Sono passati solo 8 anni dal quel maledetto 2004. Pare ieri di vedere scorrazzare all’Adriatic Arena oltre a tutti gli altri parquet del Bel Paese e d’Europa la grinta e le gesta di Alphonso Ford.

Atleta di colore di passaporto americano nato nel 1971, Ford arriva in Europa dopo aver tentato fortuna a Philadelphia in NBA e giocato con profitto nella CBA. Spagna, Turchia e poi Grecia dove esplode definitivamente prima al Peristeri e poi nell’Olympiacos dove diventa un “crack” in Eurolega vincendo il premio di miglior marcatore.

Arriva in Italia alla Montepaschi Siena, portata in semifinale sia per lo scudetto che alle Final Four di Eurolega. Passa a Pesaro dove diventa l’idolo della piazza per impegno e dedizione facendo guadagnare la finale di Coppa Italia e la qualificazione alla maggiore competizione europea per la seguente stagione.

Ford era malato di leucemia dal 1997, ma con notevole forza di volontà continuò la sua battaglia sia fuori che dentro al campo sino a quella terribile notte tra il 3 ed il 4 settembre, in cui in un ospedale di Memphis si spense solo 8 giorni dopo aver dato il suo commiato ai suoi tifosi ed al mondo intero con una lettera da pelle d’oca.

Ecco qui un commovente ricordo da Pesaro da parte della giornalista Camilla Cataldo:

“Lo era da vivo, lo è a maggior ragione da quando è scomparso: una leggenda. Chi ha avuto come me la fortuna di conoscerlo rimarrà marchiato per sempre dalla sua persona e dal giocatore, chi ne ha solo sentito parlare lo immagina come un cavaliere senza macchia, intoccabile e irraggiungibile. Le parole di Valerio Bianchini sono le più azzeccate: “Così buono e giusto da far invidia agli dei”. Alphonso era un vincente che ha giocato a pallacanestro passando sopra la malattia per dieci anni, aveva un amore sconfinato per lo sport e per la vita. Una forza ineguagliabile, che ha lasciato a tutti noi. Perché bisogna andare avanti e avere fede, qualunque cosa succeda. Una faccia che sembrava una maschera, un’indole riservata, un genio sul campo. Segnare più di venti punti di media oggi sarebbe una follia, lui puntualmente lo faceva con apparente semplicità. Volava, era un trattore preciso e roccioso, determinato e atletico. Ha trascinato Pesaro alla semifinale scudetto e poi… Ho tanti ricordi, quando penso ad Alphonso mi sembra tutto così attuale, vicino, invece sono passati otto anni da quella maledetta leucemia, dalla febbre che lo ha – sfortuna pura – assaltato nell’ultima notte terribile… Il complicatissimo rinnovo del contratto, dopo aver disputato – direi – la sua miglior stagione in carriera, l’intera squadra al funerale, la moglie Paula, il piccolo Alphonso Junior che non ha più il suo papà, i messaggini sul cellulare tra di noi per scambiarci la notizia che non avremmo mai voluto sentire né scrivere… Spesso riguardo le immagini delle sue partite o rileggo attentamente le parole della lettera che come un testamento ha lasciato alla città di Pesaro, riguardo il poster che ho in camera con l’indice a indicare che è il numero uno e la sensazione è la stessa, di un vuoto incolmabile. Assieme ad altri colleghi di Siena e Atene noi del Messaggero proponemmo di intitolare il trofeo per il miglior marcatore di Eurolega ad Alphonso, lui lo aveva vinto per tre volte consecutive!! Fummo assecondati con grande gioia e l’anno seguente ad aggiudicarselo fu il suo successore Charlie Smith… Tutto ha un senso. Il 13 settembre tutta Pesaro si fermerà ancora una volta per ricordarlo attraverso il Memorial Alphonso Ford all’Adriatic Arena. Ci sarà anche lui”.
Camilla Cataldo