È tornato il momento dell’anno che tutti gli appassionati di basket aspettano: da questa sera riparte il campionato NBA. Anche quest’anno, un’esclusiva targata Sky Sport che, con il canale dedicato “Sky Sport NBA” (206), darà la possibilità di restare aggiornati 24 ore su 24 su tutto ciò che accade oltreoceano.

Paola Ellisse (foto Facebook.com)

L’altra grande novità di quest’anno è che a raccontare le gesta delle stelle del campionato professionistico americano torna anche la voce femminile del basket per eccellenza: Paola Ellisse, alla quale abbiamo domandato cosa aspettarci da questa nuova emozionante stagione che sta per iniziare… e non solo!

Di Gloria Tedeschi

L’NBA è un mondo fondamentalmente maschile dove non è affatto facile trovare una donna come voce delle partite. 
Come mai questa scelta? Senti di dover dimostrare sempre quel qualcosa in più per ottenere la stessa credibilità dei colleghi uomini?

È stata la naturale evoluzione del mio lavoro: non avrei certo potuto fare la bordocampista o la conduttrice per sempre, desideravo provare nuove emozioni e  mettermi in gioco su qualcosa di più impegnativo. Sono cresciuta guardando Flavio Tranquillo e Federico Buffa entrare e uscire dalla sala speaker e mi sembravano sempre felici di ciò che facevano: volevo provare quella felicità.

Non ho mai pensato che il mio essere donna dovesse incidere.

Certo, so che essere credibile è molto più difficile, ad ascoltarmi sono soprattutto uomini che spesso vorrebbero essere al mio posto. Li comprendo, anch’io vorrei essere al mio posto, se non ci fossi già!

Per questo non smetto mai di studiare e cerco di prepararmi al meglio, anche se l’errore è sempre dietro l’angolo. Accetto volentieri le critiche che possono aiutarmi a crescere e cerco di farmi scivolare addosso quelle gratuite, anche se a volte fanno male.

Avendo già commentato partite di Serie A e di Eurolega quali sono, se ci sono, le differenze in fase di preparazione tecnica per approcciarsi all’NBA?

Beh, parliamo di due pianeti diversi, anche se il gioco resta sempre lo stesso.

Sotto certi aspetti la preparazione per una partita NBA è più facile perché ci sono molte più informazioni disponibili, ma lo sono per chiunque abbia un PC, e chi è appassionato di NBA è sempre anche molto informato.

Credo che la cosa più importante sia ricordare le differenze di regolamento, commentare senza avere la presunzione di insegnare niente a chi sa già tanto e cercare di avere un buon ritmo per rendere il più possibile coerente la cronaca con le immagini.

Infine, è fondamentale divertirsi ed emozionarsi in prima persona perché sono quelle le vibrazioni che possono arrivare a chi guarda e ascolta.

Qual è stato il momento più emozionante che ti è capitato di commentare in ambito NBA, in cui sicuramente le tue sensazioni hanno bucato lo schermo e sono arrivate agli spettatori a casa?

Onestamente faccio fatica a ricordarne uno, sono passati tanti anni da quando facevo la NBA. In realtà mi emozionavo sempre tantissimo perché lavoravo con Federico, ed era come avere un “Federico Buffa racconta” seduto accanto. Alzava il ditino per chiedere la parola e poi attaccava col racconto di un giocatore cresciuto con la nonna che gli faceva il polpettone o di sparatorie nei project dove era cresciuto o di qualcuno che aveva frequentato un’università talmente povera da avere il campo con i canestri storti. Mi perdevo in quei racconti e la partita diventava la cornice di un quadro pennellato da Fede.

Con Igor Kokoškov a Phoenix abbiamo finalmente un capo allenatore europeo su una panchina NBA. Come pensi che un coach di scuola europea che, nonostante i molti anni da vice in America, porta comunque un tipo di pallacanestro a cui i giocatori non sono abituati, possa rendere questa squadra più vicina ai playoff provando a vincere e non solo puntando a sviluppare giovani “tankando”?

Kokoškov è il primo europeo di nascita ma ho sempre ritenuto D’Antoni o Blatt coach di stampo europeo per formazione (spero per Kokoškov che la sua carriera somigli più a quella del primo e non a quella del povero Blatt….).

Forse, vista la lunga esperienza nel mondo cestistico americano, tecnicamente è il meno europeo dei tre! Scherzi a parte, quella di Phoenix è sicuramente per lui una bella sfida: non solo deve cercare una quadratura per rendere la squadra migliore ma deve anche riconquistare la fiducia del pubblico.

Inoltre, ha una squadra tutta da scoprire: a partire dall’impatto che potrà avere Ayton, a cui dovrà insegnare qualche precetto di difesa, per arrivare alle condizioni di Booker e alla necessità di trovare un’identità tecnica non avendo un vero point guard a roster. Una bella avventura che, però, richiede pazienza e bisogna capire quanta ne avrà la proprietà.

Con Lebron James passato ad Ovest, chi sarà la prossima stella della Eastern Conference pronta a brillare?

Temo di dare una risposta scontata, ma non posso non dire Giannis Antetokounmpo. Dopo la crescita dello scorso anno questa dovrebbe essere, per lui, la stagione in cui prendere in mano non solo la Eastern Conference ma tutta la NBA.

Guardando ad Est, una volta partito LeBron, il panorama sembra mostrare i Celtics come favoriti, insieme a Philadelphia e Toronto, soprattutto dopo l’acquisto di Leonard da parte di quest’ultima.

Quale pensi possa essere la squadra sorpresa che potrebbe entrare a far parte delle prime quattro?

Attaccandomi alla risposta precedente dico Milwaukee, un po’ per coerenza e un po’ perché sembra, almeno sulla carta, essere pronta a fare il salto di qualità: nuova guida tecnica, qualche veterano, una stella e nuovi innesti che sanno fare canestro. Se la chimica dovesse essere giusta, credo che i Bucks potrebbero fare una bella stagione.

In ottica playoff, in caso di finale Boston – Golden State, quali potrebbero essere le chiavi tattiche dell’eventuale vittoria della squadra di Steph Curry?

Essere Golden State. Sanno come si fa a vincere e a quel livello non è poco. Sono una squadra in cui certo non mancano ego grandi come mongolfiere ma sanno che per vincere devi sgonfiare la mongolfiera e fare quello che serve, compreso il lavoro sporco e, contro una squadra come Boston, di lavoro sporco c’è ne sarebbe da fare: difesa, tenuta mentale, “presenza” sui 48 minuti… credo che sarebbe una finale emotivamente bellissima, a partire dal lavoro di due splendidi coach.

Mi hai fatto venire l’acquolina in bocca!

Facendo un parallelo tra calcio e NBA, lo scandalo che sta coinvolgendo Cristiano Ronaldo è già stato vissuto da una star mondiale come Kobe Bryant. Da donna, come vedi queste vicende?

Discorso complicato, servirebbero ore per sviscerarlo.

Dovendo essere inevitabilmente breve e andando oltre ai nomi altisonanti dei protagonisti, vivo queste storie come vivrei qualsiasi storia in cui una donna subisca un qualsiasi tipo di violenza, sia essa fisica o psicologica, rischiando anche di sentirsi dire “te la sei cercata, sapevi a cosa andavi incontro”.

Le parole possono pesare più del piombo e una violenza ne esce raddoppiata.

Le parole, però, hanno un significato preciso e la parola “NO” non cambia né peso né significato, anche se viene pronunciata quando non la vorresti sentire.

Poi ci sono tante altre sfaccettature che non vanno dimenticate: dalla piccolezza di certi commenti al fatto che ogni colpevolezza debba essere dimostrata senza ombra di dubbio, prima di crocifiggere qualcuno.

Resta la miseria nel vedere che nel terzo millennio ci possano ancora essere vicende come questa. Mi intristisce enormemente.