Stasera i giochi saranno fatti e, per molti, sarà tempo di bilanci.
L’ultima giornata di campionato – anticipata a mercoledì per permettere l’avvio della post season già sabato – è gravida di verdetti da emettere.
In primis, c’è da assegnare il primo posto, imprevedibilmente ancora in palio all’ultima palla a due, dopo i risultati delle ultime settimane.
Già, perché Milano era reduce da due sconfitte consecutive – con Brescia e, clamorosamente, Pesaro – e Venezia pareva lanciata a prendersi la prima testa di serie nel tabellone playoff, galvanizzata anche dal primo, storico, trionfo in campo europeo (ci tornerò tra poco).
E, invece, a mettere i bastoni tra le ruote ci ha pensato un’eroica Pesaro.
La squadra di Cedro Galli ha applicato alla perfezione la par condicio, battendo consecutivamente le prime due della classe e, di fatti, rimettendo in discussione il vertice della classifica.
Guardando alle sole ultime due partite e alla reazione della VL sotto la gestione Galli, ci sentiremmo di dire che la salvezza sarebbe più che meritata.
Due settimane fa avevo parlato di impresa disperata per i marchigiani, complice un calendario ai limiti dell’impossibile e il doppio confronto sfavorevole con Capo d’Orlando in caso di arrivo a pari merito.
E, invece, questo meraviglioso sport non finisce mai di sorprenderci. Pesaro ha superato una doppia prova del fuoco contro Milano e Venezia ed ha il destino nelle proprie mani.
Il trio Mika, Omogbo, Clarke si è messo la squadra sulle spalle, sopperendo anche all’assenza del carnefice dell’Olimpia Pablo Bertone ma, a fare la differenza, è stato il furore agonistico mostrato in difesa dai ragazzi di Galli, capaci di mettersi l’elmetto nel momento clou della stagione.
Certo, servirà un’altra impresa, sul campo di Sassari, per evitare i patemi di un compulsivo attaccamento alla radiolina (sono un nostalgico), in attesa di notizie da Cremona, dove l‘Orlandina non può fare altro che vincere e sperare in un miracolo. Eppure, guai a dare per spacciati i siciliani, reduci dalla bella e sofferta vittoria con Cantù e rinvigoriti dalla cura Mazzon: peccato che l’avvicendamento in panchina sia stato troppo tardivo e preceduto da una serie di errori di valutazione commessi dalla società che, in caso di retrocessione, avrebbe parecchie domande da farsi…
In questo ultimo atto thrilling del campionato, la sceneggiatura propone  il brutale incrocio salvezza/playoff: le avversarie delle ultime due della classe, infatti, sono la nona e la decima della classifica, costrette a vincere per agguantare un piazzamento nella postseason, sperando in una serie di congiunture favorevoli.
Non ci saranno, quindi, sconti, sarà lotta all’ultimo sangue fino all’ultimo possesso.
Sbilanciarsi in pronostici è impossibile, soprattutto perché Pesaro ne ha già smentiti due che sembravano chiusi nelle ultime settimane e, anche Capo d’Orlando, ha ottenuto uno scalpo eccellente come quello di Cantù, altra pretendente playoff.
Tra Sassari e Cremona, forse, la squadra di Meo Sacchetti ha meno chance di playoff rispetto ai sardi, dovendo sperare in un k.o. di Bologna a Reggio Emilia, oltre che della Dinamo o, ipotesi più difficile, in un arrivo a quota 30 insieme a Virtus e Banco di Sardegna, in questo caso sarebbe dentro sfruttando il più 11 complessivo negli incroci con le due contendenti in questione.
Non voglio addentrarmi in ulteriori calcoli perché le ipotesi di parità sono tante è coinvolgono anche Cantù, che, contro Capo, ha fallito il match point ma ne avrà un altro, sulla carta comodo, in casa contro una Brindisi che non ha più nulla da chiedere al campionato.
Più intricata la situazione della Dinamo che, intanto, deve battere Pesaro e sperare nel favore della diretta concorrente della VL, l’Orlandina, sul parquet di Cremona, di fatti condannando la squadra di Galli alla retrocessione. Ovviamente, poi, bisognerà guardare ai risultati di Cantù e Segafredo: contro la Red October, Sassari ha il vantaggio nel confronto diretto, mentre è sotto rispetto alla Virtus, tuttavia, in caso di arrivo a 3 a quota 30, a rimanere fuori sarebbe Bologna, con i sardi ottavi.
Addirittura ci potrebbe essere il mischione delle 4 duellanti tutto appaiato in classifica con 30 punti, in caso di sconfitte di Bologna e Cantù e successi di Banco e Vanoli: se ciò si verificasse, la classifica avulsa premierebbe la Red October (settimana) e la Dinamo (ottava), con Cremona e Bologna fuori. Roba da mal di testa.
E veniamo, così, alla madre delle partite: Venezia – Milano.
Entrambe hanno 44 punti e, siccome nel basket il pareggio non esiste, chi vince si prenderà il primo posto.
La Reyer, forse ancora in sbornia da festeggiamenti per la Europe Cup, si è giocata il match point, perdendo clamorosamente a Pesaro, nel complesso, però, arriva con maggiori certezze alla partita rispetto all’Olimpia.

Vladimir Micov (foto Stefano Gandini 2018)

Soltanto il confronto diretto ci dirà se si è trattato di un banale e fisiologico incidente di percorso o di un rallentamento proprio in vista dei playoff. Da non sottovalutare il fattore campo e il successo del Forum all’andata.
Dall’altro lato a Milano servirà un’impresa per dimostrare di che pasta è fatta. Più che il primo posto l’EA7 si gioca la credibilità in ottica postseason: vincere a Venezia sarebbe un bel biglietto da visita da presentare a tutte le contendenti, perdere questo spareggio potrebbe assestare un altro duro colpo ai precari equilibri, tecnici e mentali, della squadra di Pianigiani.
Chi vivrà vedrà.
Intanto, la Reyer si è tolta la soddisfazione del primo acuto europeo della sua storia.
E’ stato un bel momento per il nostro basket la finale tricolore contro Avellino (che contro Trento, nell’antipasto dei quarti playoff, deve difendere il più 11 dell’andata per non scivolare al quinto posto in griglia, perdendo il fattore campo) ma non dobbiamo esaltarci più di tanto sulla nostra competitività continentale.
Piuttosto, ricordiamoci che le due nostre finaliste di Europe Cup erano state tristemente eliminate ai gironi di Champions (non certo l’Eurolega).
Questo deve continuare a farci fare delle domande ma, soprattutto, deve convincerci che il trionfo dell’Umana è soltanto un punto di partenza per tornare ad essere protagonisti, con le nostre squadre di club, sui massimi palcoscenici europei.
Non sediamoci, dunque, sugli allori, facciamo i doverosi complimenti ad una grande realtà vincente come Venezia ed auguriamoci che l’ambizione e la progettualità degli orogranata possano essere fonte d’ispirazione.
Così come l’A2 può ispirare la serie A, con la sua imprevedibilità e incertezza.
I playoff sono iniziati e, gran parte degli ottavi, è andata secondo pronostico con il passaggio del turno da parte delle favorite Trieste, Treviso, Udine, Casale e Fortitudo.
Tutto regolare direte voi, beh, non proprio. E’ arrivato, infatti, un upset abbastanza inatteso ma, di certo, non impronosticabile: quello di Montegranaro, capace di sbarazzarsi di Biella in 4 partite.

Palla a due Kleb FE -Montegranaro

L’acuto della Poderosa è degno di nota contando che si tratta di una neopromossa ma non è del tutto sorprendente, visto il parco giocatori e la stagione di vertice condotta dai marchigiani.
La coppia di americani Powell-Corbett è una garanzia in A2 ma permettetemi di evidenziare la straordinaria stagione di un Valerio Amoroso, a quasi 38 anni, ancora dominante.
Adesso viene il bello e il gioco si fa davvero duro perché nei quarti ci sarà da scalare la montagna Trieste, di tutt’altra pasta rispetto alla deludente Biella, ma mai dire mai.
Restiamo in tema di playoff ma voliamo dall’altra parte dell’oceano.
Parlando della postseason Nba non si può non mettere l’accento su quanto sta facendo LeBron James.

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Il prescelto aveva già giocato, forse, la miglior regular season della sua carriera ma, adesso, sta scolpendo nel marmo il suo posto tra le leggende, già conquistato anni fa.
Basta vedere il modo sovrannaturale in cui ha spazzato via i Raptors in semifinale di conference, annichilendoli con buzzer beater, giocate irreali e cifre da paura.
Un animale assetato di sangue che si è abbattuto, per il terzo anno di fila nei playoff, come un tornado sui poveri Raptors.
Nella stagione più travagliata dal suo ritorno ai Cavs, a partire dall’addio di Irving in estate fino ad arrivare alle difficoltà nell’arco di tutte le 82 partite, passando per la trade invernale in cui è stato mandato via Thomas e rifatto il trucco a tutto il roster, lui c’è sempre stato.
Quando il gioco si è fatto duro, James ha mostrato a tutti, ancora una volta, di che pasta è fatto caricandosi la squadra sulle spalle, non solo sul campo ma anche fuori. Con dei gesti esemplificativi, come il regalare abiti grigi uguali a tutta la squadra da indossare all’arrivo all’arena, nel corso della drammatica serie contro i Pacers.
Ecco, i Cavs hanno fatto quadrato su di lui e lui ha accolto i compagni sotto la sua ala protettrice, riuscendo a rianimare due pedine chiave che erano in palese difficoltà: Love e JR Smith.
Tremate gente, con questo LeBron niente è impossibile.

Jacopo Romeo