Non so se ero in delirio, ma il fine settimana scorso ho visto una partita di campionato italiano nella quale le due squadre andavano a turno in attacco, uno a caso sparava un tiro del piffero con conseguente mattonata, gli altri prendevano il rimbalzo, andavano a loro volta in attacco, il loro designato sparava il suo tiro del piffero con mattonata uguale e contraria, gli altri riprendevano la palla e tutto ricominciava esattamente allo stesso modo. Dopo cinque minuti di questo assoluto non senso ho cambiato canale, o per meglio dire mi sono messo a guardare uno della mia raccolta di film romantici, quelli che mi tirano su e, almeno surrettiziamente, mi fanno pensare che la vita possa anche essere bella e divertente.

Poi sono successe tre cose di fila che mi hanno finalmente dato lo spunto, anche se è un argomento che ho trattato finora fino all’esaurimento psicofisico (mio) senza raccogliere alcun tipo di frutto, il che mi fa sospettare che purtroppo anche una platea di persone sicuramente di intelligenza nettamente superiore alla media quale siete voi a volte ha difficoltà a credere alle proprie capacità di ragionamento preferendo adagiarsi al mainstream, a quanto dicono sedicenti esperti da tavolino e salotto (con annesso tablet per le famigerate statistiche, ovviamente), e dunque in definitiva a credere, al di là di ogni prova che possa loro offrirsi davanti ai loro occhi, a quanto in realtà le viene fatto credere.

La prima è stata la valanga di panegirici, elargita senza alcun tipo di freni dettati almeno da un minimo di sobrietà, che viene riservata a Steph Curry per la, che sia ben chiaro comunque straordinaria, stagione che sta disputando. E’ come se qualcuno dell’ accolita di adoratori nella “nuova” NBA si fosse tolto finalmente un peso dallo stomaco dopo un paio di stagioni nel quale quello che veniva indicato come possibile GOAT aveva giocato in una squadra indebolita, per cui anche lui era rientrato nei ranghi. Ora la squadra funziona di nuovo e dunque anche lui può nuovamente rifulgere, per cui le trombe stanno squillando nuovamente al massimo volume.

La seconda e la terza sono venute una dietro all’altra, prima la sconfitta dell’Italia contro la Russia e poi quella interna di Milano contro l’Olympiakos.

Cosa hanno in comune queste tre notizie? Secondo me sono fondamentali se si coglie l’essenza del messaggio che ci comunicano. Il quale recita: se un giorno un giocatore o una squadra segnano tutto quello che scagliano verso il canestro la partita la vincono matematicamente (sempre che si tratti di squadre della stessa categoria di capacità tanto fisiche quanto tecniche – chiaro che un paragone Knicks-Polet non ha senso). E’ molto, molto semplice e ancora dopo tanto tempo non riesco a capire perché la gente si faccia continue pippe mentali per capire perché la sua squadra perde quando gli avversari fanno medie irreali al tiro. Oppure si esalta oltre misura quando sono i suoi a segnare sempre. Sembrano quelle statistiche idiote che ogni tanto compaiono in sovrimpressione durante le partite NBA: “Se la squadra Tal dei Tali è avanti di 30 a tre minuti dalla fine vince sempre”,”Quando questa squadra segna il 70% da due e almeno il 50% da tre vince sempre”. Sono ovviamente più o meno tautologie che si spiegano da sole. Quando segni tutto vinci.

Curry segna sempre e allora i Warriors vincono. La Russia segna tiri assurdi con gente improbabile come gli sconosciuti Toporov e Astapkovič, l’Italia non riesce a centrare la vasca da bagno, e vince facile la Russia, Milano, per quanto si sforzi, gioca in modo caotico (fondamentalmente a causa della giornata da blackout mentale di Melli – pensare che Chacho, con tutte le straordinarie doti che possiede, possa essere quello che mette ordine sarebbe pretendere l’impossibile), non segna mai, dall’altra parte segnano tutti, soprattutto il giocatore non proprio mentalmente aquila reale citato da Buck, e anche Larentzakis che è stato sbertucciato tipo miracolato del giorno, che però a me sembra onestamente molto, molto bravo, senza fronzoli di alcun tipo, giocatore di quelli che piacciono a me che non si guardano allo specchio per ammirarsi, ma si compiacciono di essere brutti, noiosi e rognosi. Morale: Milano non tocca terra e perde di brutto. Succede, sono cose che bisogna mettere in conto. Nel basket succedono e quando succedono si dice “pazienza” e si riparte per la prossima partita. In casi come questi rimuginarci sopra non ha senso. Come diceva mia nonna con uno dei suoi detti carsici: “Quello che è fatto è fatto, di più posso, di meno mai, come disse quello che se l’era fatta addosso”.

Penso che sia fondamentale avere sempre in mente questo semplice assioma, ripeto, che se in una partita una squadra vede tutte le Madonne del mondo e mette tutto dentro, allora vincerà sempre. Secondo me ci aiuterebbe a sfrondare le nostre analisi da elucubrazioni a volte cavillose e pretestuose che pretenderebbero di spiegare in modo difficile cose estremamente semplici.

Una volta assorbito il quadro generale poi si può cominciare a parlare seriamente. Porci cioè le domande giuste nella serie giusta e rispondere in modo logico ad ognuna di esse. Prima domanda: qual è lo scopo del gioco del basket? Quello di segnare almeno un punto in più rispetto alla squadra avversaria. Corollario: prendere un punto in meno grazie alla difesa è esattamente la stessa identica cosa, matematicamente parlando, per cui enfatizzare per principio la difesa sull’attacco è stupido, esattamente quanto lo è enfatizzare l’attacco rispetto alla difesa. Come si fa a segnare di più? Facendo più canestri, perché il fare canestri è l’unico modo che il regolamento concede per vincere una partita. Qual è il modo per avere le maggiori possibilità di fare più canestri? Evidentemente quello di prendere il massimo dei tiri possibili ad alta probabilità di successo. Per esempio fare in modo di avere a disposizione il massimo possibile dei tiri a probabilità vicina all’1, che sono quelli da sotto in contropiede, e poi in ordine i tiri da posizione fissa e dunque allenabili facilmente quanto lo sono i tiri liberi, poi ancora i tiri che è possibile scoccare in qualsiasi modo possibile (sottomano in controtempo, tiro in corsa sul primo passo, gancetto, parabolone sulla tabella eccetera, tutto comunque sempre in controtempo, con tante finte e usando ambedue le mani – fra l’altro questi tiri sono tutti tiri che è facilissimo nonché divertentissimo e altamente creativo allenare soprattutto nella fase normalmente fiacca del riscaldamento pre-allenamento e che una volta si facevano di routine) senza farsi stoppare in un raggio di un metro dal canestro, tiri che qualsiasi professionista dovrebbe essere sempre e comunque capace di segnare, e infine i tiri aperti da qualsiasi posizione del campo, compresi i tiri aperti da tre che fanno capitolo da sé, in quanto sono parenti estremamente stretti dei tiri liberi, essendo scoccati da dietro una riga materialmente dipinta sul campo e dunque possono essere facilmente allenati.

Già questa elementare lista della spesa ci indirizza verso le priorità giuste delle cose che bisogna fare quando si pensa e poi si mette in piedi un sistema di gioco. Le nostre preferenze personali andranno verso un tipo di gioco rispetto a un altro, ma nessun allenatore potrà mai non prendere in considerazione il fatto che il contropiede, portando al tiro più facile di tutti, deve essere sempre e comunque la prima opzione dell’attacco. A me la cosa sembra lampante, ma guardando in giro non mi sembra che io veda tante altre persone che la vedono nello stesso modo che, ripeto, a me sembra assiomatico. La costruzione di un contropiede scientifico con tutte le tracce dei movimenti e dei passaggi perfettamente memorizzate e poi eseguite, sia da rimbalzo difensivo che anche da canestro subito, dovrebbe essere la pietra fondamentale di ogni sistema di gioco, ma io, a nessun livello, vedo ormai più contropiede organizzato di squadra. Non vedo neppure conclusioni logiche nelle situazioni più banali, quelle che in allenamento si usano per correre con la palla e fare fiato, parlo di esecuzioni tecniche delle situazioni base 2 contro 1 e 3 contro 2. Dell’inserimento del primo rimorchio, che di solito, essendo in squadre logiche l’ala forte, può facilmente concludere in schiacciata con annesse foto e urli dei commentatori, non parlo neppure.

Ecco perché ribadisco che la lista della spesa esibita sopra dovrebbe essere presa in molta più considerazione un po’ da tutte le squadre, in quanto permetterebbe analisi molto più dettagliate e approfondite sulle proprie capacità con risultati molto migliori perché si costruirebbe un impianto di gioco molto più adatto alla capacità dei giocatori veri in carne ed ossa della squadra, dunque realistico e non solo bello sulla carta.

Non parlo qui tanto dei problemi delle squadrette tipo la mia che aveva una statura media ridicola e che dunque doveva arrangiarsi in qualche modo possibilmente poco ortodosso, ma delle squadre di un livello tale che possono permettersi un reclutamento adatto alla propria categoria, reclutamento che, presumo, prevede un tot di esterni, ali e lunghi bilanciati nel miglior modo possibile, almeno nel giudizio dello staff tecnico. Nell’ottica di quanto detto sopra una delle prime e più approfondite analisi andrebbe fatta sulle capacità balistiche dei giocatori a disposizione. Secondo me ognuno dovrebbe essere valutato, anche in base a rilevamenti fatti durante gli allenamenti, per le sue capacità di “segnatore” nelle varie posizioni in campo. Quasi ogni giocatore ha la sua mattonella preferita che andrebbe individuata immediatamente. E’ solo ovvio che qualsiasi sistema di gioco io metta in piedi, la prima preoccupazione sarà che ciascuno tiri in partita dalle posizioni nelle quali si ritrova meglio.

Secondo me questo tipo di analisi viene fatta molto poco, o se viene fatta non mostra segni in partita, perché si continua a insistere sul fatto che un tiro aperto è un ottimo tiro indipendentemente da chi lo fa. Mentre secondo me è proprio questo il punto. I tiri possono essere ottimi a priori, ma a posteriori l’unico tiro buono è quello che entra. Quelli che escono sono pessimi tiri perché non hanno portato a niente. E allora, se hai Steph Curry, lui può tirare da dove vuole e in qualsiasi situazione che comunque segna, e dunque anche tiri che per ogni altro umano sarebbero da fucilazione cestistica immediata per lui vanno bene perché gli entrano, ma se non lo hai devi creare tiri buoni, attenzione!, per quelli che in quella posizione del campo hanno la massima probabilità, stabilita in allenamento e in partita con tutte le rilevazioni possibili, di segnarlo. “E’ stato un tiro buono, peccato che l’abbia sbagliato, ma va bene così.” Per me invece se a tirarlo è stato uno che fino a quel momento aveva 0 su 6 da quella posizione è stato invece un tiro assolutamente del piffero che non andava assolutamente preso.

Penso che quanto scritto sia abbastanza matematicamente corretto nel senso delle aspettative probabilistiche a priori, per cui mi sembra molto difficilmente confutabile. Conoscendovi per le vostre radicate convinzioni in merito so che comunque ci proverete. Sono qua.

Ancora due parole su Praja. C’è subito da chiarire un enorme e fondamentale equivoco. Lui, come tutti gli jugoslavi che si mettevano in mostra per le loro capacità già a livello di scuola elementare (13-14 anni) assolutamente non ha cominciato a giocare a basket a 18 anni, ma l’ha fatto, come tutti, a scuola. Per cui, quando ha cominciato ad allenarsi seriamente non era per nulla digiuno del gioco, semplicemente non l’aveva mai praticato seriamente. Come del resto la pallavolo. Narra la leggenda metropolitana che per mantenere la condizione a volte Praja si allenasse con i pallavolisti del Partizan ed era talmente più forte di tutti che provarono a chiedergli in ginocchio di giocare per loro le partite, visto che avevano disperatamente bisogno di rinforzi. In uno sport che aveva giocato solo a scuola. In merito al suo tiro: Llandre! Devi renderti finalmente conto che ci sono giocatori, da Praja a Steph Curry, che sono talmente di un altro pianeta in merito che è totalmente futile analizzare la loro tecnica di tiro. Loro sono tiratori, come dire, metafisici, gente che durante il movimento stesso di tiro ha sensazioni ESP sul fatto che il tiro sta uscendo magari male e riescono prima del rilascio a metterci una pezza. Per cui pensare di copiarli è inutile. Non sono di questo pianeta, bisogna lasciarli stare.