Dailybasket vuole essere il Sito del Basketball e vuole raccontare le sue storie, non solo quelle dei vincenti e di giocatori restati per sempre nella storia, ma anche di meteore o miti effimeri che hanno però tanto da raccontare alle nuove generazioni.

Carlo Perotti, una delle memorie storiche di DB, ci porterà a conoscere o ricordare questi grandi campioni. Si comincia da un mito del basket universitario di inizio anni ’90: Bobby Hurley.

Bobby Hurley ha appena vinto il suo titolo NCAA (foto USAToday)

Bobby Hurley ha appena vinto il suo titolo NCAA (foto USAToday)

Quella sera del 12 dicembre del 1993 Bobby Hurley, il play dei Sacramento Kings, aveva perso di nuovo. Non ci era abituato dopo i trionfi alla Duke University. Dopo aver salutato Terry Dehere, suo compagno ed amico ai tempi della high school, tornava a casa uscendo dal parcheggio vuoto della Arco Arena che si trova in piena campagna.

Daniel Wieland, di professione imbianchino, procedeva sulla sua station wagon, una Buick del 70, a luci inspiegabilmente spente e tagliò la strada al giovane campione. L’impatto laterale fu tremendo, Hurley, che non indossava le cinture, fu scagliato a decine di metri dal punto dell’incidente e per sua fortuna fu subito soccorso da un’automobilista e dal compagno di squadra Mike Peplowski che lo seguivano ed avevano visto lo schianto. Bobby era volato in un canale di irrigazione, miracolosamente semi vuoto (primo miracolo) ma se Peplovski non fosse stato lì avrebbe potuto morire annegato (secondo miracolo). Ma aveva un gravissimo pneumotorace, la scapola, la tibia e parecchie costole rotte, una lesione da compressione ad una vertebra ed il legamento crociato del ginocchio lesionato. Lesioni che la clinica medica ritengono mortali nel 99% dei casi a causa delle lesioni polmonari. Nel dramma Hurley ebbe il terzo colpo di fortuna, a Sacramento era in visita il dottor Benfield, uno delle massime autorità americane sul campo della chirurgia toracica, sentito alla radio dell’incidente il dottore si precipitò alla clinica universitaria di Cal-Davis. Salvandogli la vita.

Ma ora Bobby Hurley che per tutta la vita aveva corso ora doveva lottare per tornare ad una vita normale. Non da atleta di elite. Normale.

Bobby e suo fratello Danny, allenatori a Wagner

Bobby e suo fratello Danny, allenatori a Wagner

Figlio maggiore del leggendario Bob Hurley coach della Saint Anthony High School di Jersey City. Il padre è un’istituzione in una delle città più violente degli Stati Uniti. Ha lavorato come addetto alla sorveglianza al Dipartimento Ricreativo di Jersey City sino alla pensione e nel pomeriggio allena dal 1972 nella piccola e cattolica high school, perennemente alle prese con problemi economici, portando il suo varsity team ad essere fra i più forti d’America con oltre 25 titoli statali ed oltre mille vittorie in carriera. Lo ha fatto allenando ragazzi difficili, portandoli via dalla strada, con modi bruschi ma sinceri. Non si può mentire con chi cresce a Jersey City. Ma Bob Hurley lo sa, è cresciuto lì e non ha mai abbandonato la sua città nonostante le offerte di college importanti che gli offrivano denaro e gloria. Con tale padre crescono i due fratelli Danny e Bobby: unici ragazzini bianchi in una squadra formata da neri ed ispanici non ottengono nessuno sconto dal padre ma sono cresciuti a pane e basket e lo conoscono a fondo.

L’incontro fra Mike Krzyzewski e Bobby è da romanzo rosa, coach K voleva reclutare il fenomenale Kenny Anderson dal Queens, che andò poi a Georgia Tech per una sola stagione, mentre Bobby è fan dei Tar Heels e sogna di essere allenato da Dean Smith, Krzyzewski  si innamora subito della sua visione di gioco unita ad una tenacia non comune ed una capacità di resistenza fisica fuori dalla norma. Bobby corre e sembra non stancarsi ed il giovane play vede nel coach di Duke molto di suo padre mentre Danny, il minore, resta vicino e va a Seton Hall un anno dopo.

Arriva così nel 1989 alla Duke University questo playmaker di 1.83 dal volto emaciato e dal fisico sparuto. I Blue Devils sono reduci da due Final Four consecutive perse, nonostante la stella Danny Ferry, contro la Seton Hall di Andrew Gaze e Kansas di Danny Manning e si sprecano i commenti su quanto siano perdenti. Il leader vocale e caratteriale della squadra è un sophomore dal carattere esplosivo: Christian Laettner che nel suo anno da freshman ha fatto una fatica dannata a stare al suo posto dietro alla stella splendente di Ferry ma con Danny-Boy diretto al Messaggero Roma è pronto a prendersi i gradi di generale in campo. Ma al primo allenamento questo smilzo ragazzino da Jersey City viene promosso titolare da Coach K e gli vengono date in mano le chiavi della squadra. Laettner diventa matto per questo e decide di metterlo alla prova col “Trattamento Laettner”: battute crudeli, occhiatacce, spinte, sempre addosso al freshman, sempre mettendolo alla prova e Bobby, ragazzo timido ed introverso, lo subisce in silenzio. Nel frattempo coach K vede tutto ma non interviene. Durante un allenamento però sbotta e lancia la palla in faccia a Laettner, che lo sovrasta di trenta centimetri ed altrettanti chili, e temendo di venir ucciso dal compagno scappa via.. ma Laettner non lo insegue. Ride. Felice. Ha visto che quel ragazzotto ha carattere.

Hurley al tiro (goduke.com)

Hurley al tiro (goduke.com)

E di carattere ne dovrà tirare fuori qualche mese dopo. Duke di nuovo alla Final Four, questa volta in finale contro UNLV. Ma la sera prima della gara una tremenda gastroenterite svuota le energie di Hurley. Non si tira indietro e gioca ma viene spazzato via da Greg Anthony e dai Running Rebel di Jerry Tarkanian. 103-73. Il peggior divario di sempre, ancora sconfitti. Ed Hurley? Un disastro, a fatica si regge in piedi ma coach K lo tiene in campo sino alla fine per imparare dalle sconfitte, anche quelle dure. Quelle che ti segnano.

Parte da questa batosta così la promessa dei Blue Devils, che nel frattempo aggiungono il talento di Grant Hill al roster, di vendicarsi sull’invincibile armata di UNLV. E l’occasione arriva ancora alle Final Four, la quinta consecutiva: Duke batte il demone dell’imbattuta UNLV 79-77 in semifinale e vince il suo primo titolo contro Kansas bissando poi l’anno successivo in un clamoroso back to back contro la Michigan dei Fab Five.

Bobby Hurley oggi, coach a Buffalo

Bobby Hurley oggi, coach a Buffalo

La carriera del piccolo Bobby è lanciata. Scelto alla settima da Sacramento con posto da play titolare da subito anche se coach Gary St.Jean lo alterna a Spud Webb.

Poi lo schianto. Recupera sospinto a forza dal padre e torna a giocare. Ma il suo fisico non è più lo stesso. Anche la fiducia in sé stesso scema pian piano.. si ritira nel 1998 e si dedica alle corse dei cavalli investendo i suoi soldi in una scuderia. Ma il richiamo del basket è forte e torna alla sua famiglia che gli era stata accanto nei momenti difficili, a suo fratello Danny che nel frattempo è diventato coach a Wagner University facendogli da vice e da questa stagione è diventato Head coach alla University at Buffalo dove vince 19 partite e ne perde 10 nella MAC portando i Bulls al terzo posto.

Coach. Come suo papà.

Buon sangue non mente.

Carlo Perotti