Champagne! Cantava così Peppino di Capri. Se sarà per brindare o meno, lo scopriremo a fine campionato, intanto il tappo della bottiglia è saltato. Anzi, i tappi.
A lasciare spazio alla schiuma (di bollicine, al momento, nemmeno l’ombra) sono stati Federico Pasquini e Gennaro Di Carlo.
Sassari e Capo d’Orlando hanno spinto il pulsante rivoluzione, nel tentativo di raggiungere i rispettivi obiettivi stagionali in un finale infuocato.
Partiamo dalla Dinamo. Sardara è un presidente passionale e tifoso, questo, forse, gli ha impedito di leggere con chiarezza la situazione già la scorsa estate.
Federico Pasquini ha costruito una solida carriera da vice (prima) e dietro la scrivania (poi) ma le stimmate da capo allenatore non le ha mai avute, a dispetto di un fiuto per i giocatori e dell’intelligenza personale. E’ semplicemente questione d’inclinazioni, ognuno ha il suo posto nel mondo.
La scelta del proprietario di Sassari di affidarsi, 3 anni fa, a lui come fac totum, quando esonerò Sacchetti, non ha pagato in termini di risultati. Dopo l’exploit scudetto, ben poche sono state le soddisfazioni per i sardi, condannati a comparse perdenti in Eurolega e a pochi altri acuti in patria.
Un andamento da gambero, proprio quando sembrava stesse nascendo una nuova, bella, epopea della nostra pallacanestro e, invece, adesso dobbiamo mettere agli atti una regressione stile “favola Leicester” .
I sintomi di una separazione dal Pasquini allenatore (resta come gm) c’erano già stati, quando lo stesso ex coach presentò le dimissioni al termine della debacle interna contro Capo d’Orlando il 12 novembre scorso. Un passo indietro, scacciato da Sardara e dagli stessi giocatori, dimostratisi solidali con il proprio condottiero. Adesso, 5 mesi dopo, si cambia registro: il presidente accetta l’auto ridimensionamento di Pasquini che si dedicherà interamente al ruolo di gm, giudicando necessario il suo passo indietro ma dichiarandosi fiducioso in vista della prossima stagione, quando la Dinamo potrà contare su un gruppo di giocatori già consolidato (già rinnovati a stagione in corso gli accordi con Jones, Tavernari, Pierre e Bamforth, senza considerare in pluriennali in essere con gli italiani).
Ecco, ci perdoneranno Sardara e Pasquini ma tutta questa fiducia noi non riusciamo ad averla.
Come si potrebbe sperare che uno zoccolo duro di professionisti improvvisamente tiri fuori la grinta e la classe sin qui latitanti?
I giocatori rinnovati sono tutti validi ma, con un andamento così ondivago, era il caso di precipitarsi in ricchi rinnovi?
O, peggio ancora, se ci sarà, sin da ora magari, l’inversione di tendenza, vorrà dire che la panacea di tutti i mali tecnici era proprio quel Pasquini così strenuamente difeso fino ad ora?
Forse, stringersi la mano e dirsi grazie era la soluzione migliore per entrambe le parti; per poi resettare tutto, cercare un nuovo gm e iniziare a lavorare per l’anno prossimo, dando tutto sul campo per agguantare, comunque, l’obbiettivo minimo playoff.
E, chissà, se le parti si fossero decise prima, adesso si sarebbe potuto anticipare l’arrivo in panchina di Pozzecco, già bloccato per la prossima stagione ma nel frattempo sedotto irrimediabilmente dalla Fortitudo.
Toccherà, quindi, a Zare Markovski, già a Sassari tra il 1991 e 1994, riportare la Dinamo in zona playoff, sfumata dopo il secondo k.o di fila arrivato sabato a Brindisi.
Il coach ex Avellino e Virtus avrà un arduo compito ed è reduce da recenti trascorsi non esaltanti ma ha l’esperienza necessaria per sistemare un gruppo eccessivamente umorale. Prima di tutto, andrà risolta la questione Hatcher, di fatti messo ai margini, per capire a chi affidare, dall’inizio, le chiavi del nuovo corso. Il compito è duro ma non impossibile. Ci sono 6 partite e 7 squadre in lotta per un posto al sole, di cui ben 3 (Cremona, Cantù, Torino e proprio Sassari) a pari punti. Auguri Zare!

Auguroni, invece, altro che auguri ad Andrea Mazzon che si accomoda sulla rovente panchina di Capo d’Orlando.
Il tappo Di Carlo è stato fatto saltare, sacrificato sull’altare di una serie di errori madornali della dirigenza, dall’estate sino ad ora.
L’ennesima, imbarazzante imbarcata rimediata a Trento, ha convinto Sindoni a congedare il coach di Santa Maria Capua Vetere, per affidarsi all’esperienza di Andrea Mazzon, ansioso di rimettersi alla prova in Italia dopo tanto girovagare.
L’ex allenatore di Napoli e Aris, torna nel nostro paese dopo 5 anni, quando lasciò la Reyer Venezia, ed è chiamato a riscattare le crepuscolari esperienze in Cina e Russia degli ultimi due anni.
Ironia della sorte, torna in Sicilia dopo che il suo Avtodor Saratov, ad inizio anno, fu malamente sbattuto fuori dall’Orlandina nel preliminare di Champions.
Di certo una guida esperta come la sua, potrà dare più consistenza ad un gruppo allo sbando e senza né capo né coda dopo i vorticosi cambiamenti nel parco giocatori decisi da Sindoni. La squadra è corta, giovane, con poco talento e senza leader, la sensazione è che per evitare la tregenda della retrocessione servirà un miracolo e gli scongiuri, affinché Pesaro non vinca una partita.
A proposito, in bocca al lupo anche a Cedro Galli che nella sua Varese ha esordito male sulla panchina della Vuelle.
A lui e Mazzon il menu riserva lacrime e sangue da ora sino alla fine.

Ride (perché lo avrebbe fatto anche perdendo, figuriamoci vincendo) Gianmarco Pozzecco.
Non ha perso tempo il Poz, si è rimesso in carreggiata e subito si è preso i 2 punti, vincendo una gara non banale contro la sorpresa stagionale Montegranaro.

Gianmarco Pozzecco (Foto Claudio Devizzi Grassi)

Le gerarchie della sua Fortitudo sono apparse subito chiare: il punto di forza, come con Boniciolli d’altronde, è lo zoccolo duro italiano, di primissimo livello. Fuori dalle rotazioni McCamey, solo 5′, e chiavi in mano ad un convincente Okereafor, affidandosi alla classe del vecchio compagno di squadra Mancinelli e all’energia, in uscita dalla panca, di Amici e Italiano, senza dimenticare il fattore Rosselli.
Questa squadra sembra avere tutto per fare il salto ma, ma, ma …
La Fortitudo è la più forte, con Pozzecco ha il fattore entusiasmo dalla sua, però Trieste è una signora squadra (infatti è prima) e non vanno sottovalutate, nei playoff, le squadre dell’altro girone, seppur chiaramente inferiori.
Sarà un’avventura bella e avvincente, come d’altronde tutto il campionato di A2 che tanto ci piace.

Il bello, adesso, arriva anche in EuroLeague. Va sbrigata l’ultima giornata di regular season ma, di fatto, tutti i giochi sono già fatti.
Ci sono le 8 qualificate ai playoff, dopo l’harakiri lungo un mese e mezzo del Maccabi, suggellato dal k.o. contro una Baskonia in prepotente crescita e mina vagante della postseason.
Questa nuova EuroLeague versione Nba ci piace anche se un pizzico di originalità e di tratti caratteristici in più, non dispiacerebbero: ad esempio, con i playoff nazionali incipienti, una regular season così lunga ed anche un serie pesante e concentrata con in palio le Final Four, si possono logorare le stelle, proprio quando si arriva al clou. Auspichiamo una riflessione sul tema.

Itoudis, Coach of the year della VTB

Detto questo, l’unico verdetto da definire negli ultimi 40′ è quello che assegnerà la settima e l’ottava piazza. Se la giocano Baskonia e Khimki.
Non che cambi molto tra l’affrontare Cska o Fenerbache, i turchi, però, ci sembrano un pizzico più abbordabili rispetto all’invincibile (o quasi) armata rossa, favorita d’obbligo quest’anno, sempre se non si squaglierà sul più bello a Belgrado, come troppo spesso accaduto in passato alle Final Four.
Molto bello anche sarebbe il quarto Olympiacos – Zalgiris e, aggiungerei, nemmeno così chiuso nel pronostico. Jasikievicius è uno dei migliori allenatori europei ed ha creato una super squadra, pur senza nomi di livello e i greci, ogni tanto, si sono concessi qualche balbettio ma, si sa, quando il gioco si fa duro, loro ci sono sempre. Attenzione, dunque, all’antipasto del Pireo di venerdì.
Tutto il proscenio, però, sarà per la sfida Real – Pana. Due delle nobili d’Europa che potrebbero contendersi uno spot per la Final Four.
Passare ad OAKA è sempre un’impresa e, quest’anno, Pasqual ha serrato i ranghi, rendendo il campo amico un fortino pressoché inespugnabile anche per uno squadrone come quello di Laso, profondo e strutturato forse anche più del Cska, con il miglior play della rassegna (Campazzo sta andando meglio dell’oggettivamente più forte Rodriguez) ma meno costante, come gruppo, rispetto al passato.
Insomma, che lo spettacolo abbia inizio.

Jacopo Romeo


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