Shaquille O’Neal era eccezionale veramente. Lungo solido come una quercia, ha attraversato il territorio Nba lasciando un segno indelebile. E l’hip-hop ha consolidato una fama di giocatore vincente. Shaq aveva capito tutto sin da ragazzino, la spiegazione è tutta tra le parole della sua I’m Outstanding.
Shaquille O’Neal era un pivottone dominante classe 1972, alto 2,16 m, centimetro più, centimetro meno, peso forma pari a 147 kg, 57 il numero di piede. Un omone che ha attraversato le praterie dell’Nba tra la fine dello scorso secolo e l’inizio dell’attuale, un centro possente, difficile da marcare, un concentrato di potenza devastante e cattiveria, forse non troppo tecnico (che dite, togliamo il forse?) ma in grado di spostare gli equilibri (e gli avversari) sotto i cristalli.
Shaquille ha avuto una infanzia difficile, con un padre biologico senza arte né parte che lo ha subito lasciato al proprio destino e un patrigno (il secondo marito di mamma Lucille) severo, un militare dai modi decisi e risoluti. Nella sua vita parallela, una vita da rapper impenitente, con quattro album incisi tra il 1993 e il 1998, il giocatore di Newark ha spesso approfittato dell’hip-hop per raccontarsi, per condividere la propria storia e le proprie difficoltà. Biological didn’t Bother, per dirne una, apre uno squarcio in un microcosmo familiare particolarmente complesso, e un titolo di tal fatta non dovrebbe lasciare dubbi su come la si pensi in casa O’Neal sull’argomento.
Inevitabile che l’istinto da rapper avrebbe portato Mr. O’Neal a confabulare di pallacanestro. I’m Outstanding, tratto dall’album di debutto SHAQ DIESEL, è una sorta di confessione, un collage di ricordi, di pagine strappate da un diario zeppo di ricordi. Fino a trasformarsi in una storia che tocca la famiglia e gli anni della giovinezza, quando il giovane Shaq aveva già tracciato gli obiettivi da raggiungere. Tutto è chiaro sin da quando le liriche evocano i genitori: “Ricordate quando mi chiedeste, un giorno / chi vorrei essere? / E i risposi: Doctor J”. Non è andata esattamente così, l’eleganza di Julius Erving rappresentava un proposito fuori luogo per uno che, in futuro, avrebbe usato tutta la propria, esplosiva fisicità per poter spadroneggiare all’interno dell’area colorata. Ma, in fondo, Doctor J o no, il percorso da intraprendere non poteva essere che quello lì. Tanto più che mamma annuiva, papà un po’ meno: “Mamma fece un sorriso / babbo si accigliò”.
Il testo della canzone descrive lo Shaq adolescente che cresce e si fa conoscere come cestista in crescita vertiginosa, e la consapevolezza di essere entrato a far parte nel mondo dei più grandi si materializza in poche, decisive parole: “Frantumerò i tabelloni”, sentenzia sicuro, per poi spararla grossa ma poi neanche tanto: “Sono nato da mia madre / ma sono una creatura di Dio / sono eccezionale”. O’Neal già si vede a scorrazzare tra i parquet dell’Nba intento a dettare legge, senza però dimenticare di lavorare duro per diventare il più forte di tutti: “Non mi fermerò / devo continuare a lottare / fino a quando non raggiungerò la vetta / Vado a dare una sbirciata da sopra la montagna / scorro come una fontana”. Da quella montagna, O’Neal guarderà scorrere il mondo sotto i suoi piedi: marcherà il territorio aggiudicandosi quattro anelli (tre, consecutivi, con il Los Angeles Lakers, in compagnia dell’amico-nemico Kobe Bryant, l’altro con i Miami Heat), con un contorno di quindici partecipazioni all’All Star Game.
I’m Outstanding è il secondo singolo uscito dai solchi di SHAQ DIESEL, l’interpretazione dell’ex Lakers è calda e passionale ma guai a sottovalutare il fior fiore di campionamenti inseriti nel pezzo, da Don’t Stop the Music dei Yarbrough and Peoples a Outstanding della Gap Band, fino a Jingling Baby, firmato da LL Cool J e al James Brown di The Payback. D’altra parte, il migliore non poteva che scegliere i migliori.