (un esempio che mi balza subito in mente è quello della famiglia Manaudou – pietà, non citatemi per diffamazione, non ho alcun tipo di prova, per cui le mie sono pure illazioni), ho sentito con le mie orecchie le famose valchirie DDR parlare fra di loro con toni da basso profondo, insomma pensare che il mondo del nuoto sia più pulito degli altri è pura illusione. Certo è però che i controlli sono da qualche tempo a questa parte molto più stringenti di una volta, tanto che per esempio un nuotatore fortissimo come lo sloveno Peter Mankoč nella sua carriera poté vincere solamente sui 100 misti in vasca corta, perché, avendo una grave forma di anemia congenita, per la quale l’unica cura, che avrebbe fatto tranquillamente se non fosse stato un atleta, era quella dell’EPO che era stata inventata apposta per casi di questo tipo, non poté essere mai competitivo per distanze superiori ai 100 metri (e già quelli erano a volte troppi visto che gli allenamenti erano per lui pura tortura). E in più, discorso generale, in un mondo nel quale nisciun’è fesso alla fine a vincere sono comunque quelli che sarebbero comunque i più forti. E l’Italia in questo momento lo è sicuramente.

Non sono invece per nulla d’accordo, anzi sono esattamente sull’altra sponda, in merito al discorso delle staffette miste. Non capisco onestamente perché siano viste in modo tanto negativo. Per me le staffette miste sono uno sviluppo inevitabile in tutti gli sport. Infatti nel biathlon la staffetta mista è già disciplina olimpica a tutti gli effetti, come sono strasicuro che lo sarà per il fondo e prima o poi anche per l’atletica. Nei salti e nello slittino le gare miste sono già da tempo inserite nel programma dei Mondiali. Secondo me la staffetta mista è assolutamente la cartina di tornasole più valida per stabilire la salute di un movimento in un Paese. Se uomini e donne sono dello stesso alto livello questo vuole inevitabilmente dire che il Paese è civile e sportivamente, e oserei dire socialmente, evoluto, per cui ben vengano le gare miste. Fra l’altro proprio nel nuoto la staffetta mista mista, proprio quella che ha sollevato l’ilarità di Cicciobruttino, è già stata inserita nel programma delle prossime Olimpiadi, cosa che mi vede incondizionatamente d’accordo. Del resto proprio la possibilità di schierare in vasca contemporaneamente un uomo e una donna porta a una miriade di varianti tattiche che gli staff tecnici dovranno studiare con grandissima attenzione prima di mettere in vasca una formazione. Non si tratta solo di tempi da sommare, ma di differenziali fra stili da valutare (concretamente, se uno stile è più lento, uno stesso differenziale di percentuale di rendimento si traduce in tanti secondi in più: se fra Peaty e Jefimova ci sono otto secondi di differenza sui 100 metri a rana, la stessa percentuale di differenza di percentuale si riduce a quattro, massimo cinque secondi, fra Miressi e la Sjoestroem a crawl), per non parlare di scie da rompere, di nuotate fra vortici lasciati dai piedi degli avversari, chi ha mai fatto una gara di nuoto sa di cosa parlo, per non parlare dei fattori psicologici. Ecco, io la staffetta mista la vedo in questo modo e devo dire che è stata proprio la staffetta mista mista che mi ha divertito di più in questi ultimi Europei (poi ad affascinarmi sono state ovviamente altre gare, qui si parla di divertimento puro).

Sulla novità degli Europei riuniti in una specie di Giochi Europei onnicomprensivi devo dire che personalmente la cosa mi è piaciuta moltissimo. Oggi leggevo un’intervista con Sašo Bertoncelj, argento al cavallo con maniglie a Glasgow. L’ultima risposta è per me molto significativa. D: “Prima dei campionati lei aveva definito la decisione di accorpare tanti sport in un unico luogo una specie di pedata nel buio (modo di dire sloveno per dire buco nell’acqua, NdST). E’ ancora della stessa opinione?” R: “E’ vero, non era come ai Giochi Europei o del Mediterraneo, dove noi atleti di diversi sport siamo insieme e possiamo fraternizzare. Qui fra noi non ci vedevamo, vedevamo solo tanti giornalisti. Su questo tema abbiamo avuto una tavola rotonda assieme agli allenatori di altre nazioni e il mio allenatore ha detto che in questo accorpamento non vedeva alcun senso. Molto onestamente e correttamente ci hanno risposto che da questo punto di vista probabilmente l’accorpamento è sbagliato, ma che dall’altra parte l’audience è stata molto elevata e l’interesse anche molto maggiore, tanto che il numero dei giornalisti presenti era elevato. Dal punto di vista del marketing è stata una mossa vincente e, visto che anch’io mi occupo di marketing, la risposta mi è sembrata sensata, per cui ritiro quanto detto. Se con questa mossa abbiamo contribuito ad avere maggiore esposizione mediatica per la ginnastica e dunque maggiore popolarità, allora firmo subito perché l’esperimento continui”.

Penso che il punto di vista di un atleta pensante sia molto importante e dal mio punto di vista sono perfettamente d’accordo. Quanti di noi avrebbero altrimenti guardato il golf o il triathlon o la stessa ginnastica? E poi abbiamo visto anche cose bellissime e bizzarre, dallo sbaglio di percorso della Van Rouwendaal, praticamente spiaggiata che torna in acqua, fa 100 metri alla rovescia e perde l’oro solo al fotofinish, alla pazzia di Pernille Blume che fa un sotto 24 al passaggio dei 50 metri (argento individuale sui 50 con quel tempo) dei 100 morendo poi nella seconda vasca, alla povera keniana baby sitter dell’ambasciata keniana in Israele che sposa un israeliano, vince i 10000 metri, ma sbaglia conto sui 5000 e sprinta un giro troppo presto finendo quarta e morta (poi addirittura squalificata), abbiamo visto nel ciclismo femminile la Van der Breggen, campionessa olimpica, non certamente una qualsiasi, che ha già vinto il titolo europeo, in quanto battere la Longo Borghini in volata è una pura formalità, che viene raggiunta dal gruppo tirato da tutte le sue compagne (?) che infatti per raggiungerla si spompano lasciando via libera alla stilettata della Bastianelli. Insomma ne abbiamo viste di tutti i colori e devo confessare che sono state due bellissime settimane davanti alla TV.

A proposito: la RAI ancora una volta si è distinta in modo sontuoso. Si fa per dire. Lasciamo stare Pancani-Martinello, che sono di un’altra categoria e ai quali non si può dire proprio niente se non bravi, soprattutto non avendo la tara dello studio di Milano con la Di Stefano, o come si chiama, ad incombere minacciosa, e dopo aver spezzato una convintissima lancia a favore di Mascolo con il suo esperto nel golf che hanno fatto esattamente quello che andava fatto, cioè il primo il telecronista e il secondo l’esperto che al momento giusto spiegava le cose che andavano spiegate a un pubblico per la maggior parte di neofiti, pacatamente e con i tempi giusti senza rompere, e archiviato il nuoto senza infierire sul duo dei commentatori che hanno avuto la meravigliosa scusa dei trionfi azzurri, per cui l’esaltazione era comprensibile, bisogna purtroppo tornare all’atletica che è stata un perfetto compendio di come una cosa non debba essere fatta. Ora Bragagna lo si conosce da tempo. Lui è uno classico studiato che sa tutto, o pensa di saperlo, per cui quando fa finta di essere un conoscitore dei cognomi slavi e li pronuncia con affettazione per dimostrare quanto bravo sia a un conoscitore di lingue slave come il sottoscritto vengono le convulsioni a sentire gli strafalcioni che propina, ma ammettiamo che di atletica sappia tutto. Uno così lo lasci semplicemente a fare la telecronaca da solo, in quanto lui si basta e avanza. E invece gli affiancano di volta sempre più collaboratori e esperti che appena aprono bocca per dire qualcosa vengono subito interrotti con puntualizzazioni di cui nessuno sente il bisogno in quel momento se non addirittura con notizie in diretta che potrebbero tranquillamente attendere che il povero esperto finisca di dire la sua. Stavolta addirittura erano a volte addirittura in quattro che neanche uno tranquillo come Mascolo avrebbe potuto gestire, immaginiamoci Bragagna, e infatti il caos regnava più che sovrano, imperatore. Per non parlare delle immagini personalizzate con il terribile split-screen che riusciva a non farti vedere nulla (non tutti hanno lo schermo gigante). Per cui uno cambiava appena poteva su Eurosport, salvo ritornare imprecando indietro quando infallibilmente partivano con la pubblicità esattamente nel momento in cui stava per apparire la videata con la grafica dei risultati di una gara, cioè stava per apparire la ragione stessa per cui una gara la guardi, cioè per vedere come finisce e chi vince. E con tutto questo mentre Duplantis (e Morgunov e Devillenie) mettevano in piedi la gara di salto con l’asta più incredibile mai vista nella storia passavano in streaming per trasmettere la Coppa Italia di calcio con una imperdibile partita fra Torino e Cosenza. Dimostrando che di sport non capiscono un c…. e soprattutto lo trattano a pesci in faccia. Complimenti vivissimi. Peggio è impossibile. Vergognatevi.