Case Gym "The Roof"

Case Gym “The Roof”

Boston è una splendida città universitaria ricca di bellissimi campus. Il top è quello di Harvard, con le sue casette vittoriane e la sua piazzetta centrale. Il peggiore? Di gran lunga quello di Boston University, che non va confuso con Boston College che invece si trova in cima alla deliziosa Chestnut Hill al capolinea della Green Line della metropolitana, la più antica d’America, ed è un fiorire di villette e parchi.

Boston University si trova invece sulla Commonwealth Avenue che sale al fianco del Charles River, una strada grigia, impersonale per essere la sede di un campus, con una linea della metro scoperta che la taglia in due, ed è costellata da brutti ristoranti di pizza al taglio e fast food. L’università poi ha qualcosa di rumeno-sovietico con palazzoni che occupano il lato verso il fiume. Ha però un gran bel palazzetto dello sport, il suo nome è Agganis Arena e può contenere 8000 posti ma, in questo limpido ma freddo pomeriggio invernale, è occupata dalla Leggende del Tennis: vecchie cariatidi come John McEnroe, Steffi Graf e Jim Connors che mostrano a tifosi nostalgici come si gioca un tennis assai romantico anche con l’artrite alle ginocchia. Di fronte a cotanti stelle la nostra partita di college basket è stata spostata al Case Gynnasium in Babbock street. Seguendo le indicazioni arriviamo ma troviamo la Walter Brown Arena, una struttura quadrata ed anonima.

Entriamo perplessi.

DJ Rivera contro Duke

DJ Rivera contro Duke

La suddetta arena ospita gli allenamenti della squadra di hockey su ghiaccio, di gran lunga il team più importante per BU, nessun segno di canestri e parquet. Chiediamo informazioni e ci dicono di salire su una scala. Eggià  perché il Case Gym è soprannominato The Roof ma non pensavamo che fosse un nick name così letterale: si trova proprio sul tetto della W.Brown Arena. Sulle scale troviamo i Terriers locali parcheggiati in attesa del riconoscimento degli arbitri, siamo anni luce dalle squadre di Division I super professionali, parliamo di America East Conference, ed aperta la porta ci troviamo in un atrio che porta alla palestra. Palestra, non palazzetto, molto più vicina ad una dimensione da High School, senza tribune dietro ai canestri e con almeno 30 gradi centigradi al suo interno mentre all’aperto veleggiamo sui -10°. Ci sono però le cheerleaders ed anche la Student Section: in totale una ventina studenti colorati in bianco rosso e con una gran voglia di divertirsi. Oltre a loro ci saranno circa 300 spettatori tanto che le magliette targate Pepsi che le cheerleaders regalano sono praticamente assicurate.

Ci sarebbero anche le squadre. I locali hanno due giocatori di colore di cui uno sembra proprio buono, si chiama John Holland e farà una più che discreta carriera in Francia, mentre gli altri hanno tutti gli stereotipi dei giocatori bianchi: lenti, alti e disciplinati.

Poi ci sono gli avversari, vengono dalla più oscura delle università dell’area di New York, si chiama Binghamton, si trova a Vestal sul fiume Susquehanna nel nord dello stato al confine con la Pennsylvania ed il posto non è nemmeno brutto, anzi, ma fra i boschi il divertimento non regna ed è sulla strada che porta alla più nobile Syracuse che dista un’ora di macchina.

i Bearcats

i Bearcats

Questi Bearcats sono particolari, lo vedi dai loro sguardi. Sono un’accozzaglia di giocatori neri strappati in qualche modo ai ghetti, in mezzo a loro spicca il nostro immediato idolo. Si chiama Jaan Montgomery, viene dal Canada, è alto 2-10, pesa almeno 130 chili e viaggia alla media di 0.7 punti a partita. Unico bianco e pure spicca per bene. Il nostro boscaiolo peraltro la palla non la riceve mai. In primis il suo coach lo usa da defensive end  e lo inserisce solo per i possessi difensivi levandolo dal campo il più presto possibile se deve anche andare in attacco, negli ultimi dieci minuti di una gara tirata il Grande Jaan passa dal campo al cubo dei cambi in una esilarante girandola. E comunque la palla non gli arriva perché è monopolizzata da quei due: DJ Rivera ed Emmanuel Tiki Mayben.

DJ, con le sue treccine alla Iverson, è un realizzatore naturale, un’ala-guardia mancina in grado di segnare in ogni modo, un vero selvaggio ma è Tiki il vero talento: un play di 1.88 che trasuda istinti per il basket.

Coach Kevin Brodhaus, ex assistant coach a Georgetwon, ha portato questi ragazzi via dai ghetti della città ed hanno il talento per diventare giocatori professionistici: Tiki, che fa parte della famiglia dei monobrow, era una stellina alla Troy HS. Reclutato inizialmente e poi lasciato perdere da Syracuse era stato poi reclutato e cacciato da UMass, arriva a BU dopo un anno di Junior College mentre DJ arriva da Phila ed è Portoricano.

i Bearcats 2008-09 con Big Jaan in mezzo

i Bearcats 2008-09

E lo Zoo, la folle student section, li ama. Con un basket di strada fatto di velocità ed aggressività Binghamton non solo espugna Boston 60-59 ma vince pure la America East ed il suo Torneo battendo UMBC in finale andando così per la prima volta nella sua storia al Torneo NCAA dove al primo turno viene battuta da Duke 86-62. Brodhaus viene nominato coach dell’anno dell’American East.

Ma pochi mesi dopo, nell’autunno scoppia il bubbone. Lo stato di New York investiga e scopre che gli standard di ammissione al college erano stati notevolmente abbassati per permettere a Brodhaus di portare a BU giocatori in grado di giocare a basket ma non di aprire un libro. Brodhaus viene licenziato assieme ai suoi due assistenti e sei giocatori, compresi Tiki e Dj che passano pro, vengono cacciati dal college.

Giocatori che in campo avevano fatto grandi cose ma che si erano distinti, fuori dal campo, nelle seguenti imprese:  Malik Alvin arrestato per aver rubato dei profilattici al Walmart e nel parapiglia al momento dell’arresto colpiva e stendeva una 66enne commessa, c’era anche un altro bianco oltre al mitico Montogomery ma l’ala serba Miladin Kovacevic aveva ridotto in coma pochi mesi prima uno studente in una rissa per poi scappare in Serbia con l’aiuto di due diplomatici serbi e ben guardarsi dal ritornare negli USA nonostante la richiesta di estradizione sino a quando il governo serbo ha pagato 900.000 dollari alla vittima per chiudere il contenzioso, nel mentre si moltiplicavano le denunce di uso di alcool e marijuana da parte dei giocatori, gran parte dei giocatori.

Il top però è lui: Tiki.

Tiki Mayben

Tiki Mayben

Il 23 settembre viene arrestato dalla polizia mentre cerca di vendere del crack e si scopre che col compagno di squadra Fine vendeva droga agli studenti all’università oltre a rubare carte di credito.

Il programma di Binghamton ne esce devastato e Brodhaus cacciato con ignominia.

Eppure lo stesso coach denuncia il SUNY e Binghamton per discriminazioni razziali presso il New York State Division of Human Rights affermando di esser stato trattato così duramente essendo l’unico allenatore di colore dell’intera università dicendosi pronto ad andare alla corte federale. Vince la causa e viene reinserito al suo posto di lavoro ma poche ore dopo si dimette in cambio di un pagamento di 1.2 milioni di dollari di buonuscita lasciando cadere le sue denunce contro lo Stato di New York ed il suo ateneo.

Ma il nostro Tiki? Dopo aver condotto i Bearcats alla gloria ed alla rovina nel suo unico anno a Binghamton si prende, nel maggio del 2010, cinque anni di libertà condizionata e riparte a giocare nella IBL negli Schenectady Legends di Albany per la lussuosa paga di 100 $ a gara sognando una carriera in Europa per avere una nuova opportunità. Che forse non arriverà mai con questi precedenti.

Si tratta dello stesso Mayben che all’inizio del suo anno da freshman a UMass dichiarava “I’m here with the opportunity to tear the nation up real quick and get out of here in one year or two years, (Making the NBA) is my main goal. I plan on getting my diploma, but I’m not going to lie – getting my diploma is second. An early exit is not too far from my mind because I have to do what I have to do to take care of my family.” ovvero “Sono qui per farmi conoscere alla nazione ed uscire rapidamente dal college in un anno o due, andare nella NBA è il mio obiettivo. Voglio prendere un diploma (mai preso… in realtà) ma non voglio mentire, è un obiettivo secondario. Un’uscita prematura dal college non è troppo lontana nella mia mente perchè devo fare quello che è giusto per me e la mia famiglia

Quel pomeriggio sul Tetto abbiamo visto in azione una delle squadra più pazze di ogni epoca a livello di college ed onestamente ce ne eravamo accorti…

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