Il Prof. Maurizio Mondoni

Premessa

 

Non voglio più vedere genitori in tribuna che insultano gli arbitri e i giocatori avversari (esempi di razzismo a Como in un campionato giovanile femminile o a Pavia in un campionato regionale di C2 maschile), non voglio più vedere risultati di una partita di basket maschile under 13 che termina con il punteggio di 256 a 5, oppure assistere a partite nelle quali i genitori insultano i Miniarbitri (basket giovanile CSI).

E’ ora di finirla!

Il mondo dei giovani cambia velocemente e spesso, per noi adulti diventa difficile capire, adattarsi e agire di conseguenza.

Anche il basket e lo sport in genere sono coinvolti in questi cambiamenti del modo di essere e agire dei giovani: far finta di niente sarebbe un grave errore, ma l’errore più grave sarebbe pensare sempre ai “nostri tempi”.

Quest’affermazione invita tutti a riflettere e ad agire in un’ottica di sport vero, pulito, veicolo di valori, cultura e non solo di risultati e d’agonismo esasperato.

 

° Spirito e pratica del “fair play” sono forse reminiscenze di una mitica “età dell’oro” dello sport, vissuta, se mai esistita, da una classe di privilegiati anglosassoni?

 

° Spirito e pratica del fair play sono forse graffiti di una stagione travolta da un epocale mutamento dei valori nella società cosiddetta avanzata?

 

° Oppure spirito e pratica del fair-play sono atteggiamenti e gesti di lealtà, di rispetto e di onore per l’avversario, di osservanza delle regole scritte e non scritte della competizione?

 

° Oppure il “buon esempio nello sport” dobbiamo accreditarlo ad una sparuta specie di discepoli di un romanticismo sportivo, attardato ai margini dei clamori e degli spettacoli imperanti?

 

Lo sport assume un’importanza strategica nella formazione della persona e dei suoi valori, dal momento che il primo contatto con esso avviene in età infantile o adolescenziale.

Lo sport ha delle regole ed è fondamentale che siano etiche ed apprese nel modo migliore; in questo senso, l’educazione sportiva diventa uno strumento di educazione civica.

 

I 10 comandamenti dello sport

 

1)           Rispettare se stessi

2)         Rispettare le regole del gioco

3)         Rispettare i compagni di gara

4)         Rispettare l’allenatore

5)         Rispettare gli avversari

6)         Concorrere ad un’obiettivo comune

7)         Formare uno spirito di squadra

8)         Non accettare comportamenti scorretti

9)         Non imbrogliare

10)      Non fare e non farsi violenza

 

Moltissimi sono gli esempi che si verificano tutti i giorni nei campi di gioco, nelle palestre, nelle manifestazioni sportive.

 

Il buon esempio nella pallacanestro e nello sport esiste, basta farlo conoscere e tutti attraverso i mass media. Purtroppo i giornali e le televisioni ci propongono spesso altri esempi negativi (gli insulti e le parolacce del pubblico verso gli arbitri e i giocatori della squadra avversaria, i fischi verso i giocatori della squadra di casa se non gioca bene). I giovani guardano la televisione, leggono i giornali e gli esempi sopra citati li colpiscono e rimangono nella loro memoria mentre pensano “se il mio idolo si comporta in questo modo, lo posso fare anch’io”. Per evitare questo grave pericolo, ci vuole una forte campagna di educazione per determinare un superiore convincimento, verso gli addetti ai lavori (giocatori, dirigenti, allenatori, arbitri), che impedisca una crescente diffusione di queste poco corrette abitudini.

 

La F.I.P. e il Panathlon International si battono da anni per portare avanti questi concetti e ben vengano convegni, congressi, tavole rotonde e seminari che siano testimonianze efficaci per fare in modo che il “buon esempio” ritorni in famiglia, a scuola, nelle società sportive e nei campi sportivi. Ne abbiamo bisogno!

La cultura sportiva, il fair-play e il buon esempio non nascono da soli, devono essere educati e sviluppati da persone con buon senso, competenti ed equilibrate.

Confrontarsi con il successo o l’insuccesso, inevitabili nello sport così come nella vita comune, è difficile, ma può diventare più semplice se si impara a farlo da piccoli, attraverso il gioco e lo sport.

Lo sport deve insegnare a vincere e a perdere e perdere e migliorarsi è come aver vinto!

Riconoscere che l’altro è più forte, non significa abbassare il proprio livello di autostima.

 

Prof. Maurizio Mondoni

 

Seguirà la seconda ed ultima parte di prossima pubblicazione.