მოკითხვა ყველა (Buongiorno a tutti! in georgiano) con questa rubrica che s’è messa in testa di frugare in giro per il mondo il top-team di alcune tra le nazionali meno celebri del panorama cestistico -e già per questo cult, di culto- cercando di raccontar qualcosa di ognuna di loro, con un occhio di riguardo per gli sbarbati che dovrebbero andare a comporne il roster ideale.
Lo scopo sarebbe quello di scovare tra le bandiere (flags) più insospettabili di questo mondo parallelo un manipolo di giocatori che, se ben assemblato ed allenato, non sfigurerebbe in una fase finale di un Mondiale, un Europeo o un’Olimpiade.
Rapido come il trash talking di Pavel Podkolzin ecco il decalogo per questo simpatico giochetto:
1- le nazionali NON devono essere tra le prime 25 dell’attuale ranking FIBA (per dire, la Gran Bretagna è 23a)
2- i giocatori devono essere tutt’ora attivi (non ritirati ufficialmente), anche se infortunati, e costituiranno una selezione dei più forti ancora eleggibili per quella determinata nazionale
3- l’allenatore, seppur di nazionalità differente (tipico per le nazionali di basso livello, diciamo i Bruno Metsu e i Guus Hiddink del basket), deve aver allenato quella specifica nazionale
4- le squadre devono avere in linea di massima un senso tattico (cercheremo di evitare quintetti con 5 playmaker, ad esempio, anche se non lo escludiamo a priori, con i giapponesi in giro)
5- valgono i passaportati, ma solo se non sono ancora stati beccati a ricevere bustarelle da ministri dello sport di federazioni improbabili per il corrotto (il tipico sloveno Omar Thomas è un buon esempio)
6- non sono permessi roster con meno di 5 giocatori, a meno di eccezioni-cult
7- cercheremo di raccontarvi qualcosa di ognuna di queste nazionali e dei loro componenti
8- se c’avete scambiato per dei nerd super seriosi sappiate che l’intento è soprattutto folkloristico, dedito più a sollevare curiosità, chiacchiere e pernacchie, piuttosto che verità assolute (ergo, se ce scappa un player, suggeritecelo voialtri!)
9- l’unico criterio oggettivo di selezione è il ranking FIBA: si lo sappiamo, nel 2013 è anacronistico tanto quanto chi gestisce l’istituzione che l’ha partorito, ma tant’è, c’abbiam provato noi a dargli un senso!
10- se state ancora leggendo, d’ora in poi non avrete altro dio all’infuori di Jr Pinnock

 

Cult Flags # 2 Georgia

“Non mi preoccupo della mia morte, piango per il popolo.”
[di Sayat Nova, uno dei più grandi “ashik”, poeti e cantautori georgiani, morto martire venne raccontato nel famoso film a quadri statici “Il colore del melograno” di Parazdanov, nel 1968]

Per il secondo episodio di questa rubrica Cult Flags siamo dolenti ma dalle dorate spiagge panamensi (primo episodio QUI) ci dobbiamo spostare, magia dei pixels e del web, sulle montagne del Caucaso, dove attualmente i gradi centigradi sono più simili a quelli milanesi che a quelli caraibici. Protagonista la piccola madre Georgia, patria di poeti, menestrelli, guerrieri, pastori e sì, anche di giocatori di pallacanestro.

Ranking FIBA: 50 (8,0 pts)

Best Results: promozione dalla Divisione B alla Divisione A FIBA nell’EuroBasket 2009

Il colore del melograno

Il colore del melograno

Hometown: tre melograni che perdono il loro succo su di una tela bianca che, gradualmente, come assorbendo del sangue, s’arrossisce. Un piede che lentamente schiaccia un grappolo d’uva. Decine di libri antichi aperti e posizionati da un bimbo su un tetto, sfogliati solo dal vento. Non lo direste mai, ma trattasi dei primi fotogrammi di uno dei più importanti film caucasici della storia. Un modo diverso di vedere e usare il Cinema come strumento di comunicazione e protesta, ma si sa, i georgiani sono popolo decisamente “diverso”. Così com’era diverso Sergej Parazdanov, geniale e visionario regista del capolavoro di cui sopra, “Il colore del melograno”, opera che, per il suo simbolismo ineggiante alle libertà in forte contrasto con l’oppressivo realismo sovietico, unita all’accusa di omosessuale e di ladro di icone, gli valse ben sette interminabili anni nei terribili gulag, per rimuginare con calma e serenità sui propri errori verso il regime.
E’ stata una storia spesso drammatica, quella del popolo georgiano, e il regista natìo della capitale Tbilisi è solo uno dei tantissimi esempi di vite rovinate dal dominio socialista nel corso della seconda metà del 1900. E fu proprio in questo doloroso contesto che, nel bel mezzo dell’ennesima sanguinosa guerra civile di un Paese post-comunista, nacque nel 1993 la giovane federazione georgiana di basket, il primo passo verso l’ascesa (lenta è..) nell’universo cestistico che conta.

TbilisiIl secondo passo dicono invece che avvenne 18 anni dopo l’uscita di quel film, nella stessa città ai piedi del Caucaso. A distanza di pochi mesi infatti, nel 1986 affiorarono dal ventre materno Manuchar Markoishvili, Viktor Sanikidze e Giorgi Tsintsadze, tre delle colonne dell’attuale nazionale e tra i volti più noti del basket georgiano e non, condottieri di un national team pronto a stupire tutti nei prossimi europei di Slovenia.
Oltre a loro, tanti altri giocatori hanno visto la luce a Tbilisi (tra cui Zaza Pachulia), decisamente la città più importante di uno stato che, vivendo prevalentemente di agricoltura, allevamento e…vino, ha plasmato, grazie anche ad una tradizione sportiva secolare (lotta, calcio e basket soprattutto), guerrieri dal fisico durissimo, alti, dalle mani grandi e callose, gioviali e educati fuori dal campo (se cercate guardie razzenti o polpastrelli fatati questo non è il posto giusto dove bussare). Gladiatori che, per ovviare alla mancanza di una scuola cestistica di primo livello e fieri eredi di un popolo segnato dalle dominazioni straniere, hanno fatto dellanimus pugnandi, della cattiveria agonistica, del dinamismo, dell’atipicità (il prodotto classico georgiano è un’ala grande con sprazzi di tiro da fuori) e del gruppo i loro punti di forza, con cui caricarsi sulle spalle le speranze di un regno protetto, affermano le leggende popolari, da San Giorgio in persona.
E proprio la croce di San Giorgio è la principale figura di questa Cult Flag (cambiata radicalmente nella forma e nel colore nel 2004, dopo la caduta del comunismo e delle sue bandiere), con altre quattro piccole croci a comporre la cosiddetta Croce di Gerusalemme, un residuato dell’influenza cristiana in Georgia nel 1300 e simboleggiante le cinque ferite del Cristo in croce.
Sofferenza pure sulla bandiera dunque, ma i tempi sembrano essere maturi perchè, almeno sportivamente, siano gli stranieri a dover iniziare a soffrire…e tra poco vedremo grazie a chi…

Tbilisi Sports Palace

Tbilisi Sports Palace

The Place of the Game: in Georgia la maggior parte delle strutture per giocare a basket sono state per anni semplici fabbriche o capannoni adattati a palestre, con lo scheletro di ferro del soffitto ancora visibile e il riscaldamento non sempre disponibile. Non è stato quindi troppo difficile trovare un luogo dove far valere in modo efficace sia il vantaggio del fattore campo in un ipotetico do or die match sia i parametri FIBA, dato che in tutta la nazione ne esiste..soltanto uno. Si tratta del Tbilisi Sports Palace, l’arena costruita nel 1961 che ancora oggi detiene il primato per capienza (10mila posti) tra tutti gli stati usciti dall’URSS. Ex campo di casa della Dinamo Tbilisi, unica squadra georgiana capace di vincere l’Eurolega (1962), grazie appunto al formidabile nuovo palazzetto dove il fervore del pubblico impazzito contribuì alla marcia trionfale senza sconfitte della Dinamo, cui si unì in finale un’altezza media superiore di ben 10cm al Real Madrid, battuto per 90-83. Sperando intanto che un vero uomo di sport come l’ex milanista Kaladze sappia migliorare la situazione dall’alto della sua carica di vice-premier, decisamente il posto migliore dove giocarsi la gloria sportiva in una sola partita.

The Day of the Game: il 26 Maggio. Quel giorno, nel 1918, venne proclamata la Repubblica Democratica delle nazioni transcaucasiche, dopo la caduta dell’impero dello zar e prima del regime russo. In mezzo, allora così come oggi, l’onore georgiano. Save the Date!

The Intro Song:Tavisupleba” (2004), nuovo inno nazionale, con petto in fuori e abbracciati cantando verso il cielo la parola del titolo “..Libertà!..Libertà!..”

The Introduction: “And noooow…the starting lineup for your Georgia National Team..!”
[Nota: ritmo elevato ma non troppo, con quintetti alti e fisici]

…at forward, number 27, from Atlanta Hawks, 2.11…Zazaaaaaaaa Pachulia!

“Oh capitano, mio capitano” Zaza è decisamente il cestista georgiano più conosciuto, ormai un veterano dell’Nba giunto al decimo anno in The League, ottavo in..Georgia con gli Hawks che, con il quadriennale a quasi 20 milioni di dollari del 2009, l’hanno reso automaticamente uno dei cittadini più ricchi del suo Paese. Energia infinita, il cavallo pazzo georgiano ha sempre avuto il testosterone altissimo, inaugurando quella che con gli anni sarebbe diventata la personalissima guerra Keving Garnett vs Georgia (vedi sotto). Discreto tiro dalla media, Zaza si sente molto più a suo agio in area nella pugna, dove può far valere il fisicone e l’aggressività rara anche a quel livello. Un’evoluzione improbabile per uno che a 9 anni cavalcava muli in giro per le montagne e mostrava già i primi sintomi di grande amante di bionde prosperose, ma ve l’avevamo detto che i georgiani erano “diversi” in tutto e per tutto no? “Diversi”, come gli auguri di compleanno abitualmente ricevuti, sempre se dall’altra parte c’è tale Josh Smith…

 

Manu ai tempi di Treviso

Manu ai tempi di Treviso

…at guard, number 9, from Galatasaray, 1.96…Manuchaaaar Markoishviliii!

Un vocabolario georgiano-italiano, American Superbasket e una Bibbia. Era questo l’arredamento della camera del 17enne Manuchar ai tempi di Treviso. Arrivato come rincalzo di BJ Elder nel 09 a Cantù, a Gennaio 2013 se n’è andato tra le lacrime di tutto il popolo del Pianella, un addio lungo e continuato fino all’aereo che l’ha portato al Galatasaray. Una manifestazione d’affetto incredibile per uno straniero, ma “Manu”, sin da quando era al Benetton, è riuscito a farsi amare ovunque sia andato a giocare. Decisamente il più tecnico e “pulito” degli esterni georgiani, tanto da vedere il suo bruciante palleggio-arresto-e-tiro accostato a quello di Danilovic, Markoishvili, nel pieno della sua carriera, ha spalle abbastanza larghe per poter trascinare la Georgia fino alla terra promessa della fase finale degli europei. Anche se probabilmente il “salvataggio” di Cantù grazie alla sua cessione sarà ricordato per sempre come il suo canestro più importante e decisivo. Avanti così, Manu!

 

Shermadini ai tempi dell'AdidasCamp

Shermadini ai tempi dell’AdidasCamp

…the man in the middle, number 19, from Olympiacos, 2.16…Giorgiiiiiii Shermadiniii!

Coerente con la nostra introduzione, un uomo veramente insolito. Nato in un villaggio sul fiume Kura non lontano da Tbilisi, iniziò a giocare a basket seriamente a 16 anni, quando era già 2 metri abbondanti. A suon di sessantelli (anche 89..) si fece conoscere fuori dai confini, e tre anni dopo alzava già l’Eurolega con il Pana (da panchinaro, ma tant’è). La prima volta che l’abbiamo visto dal vivo è stata alle F4 d’Eurolega del 2010 a Parigi. Era tra il pubblico, ma oltre a spiccare ovviamente per l’altezza c’era qualcos’altro che attraeva il nostro sguardo. Un vestito grigio ma non classico, “alla coreana” direbbe Jimmy Goldstein, che gli conferiva un’eleganza austera e nobile, da principe ottomano, inusuale per un centrone di 2 metri-e-16 d’altezza. L’impatto, cristallizzato, è stato simbolico, le poche parole scambiate (con l’inglese scarso di entrambi) pure: gentilissimo, quasi reverente, sguardo di uno catapultato in un mondo che sta cercando di conquistare. I georgiani per sempre li ricorderemo come Giorgi, faccenda Maccabi a parte.

…at forward, number 20, from Brooklyn Nets, 2.03…Tornikeeee Shengeilaaa!

Quinto georgiano nella storia a calcare i parquet Nba, “Toko” è stato scelto alla 54 dai Brooklyn Nets di Deron e Prokhorov nell’ultimo draft dopo le annate tra Valencia e Belgio. Grande atleta con una coordinazione straordinaria, il ’91 natìo di Tbilisi sta accumulando esperienza per poter iniziare a diventare un fattore importante nelle prossime stagioni. Intenso, versatile, gran difensore e stoppatore di tempismo, a volte può pure tirare da fuori, ma in piena tradizione georgiana preferisce..fare a botte in area e sfamarsi di rimbalzi offensivi. I lineamenti del volto non sono molto differenti da quelli dei connazionali (prettamente..caucasici..), la cazzimma pure, e l’età fa ben sperare, anche per il futuro della nazionale. Sperando che nel frattempo sia rinsavito dal colpo al sole preso nell’estate del 2012 quando dichiarò di voler assomigliare a..Ginobili, good luck Toko!

…at guard, number 9, from Hapoel Gerusalemme, 1.85…Jacooooob Pulleeen!

La tradizione cestistica georgiana, purtroppo vittima storica di strutture e tecnici non all’altezza, ha fatto sì che la stragrande maggioranza dei giocatori usciti dai confini per sviluppare il proprio talento fossero alone più conosciute per il fisico e l’intensità che per il tiro raffinato o il crossover. Così negli anni gli Usa cui la generosa federazione georgiana ha regalato passaporto e chiavi tecniche sono aumentati esponenzialmente, raggiungendo il top con Shammond Williams e Tyrone Ellis (ma ci sarebbe anche Quinton Hosley).  Attualmente l’unico spot di naturalizzato disponibile se l’è preso Pullen battendo la concorrenza di Corey Fisher, con l’ex-play di Biella fortissimo fisicamente, clamoroso difensore e pure ottimo attaccante, con delle doti di penetratore praticamente inesistenti nel resto del team. Magari considerata l’altezza media non potrà schiacciare troppo sull’acceleratore, ma l’uomo che trascinò i suoi Wildcats alle Elite Eight NCAA nel 2010 è il nome giusto per completare con il proprio talento sbarazzino una delle nazionali più fisiche dell’intero continente. Ma forse, per conquistare tutti, è bastato QUESTO tiro..

 

Skita e la sua Nba

Skita e la sua Nba

FROM THE BENCH:

…at forward, number 15, from Champville, 2.13…Nikolooooz Tskitishviliii!

Nome di culto per i malati di Nba, “Skita” per tutti sin dai primi canestri in Georgia, ha scritto un pezzo di storia venendo scelto in uscita da Treviso come quinto assoluto dai Nuggets nel draft del 2002. Inutile dire che fu un buco nell’acqua, e cinque anni dopo ce lo dimostrò anche in Italia faticando in SerieA con Teramo. Ma Nikoloz è sempre stato un ottimo ragazzo, poliglotta (parla sei lingue fluentemente), e un buon contratto fino alla fine di una carriera da atipico journeyman dovrebbe riuscire a trovarlo. Partito da Tbilisi come il “Nowitzki georgiano” grazie al buon tiro da fuori, ai 213cm e alla fama di grande esperto di “danza coi coltelli”, si è presto ridimensionato, causa una mancanza di cattiveria agonistica palesata sin dalle prime partite di pre-stagione a Denver. Un dì Garnett, correndo lungo per il campo, lo attaccò verbalmente come suo solito appena capì di non aver davanti un cuor di leone: “You can’t guard me!” gli disse KG spintonandolo. “Sure I can’t, you’re an All Star and I’m just a kid” rispose candido Skita. Da lì in poi la sua carriera è andata sempre più “a sud”, fino ad approdare nel 2012 in Libano. Ma il talento c’è sempre stato e per la nazionale georgiana, forse, anche un po’ di coraggio in più.

 

Giorgi e quell'annata al Tartu

Giorgi e quell’annata al Tartu

…at guard, number 8, from Budivelnik, 1.92…Giorgiiii Tsintsadzeee! 

Tiro compatto, gambe esplosive, fisico tosto da penetratore naturale e gran passatore. L’unica grande guardia prodotta dalla scuola cestistica georgiana purtroppo vanta un curriculum vitae macchiato indelebilmente da un vergognoso risultato verificatosi nella stagione 08-09. Quell’anno l’epica squadra del Tartu Rock, potenza (..) del campionato estone dell’ultimo decennio, riuscì a perdere lo scudetto a favore del Kalev/Cramo dopo anni di dominio assoluto. A comporre quella squadra entrata nella “storia” del basket dalla porta sbagliata, il buon Giorgi, il buon Sanikidze, un cugino del mitico Talts campione olimpico di sollevamento pesi (Janar, ora a Varese) e un idolo dalla pelle scura, l’altrettanto mitico Tanoka Beard, sotto le plance. Come supporting cast otto volenterosi talenti autoctoni della ridente cittadina di Tartu. Ovviamente l’anno dopo il Tartu rivinse lo scudo, ma senza Tsintsadze e “grande capo” Tanoka, ritiratosi alla fine della stagione ancora sotto shock per la sconfitta.

…at forward, number 13, from Montepaschi Siena, 2.03…Viktoooor Sanikidzeee!

Il giocatore più “moderno” di questa nazionale, ha scoperto il basket americano (seppur non al livello top) prestissimo rispetto ai suoi commilitoni, frequentando a 15 anni per una stagione un junior college a NYC. Grandissimo atleta, saltatore super, contrariamente all’ex compagno alla Virtus Chris Douglas-Roberts dichiara di gradire la pasta italica anche senza salsa Alfredo, ma da Bologna se n’è andato lo stesso causa un’offerta fatta da Sabatini inferiore pure a quella di un Valerio Amoroso qualunque (quello dell’addio a Pesaro è, non quello di Montegranaro). Ora a Siena la sua doppia pericolosità (tira col 44% da 3) è aumentata, con un buon impatto anche in Eurolega, ma quell’unica annata a Tartu continua a tormentarlo anche nelle notti più tranquille, se non altro per il povero Tanoka Beard…

…at center, number 6, from Armia, 2.05…Vladimiiir Boisaaa!

Avremmo potuto inserire l’ala ed erede Nika Metreveli, che a tutti gli effetti possiamo considerare italiano d’adozione e di formazione essendo arrivato a Rimini a 16 anni, ma per le battaglie senza domani dalla panca preferiamo uno scafato veterano che le ha viste ormai tutte nella propria carriera, per cui l’ex senese Boisa c’è sembrato essere l’uomo giusto. Tornato in madre patria dopo una carriera in giro per l’Europa, Vlado ha recentemente incontrato da avversari i fratelli di Shermadini e Markoishvili, vincendo, come suo solito, grazie a mestiere, legnate e tiro dalla media. Più carino della media georgiana, la sua vita è svoltata quando, nella stagione 05-06 a Siena, giocò insieme ad Andrea Pecile. Dovete sapere che il Pec, con entusiasmo trascinante, ha introdotto nel basket uno dei motti più elevati ed essenziali nella storia dello sport: “Stare Sereni…Sempre”, slogan con cui ha coinvolto negli anni parecchi compagni di squadra, tra cui anche Boisa. Il Pec racconta che durante una partita a Vlado non venne fischiato un fallo, scatenando così la reazione del georgiano. L’arbitro, inconsciamente e all’oscuro di tutto, lo ammonì con un “stai sereno..!” ma Boisa, stupefatto, rispose automaticamente “..SEMPRE! ma fischiare fallo però!”, girandosi verso il Pec a chiedere lumi su quest’usanza così diffusa. Da lì in avanti nessun problema lo potè più scalfire, e anche oggi continua a dichiarare di stare.. “Sereno Sempre!”

 

Coach Igor

Coach Igor

…the Head Coach of Georgia is..

E’ impossibile trovare nella giovane storia della nazionale georgiana un allenatore più competente e smaliziato dell’attuale coach Igor “Our man in America” Kokoskov. Serbo della provincia di Belgrado, Igor è stato semplicemente il primo non-statunitense a venire assunto come assistente allenatore da una franchigia Nba a tempo pieno, nel 2003 dai Clips, e in NCAA, alla University of Missouri. Inoltre coach Kokoskov, pioniere se ce n’è uno, tanto per non farsi mancare nulla è stato pure il primo assistente straniero a vincere un titolo Nba, nel 2004 con i Detroit Pistons di Larry Brown. Precoce (38enne) come solo i predestinati, ma fu il destino che lo forzò ad allenare, lui promettente guardia, dopo avergli devastato il fisico con un incidente in macchina a 24 anni.

Igor premiato dal presidente georgiano in un vigneto

Igor premiato dal presidente georgiano in un vigneto

Se la consegna dell’anello Nba e la promozione nell’Europa che conta con la Georgia nel 2009 sono stati i risultati più entusiasmanti per squadre da lui allenate, i momenti personali cui si dice più legato sono la cerimonia sul campo dei Phoenix Suns per ufficializzare la sua cittadinanza americana con intervento in diretta del presidente Obama e l’onoreficenza di Eccellenza della Georgia conferitagli dal presidente della repubblica Saakashvili in un’atmosfera surreale, in mezzo ad un vigneto, senza pubblico e il presidente in camicia a quadri, panza di fuori e jeans a consegnare il premio (vedi foto a destra). Per noi, per sempre numeri uno!

Insomma, la grande ala Vladimir Stepania ha indicato la via nel 1998 come primo georgiano nell’Nba, quando ancora la Georgia combatteva per resistere sia come nazione indipendente sia come nazionale nei bassifondi della Fiba. Da allora sono passati 15 anni, i georgiani nell’Nba sono aumentati ma non così tanto come avrebbero fortemente desiderato. Sono tanti i georgiani finiti undrafted, dichiaratisi cioè eleggibili ma mai scelti (persino Pullen!), o con un passato sotto le attese nella Lega di Stern, sintomo di un’ambizione e di un’autostima elevatissime magari falsate dal livello non proprio eccelso della madre patria (Shermadini docet), e questo ha fatto sì che l’orgoglio già di per sè presentissimo nelle vene di Zaza e compagni aumentasse a dismisura, accentuando la ferocia cestistica dei giocatori di coach Kokoskov.
Ora un obiettivo ambizioso su cui riversare tutti insieme questa voglia di rivalsa c’è: l’europeo in Slovenia, dove la Georgia si presenta come un carro armato ad alto tonnellaggio pronto a punire qualsiasi mis-match contro i suoi quintetti atipici, magari con quattro lunghi schierati dalla genialità tattica del coach, un solo piccolo e tante tante botte da distribuire generosamente su tutti i 28 metri del campo.
E’ lo stile georgiano baby, e presto o tardi tutti ci dovranno fare i conti.
Parola di capitan Pachulia, parola di georgiano.
Game 7, qualsiasi essa sia, sarà Nostra.
https://www.youtube.com/watch?v=EAcerISqI8s
 

E voi, che ne pensate?

Alla prossima, qui su DailyBasket, con CULT FLAGS #3!