C’è un legame che unisce gli Smashing Pumpkins e il basket? La risposta è no. E allora perché Billy Corgan scrisse una canzone dal titolo “The tale of dusty and Pistol Pete”? Ah, saperlo…

“I miei figli vi ritengono i migliori e grazie alla vostra musica deprimente hanno smesso finalmente di sognare un futuro che non avrei mai potuto offrirgli”. L’incontro tra Homer Simpson e un Billy Corgan ancora dotato di un fluente (be’, insomma…) cuoio capelluto è immortalato nell’episodio “Homerpalooza”, settima stagione del cartoon creatura di Matt Groening. In quelle parole c’è tutto: in particolare l’interpretazione di quel “No Future” mutuato da Johnny Rotten, vanto della “Generazione X” descritta dai romanzi di Douglas Coupland e Brett Easton Ellis, nonché la cifra stilistica dei testi degli Smashing Pumpkins. Che di quel periodo, parliamo degli anni ’90, furono protagonisti assoluti. “Siamese dream” e il doppio “Mellon Collie and the infinite sadness” possono definirsi dischi epocali, ricchi di canzoni bellissime e struggenti, giustamente premiate da successo e vendite non indifferenti. Musica deprimente? Un giudizio severo, ne converrete, ma se la valutazione si limitasse alle liriche in uscita dalla penna di Corgan, qualcuno se la sentirebbe di smentire il vecchio e saggio Homer? Già, ma gli interrogativi che ci premono sono altri. Il primo: cosa hanno a che vedere gli Smashing Pumpkins con il basket? Di conseguenza: per quale motivo la band di Chicago dovrebbe trovarsi catapultata tra le pagine di Pick and Rock?

L'abum "Adore"

L’abum “Adore”

Risposta al primo quesito: i Pumpkins con la palla a spicchi hanno la stessa relazione di Barbara D’Urso con la televisione di qualità. Però, nel 1998, uscì “Adore”, la cui tracklist comprendeva un pezzo dal titolo “The tale of dusty and Pistol Pete”. Ed ecco la risposta numero due. Che non si trova tra le pieghe di un testo abile a inserirsi tra la storia di due amanti, naturalmente senza speranza nell’avvenire, che si consolano con dolcezze dal seguente tenore: Lascia che la desolazione percorra gli antichi tracciati, fino a te, lontano, sotto nuvole cariche di dolore. Lascia che assaggino l’amaro e il perso mistero di te. Lascia che piangano, attraverso le tue cicatrici arrugginite”.

No, lì in mezzo, non c’è nulla che rimandi pur lontanamente alla nostra disciplina sportiva preferita. Eppure, c’è qualcosa in quel titolo che non dovrebbe sfuggirci. Dice nulla quel “Pistol Pete”? Nient’altro che il moniker di Pete Maravich, uno dei giocatori più divertenti e devastanti a livello offensivo mai apparsi sul globo terraqueo. Maravich uscì dall’Università con la fama di playmaker dalla mano torrida (oltre 44 punti di media nelle sue ultime tre stagioni con la casacca della Louisiana State University, e senza poter usufruire del tiro da tre) per poi approdare in Nba e continuare a spaccare in due il canestro con invidiabile continuità. Peccato che Pistol Pete non abbia mai fatto parte di franchigie di prima fascia, cosa che comunque non gli impedì di entrare, nel 1987, appena un anno prima di un improvviso infarto che lo avrebbe portato via, nella Basketball Hall of Fame.

Pete Maravich con la canotta degli Hawks

Pete Maravich con la canotta degli Hawks

Ricapitolando, cercare un legame tra gli Smashing Pumpkins e Pete Maravich potrebbe rappresentare una forzatura. D’altra parte, certezze in merito non ce ne sono e i dubbi dei fans (basta dare un’occhiata ai forum sparsi in rete) non hanno mai trovato conferme o smentite convincenti. Ma perché usare il nickname di un vecchio, e strafamoso, giocatore di pallacanestro? A noi piace pensare che tra una botta depressiva e l’altra, Billy Corgan abbia voluto considerare Maravich come una sorta di ketamina naturale: mai provato a gustarsi un video (a caso) con protagonista il play nativo di Aliquippa nel corso di una giornata uggiosa? Un vero e proprio toccasana per quando si è giù di morale. Attenzione però a scegliere una musica di sottofondo adatta. E quella degli Smashing Pumpkins, forse, non è tra le migliori…