(Foto Savino Paolella © 2012)

Danilo Gallinari intervistato in azzurro al Media Day Edison del 16 luglio 2012 a Milano (Foto Savino Paolella © 2012)

In occasione del Media Day 2012, durante il quale è stata presentata la nazionale che ha già iniziato il raduno in vista delle Qualificazioni agli Europei del 2013, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Danilo Gallinari, sulla nazionale, la NBA i Nuggets e il mercato dell’Olimpia Milano.

Allora Danilo, pronto per questo raduno?
Sì, sono pronto a iniziare, pronto a vivere questa esperienza con i miei compagni di squadra e a dare il massimo. Siamo tutti belli carichi e conosciamo l’importanza del nostro obiettivo: per questo siamo pronti a iniziare a lavorare già da domani.

Cosa cambia rispetto agli Europei dello scorso anno?
Be’, mancano il Mago e il Beli, sapete bene quanto ci hanno dato e quanto ci possono dare e quindi ci sarà qualcosa da cambiare, equilibri diversi, situazioni diverse. Proprio per questo dobbiamo iniziare a lavorare già da domani per trovare gli equilibri giusti che ci serviranno poi per affrontare al meglio le partite che contano. Questa nazionale non nasce oggi ma è nel pieno di un percorso iniziato col nuovo allenatore, siamo diretti verso obiettivi molto importanti.

Hai sentito Bargnani e Belinelli?
Sì, ci siamo sentiti e ci siamo visti. Loro stanno passando momenti diversi, ma auguro il meglio a entrambi, anche se penso che ci verranno a trovare in uno degli appuntamenti che avremo quest’estate.

Lo scorso anno le cose non sono andate per il meglio, e anche tu hai un po’ faticato a rientrare nei ritmi del basket europeo. Cosa ti è rimasto di quell’esperienza? Pensi che ti sia servita per fare meglio quest’anno?
È stata comunque una bella esperienza. Ci sono molte cose che sicuramente funzionano in modo diverso rispetto all’America. So che a voi piace soprattutto sottolineare i lati negativi delle esperienze, ma io preferisco vedere quelli positivi, perché sono quelli che servono per costruire il futuro. Secondo me l’anno scorso abbiamo fatto buone partite contro squadre forti, giocate fino all’ultimo. Non è andata bene, né come avremmo voluto, ma le pagine si girano e questa estate è un’altra estate, con nuovo obiettivi che siamo pronti a raggiungere.

In quest’ottica, pensi che sia stato utile tornare a giocare in Europa a inizio stagione?
Sicuramente ha aiutato. È stata una bella esperienza, che sono stato contentissimo di fare e che rifarei. Ora le cose sono diverse, si tratta di qualificarsi per gli Europei, ma credo che, finché si gioca a pallacanestro, qualsiasi esperienza aiuti.

Qual è la molla che scatta quando si indossa la maglia azzurra?
Be’, c’è l’orgoglio, la voglia di far vedere che stai rappresentando il tuo Paese nel miglior modo possibile e di dimostrare che l’Italia, a livello europeo, può competere con tutte gli altri Paesi.

Com’è stata la tua estate finora? Come stai fisicamente?
Sinceramente pensavo di avere più tempo libero, invece ne ho avuto davvero poco, ma come dico sempre in realtà quando le cose vanno così, quando c’è poco tempo libero, vuol dire che sta andando tutto per il verso giusto. Quindi sono contento, è stato un mese e mezzo di lavoro intenso, anche grazie alla società di Denver che ha mandato due membri dello staff qui a lavorare con me; e quindi sono pronto per cominciare e mi sento benissimo fisicamente.

Cosa ne pensi dei movimenti di mercato dei Nuggets?
Direi che sono soddisfatto, stanno seguendo la filosofia che mi avevano preannunciato già alla fine della scorsa stagione, ovvero mantenere lo stesso nucleo della squadra, un gruppo giovane, credo che sia il secondo o il terzo più giovane della NBA, che però ha acquistato esperienza facendo i playoff quest’anno, quindi insomma, non ci manca niente.

È un mercato strano quello di quest’anno: invece che i giovani, sembrano i “vecchietti” i giocatori più ricercati, vedi Garnett, Allen, Nash, Kidd. Come te lo spieghi?
Perché sono atleti unici al mondo, giocatori di grande esperienza, che hanno vinto, che sanno cosa vuol dire vincere a un certo livello.

Guadagnano di più i Lakers con Steve Nash o gli Heat con Ray Allen?
Entrambe, perché sono due giocatori incredibili, e tutti conosciamo le loro qualità. Non ho dubbi che daranno una grossa mano a entrambe le squadre.

Cosa ne pensi della scelta di Rudy Fernández di tornare a giocare in Europa?
Sono contento per lui perché, anche parlandoci, ho visto che gli piace molto giocare in Europa; è molto legato al suo Paese e alla sua città, Madrid, si trova bene lì e quindi sono molto contento che abbia trovato la soluzione ideale per lui proprio lì. Non posso che augurargli il meglio.

Milano in estate ha costruito una bella squadra. Che sia arrivato il momento di vincere?
Sicuramente, Milano ha le carte giuste per vincere già dall’anno prossimo e quindi… spero che sia l’anno buono.

Spesso nella NBA le franchigie non vedono di buon occhio che un giocatore giochi per la sua nazionale durante l’estate. A tal proposito, com’è stato il rapporto di Denver nei tuoi confronti?
A Denver da parte del general manager Masai Ujiri c’è sempre stata ampia disponibilità verso di me e verso la mia esperienza con la nazionale. Non c’è mai stato nessun dubbio e io son sempre stato molto tranquillo nella scelta, perché, da parte sua, mi appoggia sempre e per questo lo ringrazio, perché vi assicuro che non tutte le società si comportano così con i giocatori europei. È anche per questo che sono molto, molto contento di rimanere a Denver anche la prossima stagione.

Agli Europei ci si giocherà anche il passaggio alle Olimpiadi. Questo può essere uno stimolo in più?
Certamente lo è, mi spiace tantissimo non essere presente a Londra e, appunto, ci dovremo impegnare ancora di più per arrivarci un giorno. Inoltre, credo che per noi europei sia un traguardo ancora più difficile da raggiungere, perché nel resto del mondo molte squadre, comunque forti ma meno esperte di noi, si qualificano in quanto la concorrenza è minore, mentre in Europa ci sono tantissime squadre forti a fronte di pochi posti disponibili.

Eri già sicuro di far parte di questa nazionale o ci sono stati momenti in cui hai tentennato?
Non ho avuto nessun dubbio, è stata una decisione automatica, soprattutto perché mi piace questo gruppo, mi piace stare con questi ragazzi, molti dei quali sono amici anche fuori dal campo, perché tutti hanno il giusto entusiasmo per lavorare bene e divertirci insieme. E il fatto di essere un gruppo molto unito diventa fondamentale anche sul campo.