Il Prof. Maurizio Mondoni

Il Prof. Maurizio Mondoni

Premessa

 

Il bambino, giocando, non si difende mai, attacca, perciò impara la difesa nell’attaccare. Ad esempio, quando è in attacco ed è in possesso di palla, si muove con il corpo, con le gambe, con il busto, con le braccia, con le mani (nello spazio e nel tempo) per proteggerla (palleggio protetto, giro in palleggio, etc.), perché il difensore dell’altra squadra vuole entrarne in possesso.

E’ importante insegnare, a livello di Minibasket (9-10-11 anni), che la difesa nasce dall’attacco.

I concetti principali da inculcare nei bambini di tale età, sono:

 

  • “se sei in possesso di palla cerca di non fartela portare via”
  • “se te la portano via cerca di recuperarla”
  • “se non ci riesci impedisci all’avversario di concludere a canestro facilmente”
  • “se difendi su chi non è in possesso di palla, non fargliela ricevere facilmente”

Metodi

 

In una progressione tecnico-didattica d’insegnamento della difesa nel Minibasket (dai 9 anni in avanti), si parte:

 

–         dal concetto di difesa della palla (palleggio protetto);

–         per passare alla difesa in forma libera (come si vuole);

–         poi a quella frontale (stare davanti all’attaccante, sia che abbia il possesso di palla, sia che non l’abbia ed attaccarlo per metterlo in difficoltà);

–         poi alla difesa davanti alla palla e alla difesa d’anticipo sul giocatore non in possesso di palla (10-11 anni).

 

La strategia della difesa

 

La strategia difensiva (tattica) di un bambino è “l’insieme delle azioni motorie che può utilizzare mentre gioca, quando non è in possesso di palla”. Il bambino “vuole” entrare in possesso della palla, è difficile che “difenda” su chi non è in possesso di palla; spesso va a raddoppiare sul possessore di palla. Le fasi della strategia difensiva sono tre:

 

–         percezione ed analisi della situazione;

–         soluzione mentale del problema;

–         soluzione motoria del problema.

 

L’azione strategica rappresenta, dal punto di vista cibernetico, un sistema che non sceglie solo l’obiettivo migliore tra i vari possibili, ma è capace di autoperfezionarsi nello stesso tempo in cui risolve il problema che gli è stato presentato.

Secondo il linguaggio corrente nella pallacanestro e quindi, nel Minibasket, la difesa inizia con la perdita del possesso della palla:

 

–          per aver realizzato canestro;

–          per aver commesso un’infrazione, una violazione o un fallo;

–          dopo aver tirato a canestro e non aver “catturato” il rimbalzo;

–          perché l’avversario è entrato in possesso della palla.

 

In un senso più ampio, la difesa è un’azione che perdura costantemente, perché il bambino non deve difendere, ma attaccare chi è in possesso di palla per metterlo in difficoltà e per recuperare, se è possibile, la palla.

I principi fondamentali della difesa individuale nel Minibasket sono:

 

1)   cercare di recuperare la palla;

2)  evitare l’avanzare facile dell’avversario verso il canestro;

3)  proteggere il canestro e le zone più vicine di tiro.

 

Lo spazio

 

I bambini che giocano a Minibasket, si muovono in uno spazio delimitato da linee (28 x 15 mt. al massimo, ma anche in campi più piccoli), con o senza palla, attaccano, difendono, palleggiano, passano, tirano, si smarcano, difendono.

All’inizio, l’obiettivo dell’Istruttore è di educare lo spazio attraverso tre tappe fondamentali:

 

1)   perfezionamento della precisione spaziale del movimento. In questa tappa non ha importanza la velocità esecutiva del movimento, l’obiettivo principale è l’elementare soluzione del compito motorio nello spazio (rapporto topologico);

2)  perfezionamento della percezione spaziale attraverso movimenti di coordinazione che si possono effettuare in tempi brevi;

3)  perfezionamento della capacità di eseguire movimenti precisi nello spazio (valutazione delle direzioni, delle distanze, etc.).

 

Il bambino percepisce lo spazio (orientamento del proprio corpo nello spazio) attraverso gli organi di senso (esterocettori visivi, uditivi, tattili, propriocettori muscolo-tendinei e viscerali, recettori labirintici), che trasmettono al Sistema Nervoso Centrale, sotto forma di eccitamenti, gli impulsi che gli giungono dal mondo esterno e dal proprio corpo.

La rappresentazione di un “qualcosa” si forma con la creazione di strutture mentali permanenti nel Sistema Nervoso Centrale.

Nei primi anni di vita, il bambino non può giungere ad un’esatta rappresentazione di se stesso nello spazio.

La rappresentazione mentale di un movimento consente, successivamente, il passaggio dal simbolo del gesto al gesto propriamente detto.

La percezione, molto importante nella rappresentazione spaziale, è legata alla posizione di chi è “immerso” nello spazio (concetti di davanti, dietro, lateralmente a destra e a sinistra).

La maturazione della capacità di rappresentazione dei rapporti spaziali, conduce il bambino tra i 5 e gli 8 anni a superare i limiti connessi alla percezione (passaggio dal pensiero pre-operatorio al pensiero operatorio concreto, che si instaura tra i 7 e gli 11 anni).

Il periodo che va dagli 11 ai 14 anni è il momento del pensiero operatorio formale, in pratica il ragazzo finalmente può giungere ad un risultato concreto, indipendentemente dall’attività percettiva e dall’esperienza.

 

Spazio topologico, euclideo e proiettivo

 

Nel Minibasket troviamo spesso termini come triangolo, rettangolo, cerchio, area, volume, che fanno riferimento allo spazio.

I primi approcci spaziali padroneggiati dal bambino, sono di natura topologica e dipendono dai concetti di vicinanza, separazione, inclusione, ordine e continuità.

Lo sviluppo della consapevolezza e dell’organizzazione spaziale si evolve nell’uomo attraverso l’immagine mentale dettata dall’esperienza.

Lo spazio euclideo presuppone la conoscenza da parte del bambino dei concetti di sinistra-destra, sopra-sotto, davanti-dietro; è grazie alla costruzione di questa rete che i movimenti e le figure possono essere orientate nello spazio.

Lo spazio proiettivo non è altro che la coordinazione degli oggetti relativamente a punti di vista diversi; il bambino può quindi organizzare il suo “spazio proiettivo”, in pratica riesce a situare gli oggetti secondo sistemi coordinati.

 

Prof. Maurizio Mondoni