Sei di Genova e vai fuori di testa per la Reyer. Nulla di strano se ti chiami Matteo Noceti e in tanti ti conoscono come J-Nux.

Sei genovese e vai fuori di testa per la Reyer Venezia. Cosa c’è di strano? Nulla. D’altra parte, se in Liguria i radar hanno perso da un bel po’ di tempo i contatti con la serie A (settore femminile a parte) non è colpa di nessuno. Di certo non si può incolpare chi, da quelle parti – e sono in tanti –, vive da sempre di pane e palla a spicchi. Allora, in casi come questo, il consiglio è di ancorarsi a qualsiasi certezza a portata di mano e di cominciare a guardarsi intorno come bambini curiosi. Mattero Noceti, aka J-Nux, ha imparato la lezione da tempo: lui è di Genova ed è andato fuori di testa per la Reyer. Reo confesso, peraltro.
Però è necessario partire da un presupposto: andar via di melone per la Reyer non è una missione impossibile. È sufficiente fare i conti con una storia ultracentenaria, ricordare i due scudetti vinti tra il 1941 e il 1943 (ce ne sarebbe un terzo, non omologato a causa degli eventi bellici dell’epoca), autentici trampolini di lancio per Sergio Stefanini, una delle stelle più luminose del firmamento cestistico tricolore. E poi in Laguna succedono cose strane. Per dire: Nantas Salvalaggio, quel tale che scrive sul giornale (cfr. Vasco Rossi), prima di affermarsi come scrittore e giornalista indossò la canotta della Reyer degli anni ’50. Ma di nomi da citare ce ne sarebbero ad libitum. Proviamo a buttarne giù qualcuno: Nane Vianello, Steve Hawes, Spencer Haywood. Per non parlare di Lorenzo Carraro (detto per inciso: nativo di La Spezia), Stefano “Steve” Gorghetto, Tonino Zorzi, la premiata ditta Ratko Radovanovic/DrazenPraja” Dalipagic. Un elenco sin troppo parziale, va da sé. E della palestra della Misericordia, l’impianto sportivo più bello del mondo, ne vogliamo parlare? No, meglio fermarsi qui. Anche perché  è arrivato il momento di lasciare spazio a J-Nux e alla sua “Io non ti lascio”.

Il ragazzo ha scritto un pezzo che equivale a una dichiarazione d’amore incondizionato per i colori oro-granata, per una storia ricca di pagine ancora da riempire. Ed è anche un omaggio all’hip hop. “Tifo Reyer perché è classe, tifo Reyer perché è stile”. E sin qui siamo in quota manifesto programmatico. Poi Matteo ingrana la quarta ed evoca il passato: “Dagli scudetti alla Misericordia, tutta la storia mi sono studiato, da quando in panchina sedeva il Paròn, friggiamo i rivali come sarde in saor. Riguardo agli ’80, che il tutto avvalora, con Haywood in campo, in finale di Korac. O quando il Re Praja ne ha messi 70, fino alla firma di un grande Ron Rowan”. Il Paròn è il già menzionato coach Tonino Zorzi, sulla panchina veneziana per quasi tutto il decennio ’70, tornato a più riprese nelle stagioni successive. Gli altri riferimenti: la finale di Coppa Korac del 1981, persa di un soffio, per 105-104, contro la Juventut Badalona dopo un tempo supplementare, Dalipagic che insacca 70 pappine alla Virtus Bologna, Ron Rowan, un altro dalla mano torrida.
Non solo rose e fiori. “Io non ti lascio” non dimentica la crisi di fine anni ’90, un capitolo doloroso: “(Dal) fallimento alla serie C2, ma chi ha questo orgoglio non può mai finire, fallisce soltanto l’invidia che è altrui. Riparti da capo, riparti da zero, riparti e conserva lo spirito fiero della tua gente e la fame che ha, dalle macerie faremo un impero”. Orgoglio a mille (anche se l’Impero è tutto da costruire…), fattore che riporta subito in alto la Reyer. Ed ecco arrivare i protagonisti più recenti: da Brent Darby ad Alvin Young, fino a Szymon Szewczyk. E scusa se continuo – rappa J-Nux – ma voglio solo dirti che non ho intenzione di mollare: io combatto insieme a te, sia nel bene che nel male, non ti lascio e sai perché? Perché sono oro-granata, oro-granata alè-alè”. Una promessa lanciata alla Reyer di oggi, la stessa che scalpita nelle zone alte della classifica di serie A. Hrvoje Peric, Stefano Tonut, Tomas Ress: sono già pronti ad entrare a far parte di in una ipotetica “Non ti lascio 2.0”. Chissà, magari J-Nux è già pronto…

La foto è stata gentilmente concessa da Matteo Noceti