Per una settimana sono colpevolmente sparito dalla circolazione. Faccio mea culpa, ma la neve ha avuto la meglio anche su di me, impedendomi di rientrare per scrivere il consueto punto del mercoledì.
D’altronde, a mia parziale discolpa, anche la serie A ha tirato il fiato, lasciando spazio ad nuova parentesi vincente della nostra nazionale nel percorso verso i mondiali del prossimo anno. A tal proposito, sarebbe di immediata comprensione anche per un neonato che il marchingegno di qualificazioni, finestre e finestrelle, sia poco convincente ed anche i presidenti delle federazioni, non Petrucci, (troppo facile lamentarsi per le zoppicanti Croazia e Turchia) iniziano a fare 2+2 data l’intransigenza, comunque eccessiva, di EuroLeague.

Archiviata questa premessa, riannodiamo il filo con il campionato, oramai quasi sul rettilineo finale di un’indecifrabile regular season. L’ultimo fine settimana ci ha detto delle cose importanti.
La prima: Venezia non ha nessuna intenzione di lasciare, anzi, vuole raddoppiare! Daye sta iniziando ad entrare negli ingranaggi e lo ha dimostrato domenica prendendo, per la prima volta, per mano i suoi e regalandogli i 2 punti nell’oramai abitudinario finale tirato. Lui era il fuoriclasse inserito per cercare di non scucirsi lo scudetto dal petto, chiamato a raccogliere il testimone in attacco dello sfortunato Orelik, un inizio silente e, adesso, boom, il primo squillo.

W. De Raffaele esulta per la vittoria ( Foto Alessandro Montanari 2017 )

Eppure la società orogranata non si è accontentata di Daye: è arrivato, infatti, un’altra vecchia conoscenza del nostro campionato, Edgar Sosa.
L’ex Montegranaro e Caserta sarà chiamato a portare un po’ di brio in cabina di regia, consentendo ad Haynes di giocare qualche minuto in più da guardia, spot nel quale può liberare tutto il suo estro, di fatto mettendo a rischio taglio uno tra i deludenti Johnson e Jenkins. Oppure, se turnover sarà, vorrà dire che la Reyer ha accettato, giustamente, i galloni di favorita – insieme ad Avellino, con Sassari un gradino sotto, in Fiba Europe Cup. Già, perché, dopo una tremenda Champions, le nostre non hanno scuse e devono, quantomeno, portare in Italia la coppetta. Sperando che, in EuroCup, il bersaglio grosso lo possa centrare anche Reggio Emilia, malmenata da Trento sabato scorso. Sognare non costa nulla.
I presupposti sembrano essere i migliori visto lo spettacolo regalato in gara 1 contro lo Zenit, un Pala Bigi tracotante di gente e di gioia ha sospinto i ragazzi di Menetti, bravi a condurre una gara in costante crescendo sulle ali del miglior Reynolds della stagione (19 punti in altrettanti minuti, un killer).
Per Avellino l’Europa, seppur più in piccolo, può essere il viatico per tornare a farsi bella. La Sidigas, però, inizia a rappresentare un po’ un enigma. Sono 3, infatti, i k.o. nelle ultime 5 uscite, compresa una Final Eight da horror, appena assaggiata. Le premesse erano, e restano, altre per una squadra ultra competitiva, completa e puntellata da individualità come Rich e Fesenko. La chiave di volta della stagione potrebbe essere l’ingresso di Lawal, tesserato settimana scorsa, e reduce da una lunghissima convalescenza. Il centro nigeriano ha già dimostrato di essere debordante in Italia e rappresenta la nemesi ideale dell’ucraino sotto canestro, al netto dei dubbi sulla sua tenuta fisica. Oltretutto, il suo ritorno arriva proprio nel momento in cui N’diaye si è fermato ai box.

A giocarsi la testa con Venezia e Avellino c’è anche Brescia, ripresasi con un successo convincente contro Brindisi e in scia alla coalizione, pardon duo (il clima elettorale mi inebria ancora), Venezia-Milano. Ecco, Milano. Lo psicodramma di Firenze sarà stato assorbito? Pronunciarsi è impossibile. L’istinto ci porterebbe pure a rispondere di si, visti il successi contro l’Efes, in EuroLeague, e la rullata a Sassari di domenica.
Bisogna, però, soppesare due fattori. Il primo: la reazione di nervi, non necessariamente sintomo di rinascita ma anche potenzialmente ascrivibile ad una scossa post parole infuocate di Proli. Il secondo: gli avversari, l’Efes ha meno da dire dell’Olimpia in Europa e Sassari è ancora troppo molle in trasferta. La sostanza è che serve di più, molto di più per esprimere una diagnosi. E quel di più non che obbligatoriamente chiamarsi scudetto.

L’imprevedibilità della serie A, certificata dalla madness (anche qui siamo in periodo) della Final Eight, fa il paio con quella della A2.
Che la seconda serie offra spunti di gran lunga più interessanti della prima, è un dato di fatto e le belle storie delle finali di Coppa Italia, sono una conferma.
Tortona si è presa il trofeo nella finale delle cenerentole contro Ravenna, al termine di una Final Eight dove, proprio come in serie A, le grandi si sono suicidate in sequenza. Per ultima la Fortitudo (clamorosamente sulle tracce di Kalnietis), sbaragliata da una sorprendente OraSì in semifinale.
Ma la gloria è tutta per la campionessa: Tortona. Così il Piemonte ha centrato la doppietta, dopo il successo di Torino, i ragazzi di coach Pansa hanno bissato.
Un cammino trionfale quello della Bertram. Prima ai quarti è arrivato lo scalpo di una Trieste caduta in una piccola ma inesorabile spirale negativa, poi, in semifinale, la soddisfazione di buttare fuori l’altra favorita della vigilia, Biella, nel derby. Se vogliamo la finale contro Ravenna è stata la pratica più facile da sbrigare, come testimoniato dal +32 finale.
Sarebbe troppo semplice dire che l’uomo copertina sia Melvin Johnson, 29 punti in finale, e la forte convinzione che la maturità per imporsi al piano di sopra – inesistente ai tempi di Varese – sia arrivata. Ma voglio essere una voce fuori dal coro: la mia menzione d’onore è per Francesco Stefanelli, chirurgico in finale e sempre più protagonista in quest’annata. La doverosa precisazione è che non si tratta di un semplice caso: Tortona è ai vertici già dalla scorsa stagione. Complimenti, dunque, alla società.

Luca Banchi (Foto Stefano Gandini 2017)

La chiosa finale è per Luca Banchi, al quale rivolgiamo un grosso in bocca al lupo per l’avventura in Germania al Bamberg. Evidentemente da quelle parti il coach italiano tira e pure parecchio, come testimonia l’esperienza, comunque positiva, di Trinchieri, accostato alla nazionale croata
Si merita un percorso tranquillo e sereno, dopo le turbolenze di Torino, nel quale ri-esprimere tutta la sua sapienza cestistica. Alle sue dipendenze ritroverà Daniel Hackett, che lo aiuterà a risalire la china in Bundesliga e a non sfigurare nelle ultime apparizione europee.
Tanto in Germania, dopo 6 mesi, il governo l’hanno fatto, e di stabilita dovrebbero averne da vendere, noi chissà …

Jacopo Romeo


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