Il Prof. Maurizio Mondoni

Adattamenti cardio-circolatori e modificazioni che aumentano la capacità funzionale

 

Un aspetto tra i più delicati è senza dubbio quello concernente gli adattamenti cardio-circolatori e delle modificazioni anatomo-funzionali che si verificano a carico del cuore, in chi pratica sistematicamente e correttamente un’attività sportiva (principi e caratteristiche del carico motorio).

In passato erano state avanzate preoccupazioni circa i probabili danni provocati da una pratica sportiva agonistica in età precoce.

Le esperienze acquisite in questi anni, non solo ne hanno dimostrato l’infondatezza, ma addirittura alcuni adattamenti si realizzano più facilmente e con maggiore efficacia quando l’attività motoria e sportiva è iniziata in giovanissima età.

Infatti, anche se la frequenza cardiaca (che è già elevata a riposo), tende durante l’esercizio fisico ad aumentare in modo rilevante (un bambino può arrivare anche a 160 pulsazioni e non succede nulla), comportando un “uptake” di ossigeno inferiore a quello di soggetti di maggiore età (a causa di una minore gittata sistolica), un allenamento ben condotto (miglioramento della resistenza aerobica), porta ad un miglioramento di questa situazione, tramite modificazioni (adattamenti) che aumentano e migliorano la capacità di prestazione dell’individuo.

E’ stato appurato che l’aumento di volume del cuore (cuore d’atleta), conseguente ad un adattamento fisiologico, che per anni è stato considerato un probabile fattore di rischio per il possibile verificarsi di un’insufficienza coronarica con conseguente deficit funzionale miocardico, costituisce una premessa per l’ottenimento di notevoli “performance” cardiache in età adulta, stante la possibilità di raggiungere e mantenere elevate portate ematiche.

Broffman ha notato che molti mesi di allenamento ben condotto, sviluppano il cosidetto “cuore d’atleta” in giovani di 10-13 anni, senza che ne conseguano danni.

Shepard ha dimostrato che il sistema cardio-respiratorio può essere sottoposto a carichi di lavoro controllati sin dagli 8-10 anni.

 

Rapporto tra l’attività sportiva e l’apparato locomotore

 

Il rapporto tra l’attività sportiva e l’apparato locomotore è molto importante, in considerazione del particolare momento evolutivo in cui si trova il soggetto.

In questa fase evolutiva, le ossa, le articolazioni, i muscoli e i tendini, non hanno ancora raggiunto la massima e definitiva capacità di resistenza e ciò costituisce il principale fattore limitante per talune discipline sportive basate su esercizi intensi e prolungati.

E’ indispensabile accertarsi all’inizio dell’attività che l’apparato locomotore non presenti malformazioni articolari e osteo-muscolari, paramorfismi e dismorfismi, che potrebbero peggiorare in seguito la pratica sportiva (importanza delle visite mediche periodiche di controllo).

Sono da evitare fino ad un certo periodo (13-14 anni circa) i sovraccarichi (isometria, balzi, pliometria, pesi); si devono privilegiare lavori a carico naturale o con  piccoli attrezzi, cioè attività basate sull’equilibrio, coordinazione, etc., senza eccessivi carichi sulla colonna vertebrale e sulle articolazioni degli arti inferiori.

Successivamente e in modo progressivo si possono aumentare i carichi (bastoni di ferro, pesetti, pesi liberi), tenendo sempre conto delle caratteristiche dell’individuo.

Lo stretching, secondo noi,  si deve proporre solamente a partire dai 13 anni, in quanto le articolazioni e gli annessi articolari non sono pronti per sopportare carichi di tensione muscolare troppo elevati.

Si è notato che chi pratica attività sportiva (in particolare pattinaggio, ciclismo e ginnastica artistica) in età prepubere, possiede buone doti stilistiche e armonia nei movimenti, non riscontrabili invece nei coetanei che non praticano nessuna attività sportiva, in quanto tutto ciò deriva dal fatto che i sedentari hanno carenze nel camminare, nel correre, nel capovolgersi e nel saltare.

 

E’ importante dai 6 ai 10-11 anni “giocare allo sport”, non praticare lo sport.

 

Al giorno d’oggi molti giovani non vogliono impegnarsi in attività competitive e che richiedono allenamento, in quanto non intendono sopportare psichicamente il disagio provocato dalla fatica muscolare.

Tutti sono d’accordo sull’utilità del movimento e dello sport in età evolutiva, in quanto momento gradito, gratificante e “liberatorio”.

Molti studiosi si sono interessati di questo importante fenomeno.

Secondo Moore lo sport e l’agonismo costituiscono un caposaldo dell’igiene mentale, Antonelli sostiene che l’agonismo costituisce la versione socializzata dell’aggressività, la quale, pur essendo un’energia connaturata alla specie umana, oltre che necessaria, può in teoria degenerare in senso asociale.

Nella sua accezione più vera, lo sport non deve pretendere il successo ad ogni costo, ma rappresenta la palestra i cui il giovane costruisce il suo carattere e la sua personalità e pone le basi per un “sano” futuro (cittadino del domani).

Ricordiamoci che l’esasperata attività agonistica in età non adatta, comporta per il giovane situazioni stressanti:

 

–         prima della gara (ansia, paura del successo o dell’insuccesso)

–         durante la gara (responsabilizzazione estrema)

–         al termine della gara  (rimproveri o esaltazioni).

 

I giovani che praticano lo sport in modo eccessivo, non ridono più durante gli allenamenti, si isolano, vivono in modo drammatico le sconfitte, sono tristi, vogliono sempre vincere, copiano comportamenti poco corretti dei campioni, quando sbagliano sono puniti e spesso sono aggressivi e asociali.

 

Conclusioni

 

Si può con ragionevole certezza affermare che da un’attività sportiva praticata con una corretta metodologia, non derivano danni in un soggetto sano.

Un importante compito di controllo deve essere svolto dai medici sportivi (visite mediche periodiche) e dagli Istruttori (non esagerare nel carico di lavoro, empatia, evitare le punizioni e i sovraccarichi eccessivi), ma non certo inferiore a quello della famiglia (attenzione, cura e amore), che devono vigilare sul suo comportamento generale ed in particolare su quello igienico-alimentare, oltre a fornirgli un valido supporto psicologico (stare con gli altri, accettare e farsi accettare, etica sportiva, fair-play e riscoprire i valori della vita e dello sport).

Nell’avviamento allo sport a livello giovanile devono essere escluse tutte le attività sportive non congeniali alle prime fasce d’età, quelle che comportano impegni rilevanti di limitati distretti muscolari (monolaterali e disarmonici), quelle con sovraccarichi eccessivi per le strutture osteo-articolari.

E’ molto importante che gli Insegnanti e gli Istruttori siano preparati e competenti (non solo tecnicamente) quando insegnano ed allenano e che conoscano il giovane nei suoi diversi aspetti (cognitivo, affettivo, morale, sociale e motorio) e sappiano applicare metodologie di insegnamento e di allenamento corrette e consequenziali.

Se ciò non avviene, il giovane si disinteressa dello sport e non ne comprende i valori, si annoia e abbandona (“drop-out”) dopo i 12-13 anni, per poi, magari ritornare alla pratica sportiva a carattere amatoriale più avanti (dopo i 20 anni).

La percentuale dell’abbandono è molta alta negli sport individuali (atletica leggera, nuoto, ginnastica artistica), meno negli sport di squadra, nei quali il meno bravo si nasconde dietro ai più bravi e vince con loro (fino ad una certa età poi abbandona definitivamente).

Se nella preparazione ci si attiene ad un comportamento ortodosso e razionale, con i necessari controlli, le attività sportive in età evolutiva, anche agonistiche, possono essere praticate senza il rischio di danni immediati o a distanza, bensì con i benefici che ne derivano.

 

“Ci sono piccoli occhi che ogni giorno osserveranno quello che tu farai e giovani orecchie che ogni giorno ascolteranno ciò che tu dirai e mani inesperte che vorranno imitare ciò che tu mostrerai.

C’è un bambino che ogni giorno sogna di diventare come te.

Tu sei l’esempio per un piccolo uomo che vuole crescere nel mondo in cui tu sei cresciuto e per questo non dubita mai di tutto quello che fai.

I suoi occhi sono spalancati su di te e la sua giovane mente è convinta che tu hai sempre ragione.

Sii una buona guida per chi vuole crescere e diventare grande”.

 

Non deluderlo, tutto dipende da te Istruttore, non sbagliare!

 

Dopo la presentazione del Clinic è seguita una seduta di allenamento, condotta in palestra dal sottoscritto con i giovani cestisti della Società di Basket di Monte San Pietro, alla presenza di due “icone” della pallacanestro italiana: Valerio Bianchini e Alberto Bucci.

Durante l’allenamento ho illustrato agli Istruttori presenti l’importanza della gradualità nella presentazione degli esercizi da presentare in età giovanile (Esordienti 11 anni), il tipo di carico di lavoro, la comunicazione che deve essere efficace ed essenziale e soprattutto l’entusiasmo che deve essere continuamente trasmesso ai giovani giocatori.

Sono stati presentati esercizi di palleggio, tiro, passaggio e difesa combinati tra loro, che hanno evidenziato l’importanza di creare giocatori pensanti, creativi e fantasiosi e non dei semplici “robot” che eseguono solo ciò che vuole l’Istruttore.

 

 

Prof. Maurizio Mondoni