Il Prof. Maurizio Mondoni

Il Prof. Maurizio Mondoni

DailyBasket pubblica oggi la seconda ed ultima parte del trattato a cura del Prof. Maurizio Mondoni dal tema: “Il perchè dell’abbandono sportivo”.

Clicca qui per la visualizzazione della prima parte

 

La cultura motoria e sportiva, l’etica sportiva e le Agenzie Educative

 

La cultura motoria e sportiva è la sintesi armonica delle esperienze e delle sensazioni maturate con il passare del tempo in ambito motorio e sportivo.

L’etica sportiva è vivere e applicare tutto ciò in modo corretto.

 

Chi deve infondere una corretta cultura motoria e sportiva?

 

Le Agenzie Educative più importanti per l’inizio di una pratica sportiva sono:

 

–         la Famiglia

–         la Scuola

–         la Società Sportiva

 

La prevenzione

 

Il fenomeno dell’abbandono sportivo è un dato di fatto presente e di non facile interpretazione, in ogni caso, si potrebbe riesaminare il problema alle radici, tralasciando l’ottica della cura e assecondando quella della prevenzione, attraverso:

 

–         una più attenta e ragionata progettazione dei programmi sportivi da parte delle Federazioni Sportive Nazionali;

–         non esasperare l’attività agonistica in età precoce (da non confondersi con un avviamento precoce all’attività motoria e al gioco);

–         all’inizio far giocare allo sport e non far praticare lo sport;

–         far “provare” al bambino un ventaglio di attività sportive, in modo che possa scegliere autonomamente quello sport a lui più congeniale e che gli piace di più;

–         una maggiore conoscenza, teorica e pratica, di alcune discipline scientifiche come la psico-pedagogia e la psicologia dello sport;

–         formare nuovi Istruttori-Educatori che strutturino le lezioni e gli allenamenti più divertenti, interessanti e didatticamente validi.

 

Quest’ultima variabile merita un particolare approfondimento, perché sovente le competizioni sportive sono seguite, organizzate e in alcuni casi anche dirette da  genitori.

Questa positiva iniziativa, può però rivelarsi un’arma a doppio taglio, in quanto, nonostante l’impegno e la buona volontà, gli adulti possono diventare una delle possibili fonti d’interferenza nell’attività sportiva del giovane.

Se l’Istruttore non rispetta e non soddisfa i bisogni e le motivazioni del giovane atleta

Commette un grave errore che avanti con il tempo potrebbe portare all’abbandono sportivo.

E’ estremamente importante che i Genitori, gli Insegnanti, gli Istruttori, gli Allenatori, i Dirigenti comprendano quali sono i “bisogni” dei loro atleti. Maslow concepì il concetto di gerarchia dei bisogni (o necessità), ordinati per priorità.

Prima di soddisfare i bisogni più alti della piramide, la persona tende a soddisfare quelli più bassi, cioè quelli più importanti per la sopravvivenza.

 

Rinforzare la prestazione

 

Per evitare l’abbandono precoce è importante rinforzare la prestazione e non solo il risultato; ogni atleta desidera essere rinforzato per la qualità della sua prestazione più che per la vittoria.

Talvolta, invece, l’Allenatore è più preoccupato a vincere o a non perdere piuttosto che essere interessato alla prestazione dei suoi atleti.

Un comportamento esasperato in questa direzione conduce gli atleti a pensare che l’Allenatore non è interessato a loro, ma solo alla vittoria (per poi apparire sui giornali come l’Allenatore dell’atleta che ha vinto).

Quando l’atleta è a conoscenza che il suo Allenatore vuole il massimo dal suo impegno e per questo è rinforzato, non avrà paura di provare e riprovare.

Al contrario se il giovane si aspetta di essere premiato solo in base al risultato, è possibile che abbia paura di sbagliare, pensando alle conseguenze negative di un insuccesso. Comportandosi in questo modo l’Allenatore favorisce l’insorgere dell’ansia da competizione e dell’insicurezza nei suoi atleti, che potrebbero anche ridurre il loro impegno, concentrandolo solo sulle abilità che padroneggiano con successo.

Gli atleti con scarsa autostima devono essere rinforzati di frequente e subito dopo azioni o movimenti corretti (talvolta rinforzare anche se non lo meritano). E’ importante rinforzare frequentemente quando un giovane atleta sta imparando nuove abilità sportive e i rinforzi devono essere chiari, precisi e frequenti.

Con i più giovani l’Educatore deve evitare i rinforzi materiali (trofei, medaglie, soldi, materiale sportivo) e utilizzare spesso i rinforzi simbolici (gesti o parole di approvazione, espressioni d’interesse, sorrisi).

Se un giovane commette un errore non lo si deve punire con un evento sgradevole (piegamenti, giri di campo), ma è importante fargli capire dove ha sbagliato e cosa dovrebbe fare per correggersi, utilizzando un linguaggio positivo.

In palestra o sul campo di gioco il clima deve essere sereno, la comunicazione da parte dell’Educatore deve essere comprensibile e adatta alle diverse età.

 

L’importanza dell’Istruttore-Educatore

 

L’Istruttore-Educatore è la figura basilare per il giovane atleta, è uno dei tanti modelli dai quali il giovane deve attingere tutto ciò che è positivo e che gli servirà per formare il proprio carattere e la propria personalità.

Deve essere un punto di riferimento e un modello di identificazione per i suoi atleti, sia sul piano sportivo che su quello umano.

Non deve essere un leader autoritario, ma autorevole, non deve essere eccessivamente permissivo, deve essere un leader empatico, motivatore, stimolatore, entusiasta.

Deve essere sostenuto dai genitori, deve sostenere ed informarli continuamente, deve collaborare con loro e non cercare la guerra, deve chiarire subito fin dove potrà arrivare il loro figlio, bloccando eventualmente aspettative troppo elevate, che tenderebbero a caricare di eccessiva responsabilità il giovane.

Il più grande impegno di un Educatore sportivo non quello è di costruire la motivazione nei bambini e nei giovani, ma di evitare di distruggere la motivazione intrinseca dello sport che essi già possiedono.

Se il bambino è iper-protetto e privato del piacere di “farcela da solo”, gli si impedisce di sperimentare la propria autonomia e autoefficacia, poiché l’iperprotezione comunica un senso di inadeguatezza.

 

La vittoria e la sconfitta

 

L’Educatore deve insegnare ai giovani a vincere e a perdere senza eccessivi esaltazioni o drammi. Logicamente l’aspettativa della vittoria non è una cosa negativa, purché non sia l’unico obiettivo.  Se si gioca e si gareggia solo per vincere i giovani saranno terrorizzati dalla paura di perdere (da qui l’ansia da prestazione) e non riusciranno a giocare e a gareggiare al pieno delle loro possibilità.  E’ importante insegnare ai giovani a gestire la sconfitta e a utilizzare gli errori, l’importante è credere in loro, apprezzare i loro sforzi e sollecitarli continuamente ad essere leali, volonterosi e tenaci. Il vincere e il perdere si riferiscono solo al risultato. Il giovane non ha fallito se, pur perdendo, ha dato il massimo.

 

Conclusioni

 

Per non incrementare l’abbandono sportivo da parte degli atleti, cosa non deve fare l’Istruttore:

 

–         servirsi di loro per raggiungere le proprie mete personali;

–         fare delle scelte in funzione esclusiva della vittoria;

–         valutarli superficialmente ;

–         crearsi aspettative uguali per soggetti comunque diversi;

–         tenere un comportamento differente con loro sul piano affettivo e tecnico in base alle diverse aspettative di vittoria;

–         metterli in situazioni di confronto a volte sgradevoli;

–         sottolineare in modo eccessivo l’importanza di una competizione;

–         smettere di incoraggiarli;

–         evidenziare solo gli errori commessi;

–         attuare programmi di allenamento troppo pesanti, inadeguati alla loro età;

–         dimenticarsi della “Carta dei diritti del ragazzo nello sport”.

 

 

 

Per favorire la continuità della pratica sportiva ai giovani atleti, l’Istruttore deve:

 

–         aiutarli a svilupparsi fisicamente, socialmente e psicologicamente, al massimo delle loro potenzialità;

–         prendere ogni decisione nel miglior interesse per ciascuno;

–         instaurare con loro un dialogo sincero;

–         scegliere obiettivi legati all’età e al livello di maturazione di ciascuno;

–         creare un clima di gruppo positivo, in cui si respiri aria di collaborazione, fiducia, sostegno e stima reciproca;

–         offrire loro opportunità di “successo”;

–         progettare occasioni per stare assieme anche fuori dal contesto sportivo;

–         fornire loro rinforzi positivi;

–         predisporre programmi di allenamento che lascino maggior tempo libero;

–         ricordarsi della “Carta dei diritti del ragazzo nello sport”, emanata dal Panathlon International.

 

                                                                                     

 

                                                                             Prof. Maurizio Mondoni

La cultura motoria e sportiva, l’etica sportiva e le Agenzie Educative

 

 

La cultura motoria e sportiva è la sintesi armonica delle esperienze e delle sensazioni maturate con il passare del tempo in ambito motorio e sportivo.

L’etica sportiva è vivere e applicare tutto ciò in modo corretto.

 

Chi deve infondere una corretta cultura motoria e sportiva?

 

Le Agenzie Educative più importanti per l’inizio di una pratica sportiva sono:

 

–         la Famiglia

–         la Scuola

–         la Società Sportiva

 

La prevenzione

 

Il fenomeno dell’abbandono sportivo è un dato di fatto presente e di non facile interpretazione, in ogni caso, si potrebbe riesaminare il problema alle radici, tralasciando l’ottica della cura e assecondando quella della prevenzione, attraverso:

 

–         una più attenta e ragionata progettazione dei programmi sportivi da parte delle Federazioni Sportive Nazionali;

–         non esasperare l’attività agonistica in età precoce (da non confondersi con un avviamento precoce all’attività motoria e al gioco);

–         all’inizio far giocare allo sport e non far praticare lo sport;

–         far “provare” al bambino un ventaglio di attività sportive, in modo che possa scegliere autonomamente quello sport a lui più congeniale e che gli piace di più;

–         una maggiore conoscenza, teorica e pratica, di alcune discipline scientifiche come la psico-pedagogia e la psicologia dello sport;

–         formare nuovi Istruttori-Educatori che strutturino le lezioni e gli allenamenti più divertenti, interessanti e didatticamente validi.

 

Quest’ultima variabile merita un particolare approfondimento, perché sovente le competizioni sportive sono seguite, organizzate e in alcuni casi anche dirette da  genitori.

Questa positiva iniziativa, può però rivelarsi un’arma a doppio taglio, in quanto, nonostante l’impegno e la buona volontà, gli adulti possono diventare una delle possibili fonti d’interferenza nell’attività sportiva del giovane.

Se l’Istruttore non rispetta e non soddisfa i bisogni e le motivazioni del giovane atleta

Commette un grave errore che avanti con il tempo potrebbe portare all’abbandono sportivo.

E’ estremamente importante che i Genitori, gli Insegnanti, gli Istruttori, gli Allenatori, i Dirigenti comprendano quali sono i “bisogni” dei loro atleti. Maslow concepì il concetto di gerarchia dei bisogni (o necessità), ordinati per priorità.

Prima di soddisfare i bisogni più alti della piramide, la persona tende a soddisfare quelli più bassi, cioè quelli più importanti per la sopravvivenza.

 

Rinforzare la prestazione

 

Per evitare l’abbandono precoce è importante rinforzare la prestazione e non solo il risultato; ogni atleta desidera essere rinforzato per la qualità della sua prestazione più che per la vittoria.

Talvolta, invece, l’Allenatore è più preoccupato a vincere o a non perdere piuttosto che essere interessato alla prestazione dei suoi atleti.

Un comportamento esasperato in questa direzione conduce gli atleti a pensare che l’Allenatore non è interessato a loro, ma solo alla vittoria (per poi apparire sui giornali come l’Allenatore dell’atleta che ha vinto).

Quando l’atleta è a conoscenza che il suo Allenatore vuole il massimo dal suo impegno e per questo è rinforzato, non avrà paura di provare e riprovare.

Al contrario se il giovane si aspetta di essere premiato solo in base al risultato, è possibile che abbia paura di sbagliare, pensando alle conseguenze negative di un insuccesso. Comportandosi in questo modo l’Allenatore favorisce l’insorgere dell’ansia da competizione e dell’insicurezza nei suoi atleti, che potrebbero anche ridurre il loro impegno, concentrandolo solo sulle abilità che padroneggiano con successo.

Gli atleti con scarsa autostima devono essere rinforzati di frequente e subito dopo azioni o movimenti corretti (talvolta rinforzare anche se non lo meritano). E’ importante rinforzare frequentemente quando un giovane atleta sta imparando nuove abilità sportive e i rinforzi devono essere chiari, precisi e frequenti.

Con i più giovani l’Educatore deve evitare i rinforzi materiali (trofei, medaglie, soldi, materiale sportivo) e utilizzare spesso i rinforzi simbolici (gesti o parole di approvazione, espressioni d’interesse, sorrisi).

Se un giovane commette un errore non lo si deve punire con un evento sgradevole (piegamenti, giri di campo), ma è importante fargli capire dove ha sbagliato e cosa dovrebbe fare per correggersi, utilizzando un linguaggio positivo.

In palestra o sul campo di gioco il clima deve essere sereno, la comunicazione da parte dell’Educatore deve essere comprensibile e adatta alle diverse età.

 

L’importanza dell’Istruttore-Educatore

 

L’Istruttore-Educatore è la figura basilare per il giovane atleta, è uno dei tanti modelli dai quali il giovane deve attingere tutto ciò che è positivo e che gli servirà per formare il proprio carattere e la propria personalità.

Deve essere un punto di riferimento e un modello di identificazione per i suoi atleti, sia sul piano sportivo che su quello umano.

Non deve essere un leader autoritario, ma autorevole, non deve essere eccessivamente permissivo, deve essere un leader empatico, motivatore, stimolatore, entusiasta.

Deve essere sostenuto dai genitori, deve sostenere ed informarli continuamente, deve collaborare con loro e non cercare la guerra, deve chiarire subito fin dove potrà arrivare il loro figlio, bloccando eventualmente aspettative troppo elevate, che tenderebbero a caricare di eccessiva responsabilità il giovane.

Il più grande impegno di un Educatore sportivo non quello è di costruire la motivazione nei bambini e nei giovani, ma di evitare di distruggere la motivazione intrinseca dello sport che essi già possiedono.

Se il bambino è iper-protetto e privato del piacere di “farcela da solo”, gli si impedisce di sperimentare la propria autonomia e autoefficacia, poiché l’iperprotezione comunica un senso di inadeguatezza.

 

La vittoria e la sconfitta

 

L’Educatore deve insegnare ai giovani a vincere e a perdere senza eccessivi esaltazioni o drammi. Logicamente l’aspettativa della vittoria non è una cosa negativa, purché non sia l’unico obiettivo.  Se si gioca e si gareggia solo per vincere i giovani saranno terrorizzati dalla paura di perdere (da qui l’ansia da prestazione) e non riusciranno a giocare e a gareggiare al pieno delle loro possibilità.  E’ importante insegnare ai giovani a gestire la sconfitta e a utilizzare gli errori, l’importante è credere in loro, apprezzare i loro sforzi e sollecitarli continuamente ad essere leali, volonterosi e tenaci. Il vincere e il perdere si riferiscono solo al risultato. Il giovane non ha fallito se, pur perdendo, ha dato il massimo.

 

Conclusioni

 

Per non incrementare l’abbandono sportivo da parte degli atleti, cosa non deve fare l’Istruttore:

 

–         servirsi di loro per raggiungere le proprie mete personali;

–         fare delle scelte in funzione esclusiva della vittoria;

–         valutarli superficialmente ;

–         crearsi aspettative uguali per soggetti comunque diversi;

–         tenere un comportamento differente con loro sul piano affettivo e tecnico in base alle diverse aspettative di vittoria;

–         metterli in situazioni di confronto a volte sgradevoli;

–         sottolineare in modo eccessivo l’importanza di una competizione;

–         smettere di incoraggiarli;

–         evidenziare solo gli errori commessi;

–         attuare programmi di allenamento troppo pesanti, inadeguati alla loro età;

–         dimenticarsi della “Carta dei diritti del ragazzo nello sport”.

 

 

 

Per favorire la continuità della pratica sportiva ai giovani atleti, l’Istruttore deve:

 

–         aiutarli a svilupparsi fisicamente, socialmente e psicologicamente, al massimo delle loro potenzialità;

–         prendere ogni decisione nel miglior interesse per ciascuno;

–         instaurare con loro un dialogo sincero;

–         scegliere obiettivi legati all’età e al livello di maturazione di ciascuno;

–         creare un clima di gruppo positivo, in cui si respiri aria di collaborazione, fiducia, sostegno e stima reciproca;

–         offrire loro opportunità di “successo”;

–         progettare occasioni per stare assieme anche fuori dal contesto sportivo;

–         fornire loro rinforzi positivi;

–         predisporre programmi di allenamento che lascino maggior tempo libero;

–         ricordarsi della “Carta dei diritti del ragazzo nello sport”, emanata dal Panathlon International.

 

                                                                                     

 

                                                                             Prof. Maurizio Mondoni