Il Prof. Maurizio Mondoni

Con la terza ed ultima parte, DailyBasket porta a conclusione la pubblicazione del Clinic tenuto dal Prof. Maurizio Mondoni dal tema:

“Criteri tecnico-didattici per

l’avviamento dei giovani agli sport

di squadra ed in particolare al basket”

 

L’Istruttore

 

“Occorre insegnare non pensieri, ma a pensare” (E. Kant)

 

L’Istruttore per insegnare in modo corretto deve conoscere ciò che insegna, a chi insegna e che metodi d’insegnamento utilizza, deve programmare e periodizzare e, per attuare una corretta programmazione di lavoro, deve conoscere:

 

– la situazione iniziale da cui si parte;

– l’obiettivo finale che si persegue;

– il processo di insegnamento.

 

Metodologia di insegnamento dei giochi di squadra

 

Le operazioni di comprensione e di esecuzione di un gioco sono strettamente legate: per imparare un gioco bisogna prima giocarlo, capirlo e successivamente  perfezionarlo.

Il metodo di insegnamento è di tipo misto (globale, analitico, globale). Si parte da un gioco-base, si osserva il comportamento dei soggetti, si lavora analiticamente su ciò che non sono in grado di eseguire correttamente ed infine si ritorna al gioco-base verificando se ciò che è stato insegnato ha portato dei miglioramenti.

Con i bambini

 

Con i bambini bisogna dare priorità al gioco rispetto all’esercizio, perché il gioco costituisce il mezzo che il bambino possiede per spingere se stesso allo sviluppo e alla crescita, indipendentemente dagli stimoli esterni. Ciò che guida il bambino nel gioco è il compito da realizzare.

Egli cerca di risolvere continuamente le situazioni-problema che incontra, le sue risposte devono essere personali e non quelle proposte o imposte dall’adulto.

Il bambino che gioca deve andare incontro a nuove difficoltà che lo sottopongano a una riflessione costante: è un bambino che sperimenta, che scopre e riafferma le sue possibilità: si forma e apprende giocando. L’Istruttore deve rispettare le incapacità dei bambini, ma nello stesso tempo deve essere esigente rispetto alle loro possibilità.

Ai bambini non si devono proporre schemi di gioco rigidi, ma idee di gioco libere; così facendo si migliora la creatività, la fantasia motoria e la capacità di adattamento e di trasformazione dei gesti e dei movimenti.

 

Dal gioco al gioco-sport e allo sport

 

Dal gioco al gioco-sport il passo è breve, così pure il passaggio dal gioco-sport allo sport vero e proprio: il bambino per diventare adulto, deve prima giocare allo sport e poi praticarlo!

L’attività praticata dai bambini deve essere sempre il punto di partenza, è inutile che eseguano esercizi tecnici prima di aver imparato a giocare.

Il tempo dedicato all’apprendimento dipende dalle difficoltà sorte durante il gioco; determinati tipi di apprendimenti (tiri, passaggi) devono essere utilizzati dal momento in cui il bambino ne senta la necessità e non prima.

Affinché il bambino continui a progredire e migliorare deve mantenere sempre un livello minimo di motivazione, egli deve sempre conoscere i risultati delle sue prestazioni ed essere gratificato e l’apprendimento migliorerà grazie alle soddisfazioni e alle gratificazioni ricevute.

Se questo percorso è stato vissuto “bene” dal bambino, egli accetterà poi le fasi dell’analisi e della correzione dei suoi gesti per migliorare la prestazione: istruire-educando.

Con i giovani

 

L’aumento continuo della “maestria” dei giocatori e delle squadre, effetto di una selezione e di una preparazione sempre più rigorosa, determina continui cambiamenti in relazione al gioco.

Cresceranno il numero degli allenamenti e il carico di lavoro, la correzione diventerà più analitica, l’insegnamento delle tecniche più raffinate e delle tattiche sarà svolto in funzione di un progressivo miglioramento della capacità di prestazione (individuale e di squadra).

 

La tecnica sportiva

 

 

La tecnica sportiva è “la coordinazione di movimenti eseguiti in successione e/o combinazione, aventi una precisa finalità”.

E’ lo strumento indispensabile per giocare, l’Istruttore la deve conoscere, deve essere in grado di insegnarla (metodologia dell’insegnamento) in relazione agli atleti a disposizione e si svilupperà con l’apprendimento e l’automatizzazione del movimento.

Uno sport di squadra si basa sull’ideazione e sulla risoluzione di problemi tattici, tramite l’utilizzo delle tecniche, valorizzate dal miglioramento funzionale della prestazione.

Non si può insegnare la tattica se prima non si insegna la tecnica, che non può essere educata e sviluppata se prima non si educano e si sviluppano le capacità motorie individuali dell’atleta: tutto ciò dipende dall’Istruttore (capacità, conoscenze, competenze) e dalla sua abilità nel comunicare (verbalmente, localmente e non verbalmente).

Insegnare un’abilità tecnica

 

Le abilità motorie possono essere definite come “la capacità di ottenere obiettivi di prestazione in un tempo ottimale, con elevata possibilità di riuscita e minimo dispendio energetico a livello fisico e mentale”.

Per l’Istruttore la possibilità di insegnare o modificare un’abilità motoria (tecnica iniziale) di un atleta dipende principalmente da due presupposti:

–         la capacità di apprendimento motorio del soggetto (fasi della coordinazione grezza, fine e disponibilità variabile), correlata al livello di sviluppo della coordinazione;

–         il metodo di insegnamento proposto dall’Istruttore.

 

Nell’insegnamento delle abilità motorie, quali le tecniche sportive, è importante programmare ed attuare le esercitazioni, considerando alcuni  principi didattici:

 

–         le informazioni utili da fornire all’atleta che sta apprendendo affinché possa formarsi un’immagine mentale del gesto da eseguire che gli serva da guida per l’esecuzione (presentazione del compito); con i principianti e con i giovani. Le informazioni verbali devono essere ridotte al minimo, perché i soggetti non sono ancora in grado di associare le istruzioni verbali a quelle cinestesiche. La dimostrazione del gesto (informazione visiva) è molto importante per l’apprendimento e deve essere effettuata in modo corretto;

–         la quantità di esercitazioni: per apprendere è necessario un certo numero di ripetizioni, in relazione alle difficoltà del gesto da apprendere e all’età, all’esperienza, alle motivazioni e alle caratteristiche motorie del soggetto. L’Istruttore deve cercare di massimizzare i tempi di attività, per evitare i tempi morti durante l’allenamento;

–         la variabilità della pratica: l’Istruttore deve cercare di far acquisire all’atleta abilità tecniche flessibili, con molte varianti;

–         l’organizzazione delle attività (per blocchi o random): dopo il lavoro dedicato al gioco globale (gioco-base) e all’osservazione, l’Istruttore può lavorare su di una singola abilità (per blocchi), oppure su più abilità, alternandole (random e pratica seriale). Quando si alterna la pratica su più compiti, si determina una situazione denominata “interferenza contestuale”, che pur creando una situazione immediata di maggiore difficoltà, garantisce nel tempo un apprendimento migliore, più duraturo e maggiormente trasferibile a situazioni simili;

–         il feedback: insieme delle informazioni sensoriali derivanti dal movimento, necessarie per la correzione dell’errore e per la riproduzione del gesto corretto. Il feedback intrinseco è quello che deriva direttamente dalle conseguenze sensoriali dell’azione e che il soggetto può considerare in forma autonoma (percepire il proprio movimento, sentire il contattato con l’attrezzo). Il feedback estrinseco è costituito dalle informazioni fornite al soggetto dall’allenatore; nel fornire questo feedback l’Istruttore può fornire informazioni al conseguimento dell’obiettivo (conoscenza del risultato) oppure alle caratteristiche della prestazione. Il feedback estrinseco è utile all’atleta come guida per la prestazione e l’apprendimento. Un feedback troppo frequente non è vantaggioso nell’apprendimento a lungo termine (anche se determina subito incrementi rapidi nella prestazione), poiché crea dipendenza dall’Istruttore;

–         la correzione dell’errore: è importante identificare subito l’errore principale e le cause relative, per poi correggerlo subito; ciò avviene solamente se l’Istruttore conosce bene ciò che deve insegnare, altrimenti crea brutte abitudini, difficili poi da correggere.

 

In base alle caratteristiche di stabilità e prevedibilità dell’ambiente le abilità motorie possono essere classificate in:

 

–         abilità aperte (open skills): l’ambiente è variabile e difficilmente prevedibile e l’atleta deve reagire prontamente ad eventi mutevoli. Negli sport di squadra la fonte di variabilità maggiore deriva dall’avversario, che con le sue azioni condiziona ampiamente le decisioni e la prestazione;

–         abilità chiuse (closed skills): l’ambiente è stabile e prevedibile e l’atleta ha a disposizione un certo periodo di tempo per prepararsi all’azione. Negli sport di squadra corrispondono a momenti di gioco specifici e limitati (battuta nel volley o tiro libero nel basket)

 

La tecnica è subordinata all’efficacia del movimento (per es. è meglio che un passaggio non perfetto arrivi a segno, piuttosto che sia eseguito in modo ottimale e sia intercettato dall’avversario).

E’ importante presentare durante l’allenamento situazioni reali di gioco, in modo che l’atleta quando disputerà la partita, richiami ciò che ha effettuato durante l’allenamento e lo riproduca subito.

 

Processi decisionali

 

Le informazioni esterne ed interne arrivano al Sistema Nervoso Centrale attraverso gli organi di senso. Gli analizzatori importanti per il movimento sono: visivo, acustico, tattile, cinestesico e vestibolare.

L’identificazione degli stimoli è un processo attivo di ricerca delle informazioni importanti per l’azione (ad es. velocità e direzione della palla che arriva da un passaggio).

All’identificazione degli stimoli seguono i processi decisionali di scelta della risposta e di programmazione della stessa; la selezione della risposta consiste nella scelta del programma motorio adatto per risolvere il compito.

L’analizzatore visivo convoglia l’83% circa delle informazioni esterne e svolge un ruolo fondamentale per il controllo e la coordinazione dei movimenti; quello uditivo convoglia circa il 13%, mentre quello tattile l’1% circa.

Negli sport di squadra l’atleta deve essere in grado di prendere velocemente delle decisioni e il gesto deve essere corretto e preciso: comprendere ed agire.

Le informazioni semantiche (importanti per comprendere), in particolare visive, consentono all’atleta di comprendere il significato della situazione (cosa, dove, quando, quale sarà l’azione dell’avversario, quali sono le sue intenzioni, cosa si deve fare?) e ridurre così l’incertezza dell’evento.

Le informazioni senso-motorie (importanti per agire), permettono all’atleta di rispondere come, e di conseguenza di controllare l’azione e il suo svolgimento. Nei giochi sportivi sono cruciali gli aspetti decisionali che derivano dalle informazioni semantiche, pertanto nell’insegnamento degli sport di situazione andranno privilegiati gli aspetti tattici (giocare per capire il gioco).

Ad esempio nel basket è importante capire prima quale è il canestro da attaccare, quale quello da difendere, cosa si deve fare in attacco e in difesa, con la palla e senza) piuttosto che insegnare subito la tecnica esecutiva di un gesto.

 

Conclusioni

 

 

L’allenamento in età giovanile, specialmente negli sport di squadra, è un allenamento preparatorio allo sport di alto livello, ma non un allenamento di alto livello.

Questo tipo di allenamento preparatorio è necessario e indispensabile e l’importante è non anticipare i tempi per ottenere grandi risultati in età precoce, ma avere pazienza e rispettare i tempi e i ritmi dell’apprendimento.

Non bisogna insegnare ai giovani schemi di gioco rigidi, ma è importante fornire loro idee di gioco flessibili di attacco e di difesa, rispettando la loro creatività e fantasia motoria.

 

 

Prof. Maurizio Mondoni