Dejan Bodiroga e Ian Dury. Uno dei più grandi cestisti europei e un cantante punk. Praticamente due fratelli.

Cos’hanno in comune Ian Dury e Dejan Bodiroga? Riposta semplice: nulla. Quale legame può tenerli uniti, anche se solo per un attimo? Nessuno, perbacco. O forse no. Proviamo a ragionarci su.
Ian Dury era un cantante la cui fama esplose durante l’epopea punk: bruttino, un po’ sciancato a causa di una poliomielite contratta da bambino, uno che non è mai stato a suo agio con il politicamente corretto, anzi. Era il frontman di un gruppo chiamato Blockheads e un giorno di un inquieto 1977, assieme a un altro poco di buono come Chaz Jankel, chitarrista della band, scrisse una canzone che lì per lì sembrava la solita menata da dimenticare subito dopo la pogata del fine settimana al club: “Sex, drugs and rock’n’roll”. E invece no: fu un successo planetario, che un giorno avrebbe fischiettato anche il più sfegatato dei fan di Fra’ Giuseppe Cionfoli. Non solo: quelle parole si sarebbero presto eternizzate tra i discorsi (parola grossa) di noi giovani in piena esplosione ormonale: “Hey ragazzi, stasera solo sesso, droga e rock’n’roll, d’accordo?”. Anche se, in realtà, avremmo preferito buttarci sul divano a bere birra e a ruttare, tv accesa e Maria De Filippi a esaltare la nostra aria in eccesso.

Dejan Bodiroga era un asso del basket. Tecnica mostruosa, 2,05 di talento diffuso, il classico cestista di scuola slava: un giocatore totale, bastava consegnargli la spicchia tra le mani fatate ed era come metterla in cassaforte. Vittorie tante, con i club, con la nazionale jugoslava, con quella di Serbia e Montenegro. E poi, mai visto il buon Dejan comportarsi in modo scorretto, litigare con qualcuno, cercare la rissa, menare le mani. No, niente di tutto questo. Dejan Bodiroga non è mai stato lo Ian Dury del basket. E Ian Dury non è mai stato il Dejan Bodiroga del punk rock. Caratteri diversi, differenti modi di stare al mondo. Nulla da spartire tra i due, insomma. Fino a quando non sbucarono dal nulla – almeno per noi che ci troviamo al di là della ex Cortina di Ferro – Prljavi Inspektor Blaza i Kljunovi, ovvero lo sporco ispettore Blaza e i becchi. O qualcosa del genere. Il serbo è lingua ostica e il traduttore di Google serve quanto una borsa d’acqua calda all’Equatore a mezzogiorno. Poco importa: qui si parla di un gruppo di Belgrado nato negli anni ’90 e tuttora in attività, che nel 2014, o giù di lì, sfornò un singolo dal titolo “Seks, droga, Bodiroga”. Ci siamo. Parafrasando Ian Dury, l’ispettore Braza ha sdoganato Bodiroga, inserendolo nell’Hall of Fame del punk serbo con una sola mossa Ecco cosa hanno in comune i due: praticamente tutto.

“Sex, droga, Bodiroga” è un bel pezzo pestone, che racconta di come sia più importante starsene posizionato in poltrona con il tubo catodico in funzione ‘on’ a ingurgitare birra e a ruttare che uscire con gli amici a combinare casini. Peraltro senza correre il rischio di dover evocare una qualche Maria De Filippi serba. Anche perché c’è la partita. E gioca lui. “Non abbiamo bisogno di pane – spiega il testo della canzone – ma delle giocate di Bodiroga. Abbiamo il nostro Dio e il suo nome è Bodiroga, questo è quel che ci manca, questo è quel che noi siamo: sesso, droga e Bodiroga”. Giusto per non farsi mancare nulla, al videoclip partecipa sua maestà Dejan. Che sopporta con stoicismo gli sberleffi della band. Tanto è uno che non reagisce e loro se ne approfittano. Giustamente. Che poi è evidente che il brano e relativo video non sono nient’altro che un omaggio, scanzonato e al tempo stesso sincero, a uno dei giganti della pallacanestro europea. E il gigante poteva solo apprezzare. Con ogni probabilità, avrebbe apprezzato anche lo zio Ian.