LANZA 2di Marco Tarozzi

 

Matteo Lanza, nemmeno glielo chiediamo se sarà al PalaCarrara per assistere a Giorgio Tesi Group-Virtus Granarolo…

“Giusto. La risposta sarebbe scontata. Bologna e Pistoia sono state un bel po’ della mia vita cestistica. Ma andrò per godermi il presente, e spero di vedere il tipo di partita che piace alla gente”.

Vale a dire?

“Gli appassionati, alla fine, amano i giocatori che lottano, che si sacrificano. Forse perché chi fa fatica sul lavoro, nella vita, ad arrivare a fine mese, si identifica in loro”.

Sembra l’identikit del Matteo Lanza che scendeva sul parquet.

“Beh, a me stare dentro al gioco piaceva. Mi ci dedicavo…”

L’ultima volta che è venuto a Bologna, nella scorsa stagione, si è goduto presente e passato.

“Già, quella domenica è andata bene a Pistoia, che poi si è anche guadagnata un posto nei playoff, andando a giocarseli a testa alta. Però è stata anche la giornata dei festeggiamenti per il trentennale della Stella, il decimo scudetto bianconero, del quale sono stato parte soprattutto perché mi sono trovato al posto giusto nel momento giusto, dentro un gruppo di campioni veri. Ho vissuto un momento storico della società, ma è stato anche un periodo fondamentale per la mia vita”.

Momento giusto, ma non certo casuale.

“Sono arrivato a Bologna a sedici anni. Lì ho imparato a giocare a basket, sono andato a scuola, ho debuttato in Serie A, sentendomi un giocatore vero. Sono cose che non si dimenticano… Così come non posso dimenticare Gigi Porelli e soprattutto la signora Paola, che per i ragazzi della foresteria si è spesa dando loro un’educazione, una strada da seguire. Per me, che arrivavo a sedici anni in una grande città, è stata una seconda mamma. E’ un rapporto che è durato fino alla fine: quando l’Avvocato se ne è andato, io vivevo lì, in via Lame, insieme a Mario Martini. Sono stato fortunato anche in questo: avere un rapporto speciale con i Porelli mi ha arricchito dentro”.

Bologna le è rimasta nel cuore…

“Vivo a Massa, ma mi ci sento ospite. Sento Bologna come la mia città. Ci ho coltivato amicizie vere e durature, ci sono cresciuto come uomo. Perché è l’uomo che resta, il giocatore a un certo punto finisce. Le mie basi sono queste: la mia famiglia, la Virtus, le regole che ho imparato a Bologna. Quello che sono oggi è nato in quei giorni”.

Qui la si vede spesso, con gli amici di allora.

“Insieme abbiamo creato il WTKG, Willy The King Group, stringendoci intorno a William Boselli: grazie alla sua forza e alla sua carica umana abbiamo dato vita a Happy Hand, un festival di eventi legati allo sport ma anche all’arte, allo spettacolo, alla cucina, con cui vogliamo dimostrare che le diversità sono muri mentali e che le barriere non esistono”.

Sta seguendo il campionato della Virtus?

“Mi informo, seguo i risultati, vedo quello che posso. E non faccio previsioni. Diamo tempo a Giorgio Valli per costruire il suo progetto, diamo spazio ai giovani che devono giocare e anche sbagliare, per crescere. Domenica mi aspetto di vedere una Virtus diversa da quella che perse con Pistoia nel giorno della festa della Stella. Quella mi sembrò piuttosto dimessa, poco propensa a lottare. Mi piacerebbe vedere una partita combattuta”.

Che cosa significa la Virtus, per lei?

“Come giocatore credo di avere dato di più a Pistoia, a Livorno. Ma l’invito di Renato Villalta a vedere le partite mi dà gioia, e un senso di appartenenza difficile da spiegare. E’ bello sapere di essere stato parte di questa storia. Riguarda la vita, non soltanto la pallacanestro”.