Moe Ager

24 gennaio 2010, Palacio Municipal de Deportes San Pablo, 19° giornata di Liga Acb. Il Cajasol Siviglia di coach Joan Plaza, con in campo Earl Calloway e Dusko Savanovic, è in corsa per un posto ai playoff e sfida la Joventut Badalona. Vittoria piuttosto agevole per gli andalusi, nonostante Maurice Ager sia sempre più un corpo estraneo dalla squadra. 8’ in campo, 2 liberi a bersaglio e nulla più. Il giorno dopo, la guardia americana chiede alla squadra di essere lasciato andare perché vuole tornare in America e chiudere col basket.

Maurice Ager in canotta Mavericks

Maurice Ager in canotta Mavericks

Perché la 28° scelta del draft 2006, a 26 anni ancora da compiere, vorrebbe abbandonare il suo lavoro, la sua passione, il suo amore?

Semplice. La sua amante: la musica.

Diventare un famoso rapper e un cestista di successo sono sogni che il piccolo Moe cova sin da piccolo nella casa natia di Detroit dove mamma Mattie fa le prove con un quartetto doo-wop e i dischi della Motown Records girano all’infinito. Così, giunto ad un punto morto dell’una, perché non tentare l’altra strada?

Anche se la prima tastiera Casio arriva tra le sue mani quando ha appena 5 anni, Maurice non prende la cosa troppo sul serio. Anche perché mentre prova a comporre i suoi primi beat, alla Detroit’s Crockett High School sta già viaggiando a 24 punti, 7 rimbalzi e 4 assist di media. Un atletismo debordante unito ad una mano così calda dalla lunga distanza raramente si erano visti da quelle parti. Tom Izzo, coach degli Spartans, se ne accorge presto e lo vuole a Michigan State per formare una coppia col tritolo nei polpacci insieme ad un tale di nome Shannon Brown.

Lavora come un matto il giovane Ager, ce la mette tutta per sfondare tra i collegiali. E di notte compone, tenendo sveglio fino a tardi il suo compagno di stanza Paul Davis (pivot oggi al Khimki). Sono composizioni hip-hop ancora molto casarecce, anche perché tempo e strumentazioni non ce ne sono, dato che gli Spartans crescono bene e nel 2005, trascinati proprio dalle magnifiche prestazioni del nostro, si spingono fino alle semifinali del torneo Ncaa, dove vengono sbattuti fuori dai futuri campioni di North Carolina.

Maurice Ager e Shannon Brown in canotta Spartans

Maurice Ager e Shannon Brown in canotta Spartans

Lo sbarco tra i pro, come anticipato, arriva l’anno dopo nel draft che incorona re il nostro Andrea Bargnani. Lo chiamano i Mavericks, impressionati da un’annata da senior a 19,3 punti di media in Michigan. Ma in Texas non sfonda, gioca solo 44 partite in una stagione e mezza facendo la spola con la D-League e allora viene spedito ai Nets, dove la musica, è proprio il caso di dirlo, non cambia. In 3 anni nella Lega, 78 partite giocate per 476 minuti e 154 punti in totale. Non esattamente la realizzazione di un sogno.

Moe è sfiduciato, si rifugia nelle amate tastiere e prova la carta dell’Europa. Ma in Spagna, in mezza stagione, non sfonda e allora se ne torna in patria, deciso a virare a 180°: il basket sarà l’hobby, la musica il lavoro. “Ho sentito che era il momento giusto per venirne fuori [dal mondo del basket, ndr] e provare a farlo a tempo pieno – confessa Ager in un’intervista a Espn del settembre 2011 – fare musica è qualcosa che è stato sempre dentro di me. Sento di avere il talento, sto provando a farlo emergere”.

Per un po’, almeno un annetto, in realtà le due vite si sovrappongono. Tornato dalla Spagna, infatti, si lascia convincere dall’ex compagno di stanza Paul Davis a rimettere le scarpette per tornare in campo con i Maine Red Claws in D-League, con i quali conclude la stagione 2009-2010. Ma contemporaneamente compone l’inno ufficiale di Michigan State University, “Forever I’m A Spartan”, che esce nell’agosto 2010 e ancora oggi risuona nel campus di East Lansing:

Il bel finale di stagione nel Maine (15,6 punti a partita) lo galvanizza al punto di ritentare la strada della Nba. I Timberwolves gli danno una chance, ma dopo le prime 4 giornate della stagione 2010-2011, chiuse a 3,8 punti in 7,3 minuti di media, Minnesota lo taglia. È la parola fine sulla sua carriera da pro e il primo “vero” inizio nel mondo della musica.

Moe si trasferisce a Los Angeles ma prendere il giro giusto non è semplice. “Molti pensano che siccome ho giocato a basket allora è tutto facile per me – risponde Ager nella stessa intervista a Espn – ma devi lottare e provare sempre di poter essere un produttore alla moda”. E di questa difficoltà ad emergere parla in “Moe Town”, che tanto nel sound quanto nel gioco di parole del titolo (e nella traccia numero 16 dal titolo “Pistons”) richiama la sua origine detroitiana.

Pian piano la fortuna inizia a sorridere ad Ager. Il suo studio diventa sempre più professionale, le collaborazione con dj e rapper emergenti si arricchiscono e Moe, nel 2013, dà così alle stampe il suo primo album: “Moe Town”, proprio come il singolo di cui sopra, che però non sarà il suo primo successo. Il successo arriva infatti con “Far From Home”, collaborazione con gli artisti LP, J. Peso e G. Curtis che lo porta fino ai Grammy Awards. La traccia, infatti, viene nominata nella sezione “Best Rap Collaboration”, pur non riuscendo a portare a casa la statuetta. 16 anni dopo Shaq e la sua indimenticabile “Big Dog Stomp” un altro giocatore Nba riesce nell’impresa:

Oggi Maurice Ager è un musicista e produttore a tutti gli effetti. Collabora con Dr. Dre e con gran parte della scena hip-hop della West Coast. Ma il basket ce l’ha ancora dentro, anche se a 30 anni pensare ad un ritorno in campo pare ormai follia. È per questo che, lo scorso anno, ha messo in piedi il “Moe Ager Hoop Camp”, un campo estivo dove insegna i fondamentali a giovani e bambini.

Lanciato con un videoclip con i suoi beat, ovviamente!