Notato di sfuggita come Gallinari sia entrato al volo nel roster della squadra olimpica al posto di Abass, com’era facilmente pervedibile, vorrei dire qualcosa in merito alle considerazioni di Llandre sul gioco di Dončić e della Slovenia, e penso che ci sarà molto da dibattere alla prossima sconvenscion che a “furor di popolo”, dunque su iniziativa del nucleo storico vostro che comunica via i famosi social (iniziativa che, devo confessarlo, mi ha letteralmente commosso, visto che evidentemente stare insieme piace a voi come piace a me), faremo in via straordinaria sabato 25 settembre sempre che la variante delta non faccia troppo casino. Qui dico la mia e la lascio alla vostra considerazione e ponderazione. Gli inglesi direbbero simply I don’t get it. Fermo restando che le vostre rimostranze sulle naturalizzazioni facili, che fanno sì che le nazionali di oggidì possano tutte giocare con lo straniero di Coppa di una volta, potete farle quante ne volete e ve le lascio fare, tanto non cambiano le cose e comunque non è questo il punto di questa discussione, la Slovenia in questo momento con Vidmar ormai logoro e sul viale del tramonto non ha più lunghi di valore (Dimec lasciamolo stare) e l’ingaggio del peraltro bravissimo Tobey (grazie, Prepelič!) ha solo tamponato una grave falla (oggi sembra che i rappresentanti della classica serie dello sloveno non lunghissimo, ma terribilmente robusto, inamovibile sotto canestro alla Smodiš, Tušek, Jagodnik o Jurak preferiscano darsi all’atletica tipo il giovane discobolo Čeh, grande speranza di medaglia per Tokio). A questo punto sei una squadra di semi nani. E allora cosa fai? Ti arrendi e non giochi? Non mi sembra una grande soluzione. Quello che fai sempre e comunque quando hai in mano una squadra è ovviamente quello di farla giocare al meglio rispetto alle sue caratteristiche. Una squadra di nani, e il sottoscritto lo sa meglio di chiunque altro, visto che in tutta la sua vita mai, ma proprio mai, ha allenato una squadra che, una volta scesa in campo, avesse il predominio sotto canestro, se vuole vincere deve essere una squadra di vespe fastidiose in difesa e soprattutto deve saper correre e tirare il più possibile dentro al canestro, perché sul rimbalzo non c’è proprio trippa per gatti. Ora la Slovenia, se c’è una cosa che non le manca, sono i tiratori. In realtà non le sono mai mancati. Se guardate la storia, ogni generazione di cestisti in Slovenia ha avuto i suoi tiratori, per esempio Hauptman e Horvat vinsero quasi da soli bombardando da ogni dove la finale di Coppa delle Coppe per l’Olimpija contro Vitoria quasi 30 anni fa (fu l’anno in cui, se Trieste avesse vinto la finale di Korač, due coppe europee su tre sarebbero finite a meno di 100 km di distanza). Tornando alla Slovenia attuale, posto che è una squadra piccola con ottimi tiratori, non vedo come potrebbe giocare se non esaltando queste qualità. Nel senso che, se vuole vincere, deve segnare più punti dell’avversario, perché in difesa più di tanto, soprattutto a rimbalzo, non può fare, dunque è un tantino alla mercé degli avversari, e per segnare tanti punti deve segnare tanti tiri. Per segnare tanti tiri bisogna che siano tiri il più aperti possibile. Finora vado bene come logica, o con qualche sofismo tenterete di confutare anche queste cose lampanti? Per fare in modo che i miei tiratori abbiano il maggior numero di tiri aperti possibili devo avere obbligatoriamente qualcuno che queste palle le distribuisca. E oggi al mondo non c’è nessuno che lo sappia fare meglio di Luka Magic. E allora, ringraziando con una serie di novene il buon Dio che me lo ha dato, metto la squadra nelle sue mani e dico: “Fai tu”. E lui lo fa. Come detto, vorrà pur dire qualcosa che, quando lui ha giocato, la Slovenia finora non ha mai perso una sola partita. In questa squadra non c’è una personalità disturbata e invidiosa come Porzingis, ma tutti, proprio tutti, sanno che Luka è una manna dal cielo, per cui che sia lui il big boss nessuno lo mette in dubbio, anzi sono strafelici di averne uno delle sue capacità. Tutti noi che abbiamo giocato a basket sappiamo come non ci sia soddisfazione maggiore di quella di ricevere (sempre!) il pallone quando siamo soli per poter tirare indisturbati e di come di converso sia frustrante correre e smarcarsi di continuo per poi vedere la nostra presunta stella che fa tutto lui da solo magari incartandosi in qualche entrata senza senso. Dončić contro la Lituania ha tirato 5 tiri da tre in tutta la partita, due in meno di Prepelič. A me non sembra proprio la prestazione di uno che fa tutto lui. Quando non andava ha fatto il leader e si è messo in proprio incassando tutta una serie di canestri-e-fallo che hanno tenuto la Slovenia a galla fino a che finalmente, con Prepelič senza tiro, non ha trovato in Čančar (capodistriano, lui ha giocato a Portorose che era allora il farm team del Koper – fra l’altro assieme a Gregor Hrovat ci saranno ben due capodistriani alle Olimpiadi a giocare a basket) il go-to-guy che ha spaccato la partita in due. E, badate, quando Luka ha trovato l’uomo giusto che segnava, ha smesso di fare le cose in proprio e si è dedicato solamente al compito di mettere il compagno nelle condizioni migliori per farlo lui. In questo contesto criticare Luka e il suo gioco nel giorno in cui ha dipinto la sua Gioconda mi sembra grottesco e francamente incomprensibile. Vincere, segnare quando serve, fare il leader in tutti i sensi, e rendere tutti i compagni strafelici è il compito primario di ogni fenomeno che si rispetti. A questo punto l’unica colpa di Luka sarebbe forse quella di essere troppo fenomeno. Che volete, lui non ci può fare nulla. Fra l’altro nel suo caso succede una cosa assolutamente inedita per la Slovenia, nazione di gente particolarmente invidiosa dei successi altrui, paese nel quale il desiderio maggiore è quello che, come dicono loro stessi: “naj sosedu krava crkne” (che al vicino crepi la vacca), paese che guarda con sospetto a ogni storia di successo. Nel caso di Dončić tutti si inchinano alla sua superiorità e in tutta la Slovenia, incredibilmente, nessuno, ma proprio nessuno, ha fatto l’acido discorso di Llandre, ma anzi anche i più critici hanno dato per scontato che era lui a dover vincere la partita, cosa che ha fatto. Un altro incredibile passo avanti verso la trasformazione degli sloveni in popolo normale assieme alla sempre maggiore autostima dei giovani. Tanto per dire: lunedì in prima serata sul primo canale televisivo hanno presentato la spedizione olimpica e il conduttore, intervistando la fenomenale arrampicatrice Janja Garnbret (a proposito, altra del ’99, nata fra l’altro due settimane dopo Luka), le ha chiesto: “Lei dunque a Tokio sarebbe contenta solo vincendo l’oro?” Risposta lapidaria: “Sì!”.