Landover, Maryland 15 Marzo 1997muresan6002

Appena usciti dalla zona urbana di Washington il nostro metrò si tramuta in un treno leggero di pendolari e quando scendiamo alla stazione di Landover capiamo che l’economica idea della metro non è stata una buona idea. La squadra della capitale si chiama ancora Bullets, nick azzeccato per la città che nel ’97 vanta il maggiore numero di omicidi per diem negli States, e non giocano nel comodo e centrale Verizon Center, bel lontano dall’essere solo concepito, ma alla US Airlines Arena (o Capital Centre che dir si voglia) in piena periferia. La stazione ci accoglie con un cartello che ci invita a camminare lungo una sottile linea gialla dove si resta a favore di telecamere, uscirne è a nostro rischio e pericolo. Scaraventati in un clima da Guerrieri della Notte, ed in pieno pomeriggio, usciamo e capiamo che la pessima idea è invece un tragico errore, siamo negli anni 90, internet è ai suoi esordi e non esiste Google Maps né tanto meno Street View, il palasport è ben lontano, dopo lo stadio dei Redskins ovvero il Jack Kent Cooke Stadium, e la gelida mano della paura ci invita a non incamminarci a piedi come era in programma. Per puro miracolo all’uscita della stazione c’è un tassista che pare sorpreso di vedere due bianchi europei da quelle parti, in cinque minuti ci porta all’Arena e ci invita a tornare a casa dopo la partita in taxi, consiglio che terremo ben a mente non essendo interessati a vivere la Landover Metro Station al buio.

muresanSiamo giunti sin qui in missione. La nostra prima partita NBA dal vivo. I Bullets dei due ex Fab Five Chris Webber e Juwan Howard contro gli Utah Jazz dei mitici Karl Malone e John Stockton. Mentre C-Webb dopo aver illuminato come solo lui sa fare la gara ci darà il dispiacere di farsi espellere stupidamente dopo 13 minuti Malone invece ci impressiona mostrandoci perché, e dal vivo fa un altro effetto rispetto alla televisione, è immarcabile col suo fisico da Muscle Car abbinato ad una velocità sorprendente ed a mani dolcissime mentre John Stockton, con quel fisico da ragiunatt ed il cervello da astrofisico, lo imbecca a dovere in transizione.

Ma mentre i minuti passano la nostra passione per il freak ci porta ad un altro duello: il centro rumeno di  2.31 Gheorghe Muresan contro il taglialegna texano di 2.18 Greg Ostertag. Scontro fra giganti. Da far tremare i pilastri della terra. Il gigante di Tritenii de Jos, paesello povero ed agricolo dalle case tristi e con i tetti in disordine della regione di Cluj, è virtualmente immarcabile. Se prende posizione vicino a canestro nessuno può impedirgli di fare canestro avendo pure mani educate cosicché il modo migliore per disinnescarlo è costringerlo a correre essendo di gran lungo uno dei plantigradi più lenti mai calati su un parquet NBA, persino commovente quando con impegno prova a coprire il campo strascicando le sue ginocchia valghe ed i suoi piedoni a papera sul legno. Piccolo problema: il centro di Utah è solo leggermente più veloce ed il cambio, il glorioso ex Olimpia Antoine Carr ha 36 anni ma ha la forma fisica di un cinquantenne, sia pure con mani da pianista. I primi minuti sono da leggenda poi coach Sloan si scoccia e decide di abbassare il quintetto con Adam Keefe e Greg Foster. Il nostro Muresan soffre e sbuffa come un vecchio treno a vapore ma, quando il suo folle play Hot Rod Strickland si ricorda di aspettarlo, è una sentenza. Chiude a 16 punti con 8-11 dal campo in 33 sudatissimi minuti mentre i rimbalzi sono solo 6 visto che con la sua mobilità laterale li prende solo se arrivano precisamente sopra la sua testa e non a caso non è mai andato in doppia cifra di media a rimbalzo nella sua carriera da pro.

muresan300e2Vince Utah, decisamente più forte e più squadra con un Karl Malone da 32 punti, ma mentre, rigorosamente in taxi, torniamo al nostro appartamento a Georgetown, abbiamo nel cuore e nella testa Muresan che buffo e sbuffante arriva in attacco, si pianta in post basso come una quercia ed alza la manona a chiamare palla ad altezze inarrivabili per chiunque. Non lo sappiamo ancora ma sarà la sua ultima vera stagione NBA, gli infortuni ai piedi ed alla schiena, una sciagura troppo comune per questi giocatori sopra i 2.20, lo fermeranno definitivamente quattro anni dopo in Francia al Pau Orthez da dove era partita la sua carriera, nove anni prima, per poi approdare nella NBA.

Ora il gigante buono ha fondato la Giant Basketball Academy e dopo qualche apparizione in film come “My Giant” con Billy Crystal ha vissuto per qualche anno a Franklin Lakes nel New Jersey. Una cittadina per persone speciali. Non ci credete? Ecco una lista di alcuni dei concittadini di Muresan: per restare nel basket vivono (o hanno vissuto) qui John Calipari, Derrick Coleman, Dan ed Ernie Grunfeld, Bernard King e Keith Van Horn oltre a numerosi giocatori della MLB e della NFL (e ci visse pure Michael Jackson…) non male ma per stare vicino ai suoi Wizards si è poi trasferito alla periferia di Washington dove continua a tenere camp in Virginia ed in Romania.

Ed a chi gli chiede quale era il suo segreto Big Ghiţă se ne esce con una sentenza epica: “Ero sposato e non correvo dietro alle ragazze. Correre dietro alla ragazze ti stanca troppo. Ho visto troppi giocatori stancarsi troppo dopo aver passato la notte correndo dietro alle donne

Ecco una delle sue migliori prestazioni nella NBA contro i Chicago Bulls di Jordan

 

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Potete ascoltare l’incipit dell’articolo, letto dall’autore, su Tripla Doppia in onda il martedi sera su BM Radio dalle 21.00