nba_a_haywood_b1_600Spencer Haywood nasce il 22 Aprile del 1949, nel giorno del compleanno del padre, a Silver City nel Mississippi, una cittadina dove tutto ma proprio tutto gira attorno all’industria del cotone e dove era normale trovare famiglie numerosissime e per la cronaca il piccolo Weedie, così lo chiamavano in casa, cresce assieme a dieci fratelli. E con uno dei suoi fratelli Spencer trova un lavoretto da bambino al Humphreys County Golf dove pota le siepi oltre a giocare illegalmente, lui bimbo nero, a golf e si appassiona talmente tanto da fregare qualche mazza e creare coi fratelli un tre buche nel campo di vacche vicino a casa dove si divertono un mondo.

Al bambino poi piace anche il baseball, un must nel Sud, e scopre pure il basket ma i fratelli non si possono permettere un pallone così la mamma cuce degli stracci riempendoli di cotone in modo da creare un rudimentale pallone con cui possono giocare sia pur con dei notevoli problemi nel farlo palleggiare, un giorno poi Spencer trova fra la immondizia un pallone bucato, gettato via da qualche famiglia benestante, e lo porta a casa dove mamma gli appone una toppa: il primo pallone da basket è conquistato ed il basket conquista definitivamente il bambino quando alle scuole elementari conosce finalmente le gioie di una palestra indoor regolamentare dopo aver sin lì giocato sulla polverosa terra del Mississippi.

Peraltro il ragazzo alle medie cresce all’improvviso una ventina di centimetri in una sola estate risultando così goffo e scoordinato da essere perennemente relegato sulla panchina della squadra: in trasferta non lo portano nemmeno ed in casa è l’unico a giocare col la divisa rosso-oro, invece che quella casalinga, poiché non vi sono abbastanza divise bianche.

ABA Playoffs Stars Rockets 1970Un giorno però il centro titolare è malato ed il coach, non avendo alternative, spedisce in quintetto base quel ragazzone dinoccolato. Haywood è talmente emozionato che appena riceve palla si alza e segna i suoi primi punti in carriera… nel proprio canestro.

Mentre tutta la palestra ride dandogli dello stupido.

Ma il ragazzo non si abbatte, anzi si scioglie, e da quel campo non esce più portando la sua squadra alle finali statali e diventando in breve tempo uno dei migliori prospetti delle high school tanto che Will Robinson, coach della Pershing HS di Detroit convince la famiglia a trasferirsi in città per vincere lo state championship del Michigan. Robinson che sarà poi il primo head coach di colore di Division I a Illinois State ci aveva visto giusto ed Haywood forma con Doug Collins una coppia dal talento clamoroso.

Arriva il momento di scegliere l’università ed Haywood firma per Tennessee ma le cose non vanno a livello accademico e così deve deviare su un junior college dove ha un impatto clamoroso al Trinidad State Junior College dove da freshman viaggia a 28.2 punti e 22.1 rimbalzi a partita, tanto da essere chiamato a rappresentare gli Stati Uniti alle Olimpiadi di Città del Messico “Dovevo essere il salvatore della Patria contro i Russi comunisti bastardi” ricorda Haywood “che volevano strapparci la medaglia d’oro” e ci riesce risultando il top scorer degli USA con 16 di media e battendo la Jugoslavia di Cosic e Korac in finale 65-50.

Sistemati i suoi voti allora passa a Detroit-Mercy in Division I dove nella sua stagione da sophomore segna 32.1 punti con 21.5 rimbalzi. Dopo l’estate non torna però al college e con una decisione clamorosa per quei tempi lascia il college in anticipo per andare a giocare nella ABA, la lega “nemica” della NBA, nei Denver Rockets, prototipi degli attuali Nuggetts, dove ha un impatto clamoroso con 30 punti e 19 rimbalzi di media risultando contemporaneamente Rookie dell’anno ed MVP della lega.

haywoodDopo un solo anno “ma mi divertivo giocare nella ABA, amavo il loro pallore tricolore” passa nella NBA a Seattle con un contratto di sei anni a 1,5 milioni di dollari con l’owner dei Sonics Sam Schulman che sfida le regole della NBA che non permettevano agli underclassmen di giocare nella lega aprendo un contenzioso legale. Capita così che Haywood gioca o non gioca a seconda della decisione dei vari tribunali locali, in un caso gli viene addirittura proibito di entrare nell’arena, sino a quando il caso giunge alla corte federale dove Haywood ed i Sonics vincono la causa per 7 voti a 2 aprendo di fatto la NBA ai giocatori che lasciano precocemente le università, regola che tutt’ora influisce e non poco la NBA moderna.

Nel suo primo anno Haywood di fatto gioca solo 33 partite segnando però oltre 20 punti con 12 rimbalzi di media e nelle sue cinque stagioni a Seattle diventa una delle migliori ali piccole della lega viaggiando praticamente sempre, eccezion fatta per la stagione per la sua ultima stagione coi Sonics, in doppia doppia di media.

haywoodimanNel 1975 Seattle lo manda a New York in cambio di due milioni di dollari ed Eugene Short e nella Big Apple la sua vita, oramai da star, cambia radicalmente. Con 500.000$ è il giocatore più pagato della lega ed incontra Iman, una splendida modella di origine somala, che attualmente è moglie di un certo David Bowie, e si innamora. Iman resta incinta e si sposano nel 1978 per non far perdere la green card alla modella che rischia l’espulsione in Somalia. Con lei Haywood comincia a frequentare la New York mondana arricchendosi culturalmente, visitando mostre, andando a teatro, frequentando artisti ma il piccolo Weedie, ormai cresciuto e famoso, deve allora affrontare infine il suo demone: la cocaina.

La cocaina è veloce, demoniaca… dopo che la provi la prima volta vuoi farlo una seconda volta e quando lo fai la seconda volta poi vuoi farlo una terza…”

Nel 1978 i Knicks, notando il decadimento delle sue prestazioni, lo spediscono negli New Orleans Jazz dove gioca con Pete Maravich, ma dopo una sola stagione viene scambiato ai Lakers per Adrian Dantley. Potrebbe essere la miglior cosa della sua vita, si ritrova in squadra con Kareem Abdul Jabbar, con un giovane play chiamato Magic, con Norm Nixon, Jamaal Wilkes ed un coach come Jack McKinney ma Haywood è dominato dal suo demone che lo porta in paranoia tanto che Spencer non fa che ascoltare The Doors “This is the End, my friend…” le cose non vanno bene e per la prima volta in carriera viaggia sotto i dieci punti di media con soli 4.6 rimbalzi a partita.

Coach McKinney poi ha un brutto incidente in bicicletta in cui quasi resta ucciso e viene sostituito dal suo vice Paul Westhead. Giunti ai play off già dopo gara 1 sotto effetto degli stupefacenti Haywood si addormenta durante un allenamento e dopo gara 3 delle Finali NBA litiga con due compagni ed in particolare Kareem Abdul-Jabbar chiede la sua testa su di un piatto d’argento cosicché Westhead decide di sospenderlo dalla squadra. Quella stessa sera Haywood guida la sua Rolls per le strade di LA, sotto gli effetti della droga e della sua paranoia, con un solo pensiero: “Paul Westhead deve morire…” chiama un suo amico di Detroit, un gangster di nome Gregory, e gli chiede se può fare un lavoro per lui. Il mattino dopo Gregory arriva con un suo socio e fra una striscia di coca ed un’altra striscia progettano il loro piano. Sanno che Westhead vive a Palos Verdes e girano per il quartiere per trovare la sua casa, il piano è, nella loro mente offuscata della droga, ora chiaro: devono manomettere i freni dell’auto del coach.

Ecco immaginatevi due neri ingioiellati ed armati che girano su una Rolls Royce in un quartiere bene di Los Angeles sul finire degli anni ’70. Vi siete fatti un’idea?

Tornati a casa, dopo la spedizione esplorativa come in un film di Tarantino, assumono altra coca quando arriva una telefonata. La mamma di Weedie dall’altro capo del telefono esordisce con il classico “Cosa combini figliuolo?” e nella sua mente in piena paranoia Haywood si convince che sua madre sa tutto… conosce il suo piano… spaventato, o forse rinsavito, decide di mandare tutto all’aria e rimanda l’amico Greg a Detroit.

Mentre accade tutto questo delirio alla Pulp Fiction invece Jerry Buss ed i Lakers sono decisamente preoccupati per la salute del loro giocatore ed il proprietario lo convoca nel suo ufficio. Le cose sono serie e per non perdere i diritti dei Lakers sul giocatore Buss consiglia di andare a giocare in Italia, lontano dagli States e dagli spacciatori, a ripulirsi… Haywood così firma per le Carrera Venezia.423px-Spencer_Haywood_-_Carrera_Venezia

Arrabbiato. Anzi furioso. Sentendosi tradito dai compagni e dagli allenatori Haywood arriva all’aeroporto di Venezia, dopo tre scali, senza aver nessuna idea di dove fosse e di che cosa diavolo dovesse fare. Non lo sapeva ancora ma l’amore dei tifosi italiani gli salveranno la vita…

E così un alieno atterra in laguna a portare una pallacanestro di un livello inaudito in serie A.

Haywood in realtà vive la sua esperienza veneziana a modo suo… da vera stella pretende una casa sul Canal Grande e la gondola privata…gli danno un appartamento in un palazzo del settecento ma si lamenta che le campane lo svegliano.

A Venezia, dove ci sono più chiese che case.

Ricorda Ciccio Della Fiori suo compagno di squadra “alla prima partita di campionato a Chieti, palazzetto Coni con 700 persone dopo 20 minuti di riscaldamento mi si avvicina e mi chiede -ok Ciccio il riscaldamento è stato fatto ma quando ci spostiamo nel palazzetto dove giochiamo?- Alla risposta che avremmo giocato li non voleva credere…” ma in campo è devastante, in Italia è totalmente immarcabile ed con Drazen Dalipagic forma probabilmente la coppia di stranieri più forte mai vista in Italia.

Con noi giovani e coi compagni si è sempre comportato bene ed era un professionista esemplare” Luca Silvestrin, allora giovane talento della Reyer, se lo ricorda bene “ma aveva qualche problema coi sovietici, quando andammo a giocare in Unione Sovietica lo tennero parecchio tempo in uno stanzino con la scusa del passaporto e quando ci raggiunse era talmente terrorizzato che restò tutto il tempo chiuso in hotel! Oppure quando tornammo da una trasferta in Jugoslavia in pullman era scomodo e dormì per terra sul corridoio dopo aver protestato a modo suo per la scomodità del mezzo…” 

La coppia Praja-Haywood porta però la Reyer fino alla finale di Coppa Korac, persa in modo beffardo contro la Juventut Badalona per 105-104 dopo un tempo supplementare.

Ma l’anno sabbatico e la passione dei tifosi veneziani hanno un effetto catartico su Haywood che rinasce: viaggia a 25 punti di media a partita con 10,5 rimbalzi 2,3 stoppate  ed il 60% da 2 oltre a battere il record, sin lì detenuto da Giacomo Casanova, di giovani donzelle veneziane portate a letto…quando la bella Iman non è in circolazione attraversa il Canal Grande e passa le serate in un night club ben frequentato da pulzelle interessate.

Presto però il suo rapporto con l’altra stella della squadra Dalipagic si fa difficile… parecchio difficile.

Durante una gara Haywood pigramente non se ne torna in difesa, Dalipagic recupera il rimbalzo e Spencer sotto il canestro avversario si sbraccia chiamando la palla… Praja allora gliela passa ma rasoterra e così lentamente che mentre la palla rotola verso l’americano l’arbitro è costretto a chiamare l’infrazione di tre secondi. Haywood non fa una smorfia, consapevole che lo jugoslavo aveva ragione, torna in difesa e riprende a giocare senza dir nulla mentre il pubblica mormora.

In effetti chi ha più problemi fra i due è Dalipagic, probabilmente geloso per i trattamento speciale che era riservato al compagno di squadra tanto che la squadra alla lunga ne risente ed esce nei play off contro Varese. Ma lui pare felice di rinnovare con la Reyer mentre Praja se ne va e torna al Partizan Belgrado.

Io ho visto la redenzione nella mia vita. Attraverso i Lakers, attraverso Jerry Buss… Dio è intervenuto e mi ha mandato in Italia per ritrovare la mia sanità mentale. L’Italia è la miglior cosa che mi è mai capitata” ricorda ancor oggi Haywood.

Sul più bello abbandona all’improvviso la Reyer, di notte prende un aereo e fugge in America dopo poche partite della sua seconda stagione in laguna, coi compagni che il mattino seguente straniti si dicono l’un l’altro “Spencer xe sparìo…” lui invece torna negli States, ripulito e rinvigorito, ma non ai Lakers bensì a Washington per indossare la maglia dei Bulletts, non è più il giocatore ammirato a Seattle e New York, il fisico è minato da anni di vizi, ma Haywood è un uomo rinato ed è ancora capace di momenti di onnipotenza sotto la guida di Gene Shue, inoltre la capitale è ideale per lui perché può fare la spola con NYC dove sua moglie, ormai una supermodel, vive e lavora con la figlia ma a metà della sua seconda stagione coi Bulletts Iman mentre va in taxi ad un appuntamento di lavoro ha un grave incidente e rimane sfigurata con numerose fratture al suo splendido volto. Spencer decide di starle vicino ed abbandona la squadra indisponendo il management che non lo rivuole in squadra quando Haywood si propone per tornare nei play off. La sua carriera NBA finisce così.

con Iman

con Iman

Viene chiamato dal suo ex coach di high school Will Robinson che è diventato l’head scout dei Detroit Pistons, Haywood si presenta convinto di giocare ma gli propone invece un lavoro come broadcaster che sdegnato rifiuta, Spencer ci resta male e non vuole più nemmeno vedere una partita di basket. Rifiuta tutti gli inviti dei Pistons a presenziare ad una gara, divorzia da Iman ed ottiene la custodia della figlia di otto anni, intanto gioca a tennis… e diventa pure bravo vincendo molti tornei amatoriali.

Si risposa con Linda nel 1990 e poco dopo ha la prima delle sue tre

Oggi con la medaglia olimpica

Oggi con la medaglia olimpica

figlie con la seconda moglie, intanto continua a sentirsi tradito dal basket e continua a ripetere alle sue bambine “Qualunque sport volete fare non giocate però a basket…” sino a quando le figlie gli rispondono “Va bene papà ma a noi il basket piace molto…” zittendolo. Weedie le guarda e si mette a ridere con loro… anni dopo il suo ritiro capisce allora che è giunta l’ora di dimenticare le rivalse ed accettare la sua storia travagliata.

Oggi Spencer Haywood vive a Las Vegas dove gestisce un’attività di piastrellista chiamata Haywood Group LLC e nel 2007 i Seattle SuperSonics hanno ritirato la sua maglia numero 24 mentre per due volte è stato inserito fra i candidati alla Hall of Fame senza esser riuscito ad entrarvi, ma è solo questione di tempo.