Beilnelli in layup rovesciato (foto A. Bignami 2013)

Beilnelli in layup rovesciato (foto A. Bignami 2013)

Dopo aver visto vincere la Nazionale Italiana di Basket nelle prime due partite posso sicuramente affermare che la spinta motivazionale è stata uno dei fattori condizionanti i due risultati.
Inizio col chiarire che in termini accademici “la motivazione altro non è che il motivo che spinge un individuo ad agire”. Essa viene condizionata dai bisogni e dai desideri da soddisfare e, come nel caso degli Azzurri, dal bisogno di appagare il desiderio di vincere.
Alla luce delle due belle prestazioni e del bell’atteggiamento che ho visto in campo, ho cercato di osservare i nostri ragazzi valutandoli anche attraverso l’impegno e la passione che hanno profuso per vincere le prime due gare.
Nello Sportcoaching, quello che alcuni allenatori definiscono “passione” viene chiamata “carica agonistica”. Essa è un componente della motivazione che, in maniera più specifica, si suddivide in “motivazione primaria” (intesa come gioco, agonismo, gratifica) e “motivazione secondaria” (direttamente collegata ai fattori della personalità).
In questo momento particolare del girone i ragazzi sono molto concentrati e riescono a concretizzare le motivazioni primarie legate alle attività di gioco.

Se volessimo osservare le cose attraverso la Self-Determination Theory potremmo asserire che ogni atleta ha espresso innanzitutto la propria voglia di vincere.
La Self-Determination Theory, infatti,  si occupa delle motivazioni intrinseche, cioè di quelle motivazioni che l’essere umano attiva semplicemente perché prova piacere e gratifica.
Decy e Rian (inventori e studiosi della Self-Determination Theory) ci suggeriscono che la motivazione si attiva quando si soddisfano tre bisogni innati: la competenza, l’autonomia e la relazionalità.

Competenza – L’intercambiabilità dei ruoli all’interno dei giochi d’attacco, la capacità di sapersi esprimere in difesa attraverso il sacrificio, sono un ottimo esempio di Competenza (i ragazzi si sentono efficaci e sono gratificati dall’esprimere ed esercitare le proprie capacità).

Relazionalità – La naturalezza con la quale i giocatori si cercano (in attacco e in difesa) rappresentano in maniera egregia la componente della Relazionalità (si vede che il gruppo è integrato e che gli atleti si riconoscono in un gruppo).

Autonomia – Provare costantemente l’uno contro uno per punire i cambi difensivi, effettuare tiri dalla lunga distanza, non smettere mai di muoversi senza la palla per essere individualmente pericolosi,  sono un esempio di  Autonomia  (la modalità da adottare per svolgere un determinato lavoro deve fiorire dall’interno dell’individuo e non da fattori esterni).

Gli Azzurri del Basket sono di certo intrinsecamente motivati. Sono coinvolti ed esprimono scioltezza con la quale “attaccano il ferro”. Li ho visti rispondere “alla fisicità” degli avversari e nonostante gli errori al tiro si attivano subito per recuperare il pallone. In alcuni momenti mi sono sembrati in pieno stato di Flow (o stato di grazia).
La concentrazione ottimale, la realizzazione di canestri importanti come quelli eseguiti da Aradori contro la zona dispari schierata dalla Turchia o Belinelli e Datome contro la Russia nella fase finale corrispondono a quello che viene chiamato stato di Flow nel basket. Nel Flow gli atleti perdono la cognizione spazio-tempo, sono concentrati unicamente sul proprio compito e sono pienamente coinvolti rispettando le regole tecniche e le indicazioni del proprio allenatore.
Sicuramente dopo le prime due partite si cominciano a delineare obiettivi sfidanti e sempre più specifici, che di certo miglioreranno la motivazione intrinseca e la fiducia nei giocatori.

Forza Azzurri… ‘avanti così, mettetecela tutta!