Master SBS - 21 novembre - OPEN DAY-15

Gherardini, Djordjevic e Coldebella alla Ghirada (Foto: Master SBS su Facebook)

Venerdì 21 Novembre, centro sportivo La Ghirada, alle porte di Treviso, il Master SBS di Verde Sport e Ca’ Foscari organizza un’open day per accogliere quanti volessero sbirciare all’interno di una delle eccellenze accademiche del nostro paese. Per farlo, come in molte altre occasioni nel corso delle edizioni precedenti, ha scelto un filo conduttore che tenga legati i diversi ospiti della giornata. Un filo conduttore che in questo caso è la pallacanestro.

Alla tavola rotonda, pertanto, abbiamo l’occasione di vedersi sedere il DG di Lega Nazionale Pallacanestro, Claudio Coldebella; il coach della nazionale serba, nonché vecchia conoscenza del campionato italiano, Sasha Djordjevic; il membro della federazione spagnola, Jorge Garbajosa, ex tra gli altri di Treviso e Toronto Raptors; ed il GM del Fenerbahce Maurizio Gherardini. Non bastasse, Flavio Tranquillo, giornalista Sky da sempre legato alla pallacanestro sui due lati dell’oceano, è stato chiamato a moderare la discussione, prima, ed a presentare il suo “Altro tiro, altro giro, altro regalo”, poi.

Un quintetto versatile per esperienze ed estrazione, che è stato in grado di attirare alla Ghirada non solo una buona dose di universitari interessati al master, ma anche una folta rappresentanza di tifosi, appassionati e addetti ai lavori che ha occupato la sala convegni del centro sportivo in ogni ordine di posto.

La discussione, incentrata sullo stato attuale della pallacanestro italiana e sulle sue prospettive future, germoglia da quello che, anche a detta del presidente federale Petrucci, sembra essere il grande male del basket nostrano: l’altissima affluenza di stranieri. A parlare per primo è Sasha Djordjevic: “Io a 24 anni ho rifiutato un offerta dagli Stati Uniti per poter venire a Milano. Oggi, se c’è un posto dove i giocatori serbi non vogliono venire, è qui in Italia. In Venezia-Varese di qualche settimana fa” continua “Michele Ruzzier è stato l’unico italiano utilizzato con un minutaggio considerevole, non è accettabile.” A sostenerlo è Garbajosa, che però corregge il tiro, ampliando il discorso all’impiego in campo ed alla durata della permanenza nel nostro campionato: “Gli italiani posso essere anche 3 o 4, ma devono giocare, e devono poter formare un gruppo stabile, anche con l’aiuto di alcuni stranieri, nel quale i tifosi si possano identificare per più stagioni. Per me, al mio arrivo a Treviso per la prima volta, è stato importantissimo conoscere Bulleri, Marconato, Nicola e Pittis, mi hanno aiutato ad integrarmi nella società, mi hanno spiegato cosa voleva dire il basket qui a Treviso.”

La parola viene poi ceduta alla metà manageriale del tavolo, con Maurizio Gherardini a rincarare la dose: “Bisogna guardare in faccia la realtà: sono stati persi dei treni importanti, il momento economico è quello che conosciamo tutti ed al suo interno è molto difficile fare sport. È necessario pensare out-of-the-box, senza precludersi niente”. Per ascoltare parole un po’ più ottimiste bisogna aspettare che intervenga Coldebella: “Oggi il 90% dei budget delle società viene impiegato per pagare gli stipendi dei giocatori, trascurando troppo l’aspetto manageriale. La società è importante tanto quanto la squadra, e il futuro non può che passare dallo sviluppo dei giovani, sportivamente e culturalmente. 9 dei 12 ragazzi che lo scorso anno hanno vinto l’Europeo Under 20 ora giocano in LNP, e pochi giorni fa Biella, che da retrocessa ha scelto di investire sui giovani e sugli italiani, ha conquistato una vittoria in Eurochallenge contro LeMans”.

Ancora Gherardini: “Spesso la NBA viene vista come un pianeta lontano, e per certi versi lo è, ma tra le cose che è alla nostra portata copiare ce ne sono alcune di fondamentale importanza, come il severo rispetto delle regole da parte di tutti, e l’estrema chiarezza di queste. Il prodotto basket in Italia, oggi, è inesistente, va creato da zero, altrimenti il movimento rischia di implodere su sé stesso.”

Spostato il focus sui giovani italiani, Tranquillo prova a trasformare la discussione in qualcosa di propositivo, chiedendo “Oggi, per la sua crescita tecnica, di cosa ha bisogno ciascuno di questi ragazzi?”

A rispondergli per primo è ancora Sasha Djordjevic, che racconta un curioso aneddoto su Danilo Gallinari e sul come questi, appena approdato a Milano dalla A2, abbia convinto lo stesso Djordjevic a preferirlo a Mario Gigena, riempiendo un intero foglio di buoni propositi e obiettivi, personali e di squadra. “Restare in campo” dice “Restare in campo anche quando si sta giocando male, perché è importante vivere e gestire anche i momenti negativi. Ed è chiaro che per poterlo fare è fondamentale avere un allenatore ed una società che sposino quella linea”. “Il progetto” controbatte Garbajosa “Si deve fare in modo che questi giocatori sentano di essere una parte importante di esso. Nella mia carriera i migliori allenatori che ho avuto sono quelli che mi hanno chiesto più di tutti, ma che mi hanno restituito altrettanto, sportivamente e umanamente.”

“Ma la materia prima, questi giovani giocatori dal futuro azzurro, ci sono davvero?” chiedono dalla platea.

L’esempio di Reggio Emilia è il primo che viene portato a sostegno della tesi: “Gli infortuni di Diener e Lavrinovic hanno favorito l’impiego dei vari Mussini, Della Valle e Polonara, ma loro si sono fatti trovare pronti, e questo non era per niente .” Dopodiché viene sollevato un dato quantomeno curioso: “La classe del ’93 che ha vinto l’europeo lo scorso anno, aveva 6 anni quando l’Italia ha vinto a Parigi e 11 quando si è aggiudicata la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene. Non è un caso. La Nazionale è sempre lo specchio di un movimento, e per alimentarla non è necessario che saltino fuori venti giocatori ogni anno, ne bastano due o tre da inserire in un ambiente rodato.

Il tempo scade, la carne messa al fuoco è tanta, e forse qualche domanda è rimasta senza risposta: “La discussione è stata molto positiva dal punto di vista dell’analisi attuale e della proposizione” dirà Tranquillo nel corso della presentazione del suo libro “Ma un po’ carente quando si è trattato di individuare le criticità di queste proposte, specie nell’ottica di volerle superare.” L’applauso che la sola tributa ai quattro oratori è comunque notevole, non solo segno di apprezzamento, ma anche un ringraziamento simbolico per quattro figure che tanto hanno dato alla pallacanestro italiana e che in questa giornata hanno dimostrato di poter essere ancora degli interlocutori validi per un mondo, quello della palla a spicchi, che ha un grande bisogno di teste pensanti.