Ferdinando Minucci (foto A.Bruchi 2013)

Ferdinando Minucci (foto A.Bruchi 2013)

Il futuro presidente di Lega, Ferdinando Minucci, ha rilasciato un’intervista al Corriere Adriatico in edicola questa mattina.

Quali sono le linee guida sulle quali sta ragionando?

Il basket italiano non sta vivendo un periodo particolarmente felice. L’esigenza di tutti i club è quella di avere maggiore visibilità e forza come aziende all’interno di un sistema economico che premia certi sforzi. Marketing e tv, in primis, ma anche una politica sinergica che ci porti ad essere davvero il secondo sport di squadra in Italia. Dobbiamo riuscire a farci conoscere da più persone possibili.

In questa ottica, hanno avuto un buon riscontro le Finali di Coppa Italia di Lnp di Rimini. Pensa sia un format cui guardare con interesse?

Ne ho parlato pochi giorni fa col presidente Bragaglio ed il dg Coldebella. Credo sia importante recuperare queste esperienze positive e non sentirsene al di fuori perché il movimento ha bisogno di unità.

Le due maggiori espressioni cestistiche regionali, Montegranaro e Pesaro, sono in sofferenza, come tante altre in serie A. Cosa si dovrebbe fare per evitare che ogni anno si arrivi a situazioni del genere?

Bisogna scindere tra chi ha difficoltà strutturali e altre che sorgono all’improvviso, penso a sponsor che lasciano senza preavviso. Le colpe non sono sempre dei dirigenti. I controlli di Fip e Lega sono efficaci, bisogna creare i presupposti per aiutare chi va in difficoltà.

Intanto però le Marche restano al centro del basket italiano con l’All Star Game.

La scelta di Ancona è stata fatta da Rcs, che organizza l’evento. Evidentemente avranno trovato le giusti condizioni e la Lega non può che appoggiarle.

Nei giorni scorsi, il presidente dell’Eurolega Bertomeu ha criticato il modello italiano basato su piccole realtà provinciali, tra cui Siena, correggendo il tiro solo in seguito alle polemiche.    

Bertomeu ha molta stima di Siena e della mia persona. So qual è la loro ambizione e la comprendo. L’Eurolega è in una fase di sviluppo ma l’Italia ha fatto sempre della provincia un suo punto di forza. È evidente che le grandi città possano dare un contributo ma entrambe le realtà possono rappresentare il nostro movimento.

Italiani in campo. Servono regole per aiutarli ad emergere o un maggior lavoro sui vivai?

È un falso problema. Non dobbiamo tutelare il giocatore italiano, ma spingere perché più persone possibili si avvicinino al gioco. Poi sta a società e Fip valorizzarli col lavoro. Tanto i bravi giocano, nessuno crea ostracismi.