Eduardo Lubrano

Eduardo Lubrano

Questa volta prendo spunto da una questione che mi angustia da quando seguo le vicende della palla a spicchi: le sanzioni disciplinari che il Giudice sportivo commina ogni lunedì e delle quali la FIP ci informa, di queste sì, con solerzia sospetta.

Trascrivo dall’ultimo comunicato ricevuto, lunedì 7 gennaio: “E.A.7 ARMANI MILANO ammenda di Euro 500,00 per offese collettive sporadiche del pubblico agli arbitri. FAMILA SCHIO ammenda di Euro 150,00 per offese collettive sporadiche del pubblico agli arbitri”.

Dunque lo stesso tipo di comportamento scorretto del pubblico, offese collettive sporadiche agli arbitri, ma due diverse sanzioni pecuniarie come direbbero quelli bravi. Cinquecento euro alla squadra di serie A maschile, 150 a quella di serie A femminile. Perché?

La prima risposta è quella che conta, diceva Mike Bongiorno: nella serie A maschile c’è più ricchezza e quindi le società possono pagare multe più pesanti. Ma non mi convince affatto. Perché in questo modo si da ad intendere che la persona che arbitra in serie A maschile vale di più di quella che arbitra nella serie A femminile. Il che naturalmente è aberrante e dunque impossibile.

Forse si potrebbero trovare soluzioni diverse per punire le offese. E poi ho un’altra obiezione diciamo così di carattere morale. Ma un’offesa è grave a prescindere da quante volte viene pronunciata o no? Secondo me sì. Basta una volta che qualcuno faccia riferimento ai miei antenati che non ci sono più per sentirmi legittimamente offeso. A maggior ragione se non sto ordinando un attacco nucleare ma sto solo dirigendo una partita di pallacanestro. Il fatto che mi venga ripetuta più volta non cambia nulla. Ed invece se si tratta di “offese sporadiche” la cifra è una, se sono “frequenti” la cifra si raddoppia. Così come mi piacerebbe moltissimo sapere come sono composte le tabelle di queste sanzioni per cui leggo cifre tipo 336 euro, 667 euro.

Infine le ultime due cose. Trascrivo ancora pedissequamente dal comunicato: “UMANA VENEZIA MESTRE ammenda di Euro 3.000,00 per offese collettive frequenti del pubblico agli arbitri, per lancio di oggetti contundenti (palle di carta e una borsa di plastica) collettivo sporadico, colpendo senza danno, per minacce verbali isolate e frequenti”. Palle di carta ed una borsa di plastica sono oggetti contundenti? Anche qui mi avvalgo della trascrizione, dal dizionario Hoepli questa volta che alla voce “contundente” riporta: ”Che produce contusione, lesione. Corpo contundente, oggetto che serve a percuotere, che produce o può produrre contusioni”. Accetto qualunque spiegazione scientifica e giuridica che mi dimostri come una palla di carta ed una borsa di plastica (non meglio specificata) possano produrre lesioni.

Arbitro in posa plasticaE qualcun altro deve spiegarmi la sanzione affibbiata a Jesi : FILENI-BPA JESI ammenda di Euro 366,00 per offese collettive frequenti del pubblico agli arbitri per lancio di oggetti non contundenti (pallone) isolato e sporadico, colpendo”. La mia sensazione, ma evidente sbaglio, è che il pallone possa davvero produrre lesioni e danni importanti, specie se colpisce come nel caso riportato. Ma questa sarà stata una svista o del giudice o della trascrizione. Altrimenti sono cretino io.

E per chiudere: non ho nulla contro Thornton, che è un giocatore che mi piace tantissimo, ma in questo caso prendo ad esempio la sanzione che gli è stata comminata: MARVIS LINWOOD THORNTON III (Gioc. BANCO SARDEGNA SASSARI) squalifica per 1 gara per aver tenuto un comportamento che ha causato danni a cose (sedia degli ufficiali di campo) provocando la reazione del pubblico Sostituita con ammenda di Euro 3.000,00”.

Non sarà molto grave prendere a calci la sedia degli ufficiali di campo? Perché sostituire la squalifica con l’ammenda quando si tratta di un gesto che non ha spiegazioni né giustificazioni? Non sono un talebano, tutt’altro, vorrei solo un po’ di buon senso e di esempi. Non la questua settimanale di una Federazione che ha un bilancio secondo solo a quello del calcio e forse pari a quella del rugby.

EDUARDO LUBRANO