Lasciata alle spalle l’estate (non senza resistenze, come vedrete), torna a marciare l’Ultima Legione, che ci accompagnerà anche in questa stagione con il suo pensiero indipendente ed i suoi commenti pungenti, sempre aperta al dialogo con lettori e addetti ai lavori.

L’estate del nostro scontento

Ci vuole una premessa. Iniziamo col dirvi della nostra ormai conclamata semi infermità mentale. Che ha origini assai lontane. Attorno ai sedici anni abitavamo sulle rive del fiume Adda, e naturalmente passavamo tutta l’estate al fiume, dalla sera alla mattina, appuntamento fisso per tutta la banda dei nostri amici. Conoscitori del posto, avevamo scoperto una piccolissima spiaggetta erbosa raggiungibile solo attraverso un sentierino scosceso e poco visibile, nel tratto dove il fiume è più selvaggio, con il suo corso incassato tra rocce e gorghi, tant’è che fu da li che Leonardo trasse ispirazione per la sua “Madonna delle rocce”, e quell’anfratto lo avevamo eletto come nostro rifugio. Progressivamente attrezzandolo con una sommaria capannuccia di quattro rami in croce, dove tenevamo una cassetta della frutta con olio sale e un poco di farina, e nascondevamo due canne da pesca con ami e lenze, avevamo anche una fiocina, ricordo, in più, con i sassi del fiume, avevamo costruito un focolare in pietra, perché il gioco era quello di una selvaggia sopravvivenza.

Le giornate erano lunghe, e qualcosa anche riuscivamo a pescare, perché era un tempo in cui lungo l’Adda c’erano ancora persone che con la pesca ci campavano, e da quelli avevamo attinto tecniche e segreti, per dire, settembre era un trionfo, con il passaggio (di ritorno) delle anguille verso il mare, bastava sapere che dove c’era una griglia la corrente le ributtava brevemente a pelo d’acqua, e a quello serviva la fiocina. Anche se, ad essere sinceri, spesso veniva sottratta dalle dispense familiari una buona parte di integrazione alimentare. D’altra parte, il vino, mica lo si poteva pescare…

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