Ballare nel deserto…

E sorridere. Chissà se ci vuole più ottimismo, gioia di vivere o una massiccia dose di sana incoscienza? Ballare e sorridere, comunque. Anche con il vuoto e l’arsura attorno. Che significa semplicemente credere nelle proprie passioni. Ballare sotto la pioggia, sperando che domani ritorni il sole.

 

Ballare guardandosi attorno. Vedere un campionato che ha zoppicato per tutta la stagione, perché così era nato, dispari, con una gamba in più, con una squadra che a turno riposava alla domenica, sicché anche la classifica non era mai immediata, ma dovevi sempre fare i conti con il percorso relativo e non lineare di ogni squadra, il che non è stato certo il massimo per la comunicazione, se  devi filtrare l’emozione della corsa con il calcolo e il ragionamento. Ma al tempo stesso, scoprire che quella gamba in più (Venezia), aggiunta per regio decreto all’ultimo momento, ci ha raccontato una storia meravigliosa, di passione e tradizione, di resurrezione.

 

Il PalaDesio stracolmo (foto R.Caruso)

Ballare, e scoprire che il campionato ancora in corso, a tre giornate dal termine in effetti si è fermato. Finite e definitive sia le otto squadre che accedono ai playoff, così come anche la retrocessione! Con le restanti formazioni che non hanno più nulla da chiedere o da dare. Tre giornate da (s)vendere, senza lo sprint finale, a tenere con il fiato sospeso protagonisti e appassionati. Che non è il massimo, se togli l’emozione, per un’accattivante promozione del nostro amato basket. Ma al tempo stesso, scoprire che il digiuno potrebbe purificare e far guarire dai relativi acciacchi Cantù e Siena, e soprattutto portare il fuoco sacro, per troppo tempo covato sotto la cenere, necessario per riaccendere le sfide finali, con le cinque vittorie consecutive di Milano, che forse significano, per il modo convincente in cui sono arrivate, il raggiungimento della maturazione e della continuità di espressione  del gruppo che, piaccia o non piaccia, è oggi il solo in grado di “patinare” l’immagine del nostro movimento e salvare la dimensione metropolitana, dopo il lento e inesorabile suicidio collettivo delle oche del Campidoglio romano. Ed anche  qui, continuare a ballare, sulla musica malinconica che viene da lontano, ricordando che ad un tempo ormai lontano risale il record italiano di spettatori, proprio tra Roma e Milano (14.348, il 19 aprile 1983, Banco Roma-Billy Milano), come lontano è anche il ricordo del record nazionale di incasso, quando Bologna era Basket City e c’era il Grande Derby (418.062, Kinder-Paf il 19 maggio 2001): due realtà scomparse. Ma al tempo stesso, sorridere, ripensando all’emozionante bufera di passione che si è scatenata al PalaBanco Desio, tra Bennet Cantù e Montepaschi Siena, soltanto il 12 aprile scorso.

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