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Freak Antoni e Nino Pellacani, nei rispettivi ruoli di competenza, amavano il basket. Il brodo invece no, quello andava di traverso a entrambi…

Roberto “Freak” Antoni e Nino Pellacani. Profeta del rock demenziale il primo, nonché guida spirituale dei seminali Skiantos, anima trasgressiva del ’77 bolognese e autore di aforismi scolpiti nella roccia (avete presente il detto “La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo”? Già, è suo). Pivottone roccioso dalla grinta non comune l’altro, oltre che bandiera della Fortitudo Bologna degli anni ’80, alle spalle una vita a sgomitare sotto i tabelloni e uno scudetto vinto a Treviso nel 1992. Due storie apparentemente distanti le loro ma accomunate da una stessa passione: quella per il basket.
Freak era un tifoso della F, secondo alcune fonti in modo sfegatato, secondo altre in maniera compassata. Fatto sta che, nel 2002, prima di uno dei tanti derby con la Virtus, gli Skiantos si trovano fuori dal palasport di Casalecchio di Reno per improvvisare un concerto e il loro leader indossa una t-shirt con la scritta “Odio il brodo” bene in evidenza. Uno slogan farina del sacco del già citato Pellacani, coniato anni prima, non appena il marchio Knorr finisce sulle canotte delle V nere. Un abbinamento che copre gli anni tra il 1988 e il 1993 (per onor di cronaca, la multinazionale tedesca sponsorizzò la Virtus anche tra il 1962 e il 1965), un quinquennio fortunato per la squadra allora guidata del rampante Ettore Messina, succeduto nel 1989 a Bob Hill. In quel lustro, i virtussini chiudono in bacheca due Coppa Italia, una Coppa delle Coppe e il primo di tre scudetti consecutivi. Certo, nulla a che vedere con il Grande Slam del 2001, ma intanto l’altra parte di Bologna rosica non poco.

Freak Antoni adotta la maglietta anti-Virtus già a partire dai tour degli Skiantos di fine anni ’80, alternandola ad altre non meno feroci o grottesche, come “Jovanotti for deficient” o “Sesso orale? Parliamone”. Chi la legge e non è ferrato di palla a spicchi non capisce e si limita a collegamenti arditi con la canzone “Eptadone” (nel cui testo appare il tormentone “le massaie fan la coda per comprare la mia broda”) oppure con la copertina del singolo “Fagioli”. Ma per ascoltare una canzone che richiami esplicitamente Nino Pellacani e le sue tre paroline magiche bisognerà aspettare anni, molti anni.

Il 45 giri "Fagioli"

Il 45 giri “Fagioli”

È il 2009 quando esce “Dio ci deve delle spiegazioni”, quello che rimarrà, purtroppo, l’ultimo album in studio degli Skiantos. La premiata ditta Freak Antoni/Dandy Bestia sfodera un lavoro che richiama le origini della band: il suono è rozzo, grezzo e volgare, inserito tra asperità punk e frequenti puntate hard. La traccia numero nove si intitola “Odio il brodo” e il cerchio si chiude.
https://www.youtube.com/watch?v=0B63shwMeQ8

L'album "Dio ci deve delle spiegazioni"

L’album “Dio ci deve delle spiegazioni”

È un pezzo bello carico che, forte delle sue velleità post-demenziali, si scaglia contro le complicazioni della vita, il lavoro, la depressione e non risparmia frecciate ad altri nemici giurati dell’umanità come l’alito cattivo e la lana ruvida. E il basket? E la Virtus? Li troviamo coinvolti nell’attacco, quando la voce sgraziata di Freak urla la sua rabbia nei confronti del “nodo quando si scioglie, (del)la squadra ricca quando stravince”. Segnale che il testo del brano è stato scritto anni prima, quando le V Nere vincevano davvero e dall’altra parte si collezionavano dieci finali playoff in undici stagioni perdendone otto, con il “tiro da quattro” di Sasha Danilovic simbolo e madre di tutte le sconfitte fortitudine. E soprattutto, quando “Dio ci deve delle spiegazioni” esce nei negozi di dischi, la Fortitudo è all’ultima apparizione in serie A, da parte sua la Virtus vi è rientrata da appena tre stagioni. Già, Basket City, in quel momento, è un pallido ricordo.

Freak Antoni lascia la nostra valle di lacrime lo scorso 12 febbraio. E nella camera ardente allestita a Palazzo d’Accursio di Bologna, a un certo punto spunta una palla a spicchi arricchita dalla firma dei giocatori della Fortitudo. Manca quella di Nino Pellacani, che nel frattempo è diventato uno stimato grafico pubblicitario. Ma è come se fosse stata lì, assieme a tutte le altre.