DailyBasket ha intervistato nuovamente il Country Director di NBA ItaliaKatia Bassi, per tracciare un bilancio degli eventi estivi Schools Cup e 3X Tour e per presentare la tappa italian di NBA Europe Live Tour di domenica prossima a Milano , in cui l’Olimpia EA7 Milano ospiterà i Boston Celtics.

Katia Bassi, “ambasciatrice” della NBA in Italia

DB – Partiamo dalla Schools Cup. È stato il primo anno; la finale si è tenuta a Trieste e c’è stato un grande responso di pubblico, tanto che l’iniziativa è già stata rilanciata per il prossimo anno con numeri verosimilmente in crescita: dal punto di vista di NBA Italia è percorribile ed auspicabile in prospettiva futura un maggior coinvolgimento di un interlocutore istituzionale come il MIUR, dato che il progetto si rivolge alle scuole?

KB – Questo è un programma che nasce proprio con questo tipo di “imprinting”, potremmo dire. Siamo partiti con questo progetto per coinvolgere il più possibile le scuole da un lato, oltre che per ricreare il glamour NBA: onestamente è, però, molto difficile adeguarsi ai nostri standard. Le varie istituzioni si possono naturalmente incontrare su operazioni più strategiche, però normalmente noi vorremmo condurre le cose come piace a noi, quindi con una parte di grande entertaiment, come si è visto appunto nella tappa finale, con le nostre cheerleaders, ad esempio, e, quindi, non perché noi non si sia interessati a qualsiasi tipo di collaborazione, ma è gioco forza più facile organizzarla inter nos.

DB – Da questo punto di vista un appoggio istituzionale farebbe dunque senz’altro comodo.

KB – Assolutamente sì, ma aggiungiamo anche che per noi è stato il primo anno quindi prima di presentare un progetto, nonostante sia stato definito encomiabile da Petrucci, vorremmo prenderci un anno  o due. Questo trascorso è stato l’anno “1”, è stato un anno di prova ed è stato un grandioso successo; vorremmo che l’anno “2” fosse l’anno del consolidamento.

DB – Passando al 3X Tour possiamo citare qualche numero come il record di iscrizioni alla tappa di Napoli dove si è frantumato il record precedente raggiungendo le 300 su soli 6 campi: grande risposta di passione ma nonostante la location incantevole forse ciò che rimane critico resta la logistica di questi eventi in Italia?

KB – Come già detto a proposito della Schools Cup è per noi è fondamentale da un lato l’aspetto dell’entertainment, ma dall’altro anche trovare location che permettano la presenza simultanea di una moltitudine di persone, che in Italia non sono facili da trovare. In quel caso privilegiamo le aree ad alto traffico naturale perché, oltre ai ragazzi, possono intervenire anche le famiglie e gli amici, fratelli e sorelle: che si trasformi, cioè, in un momento di aggregazione che coinvolge un po’ tutta la famiglia, ma che ci consente di poter contaminare anche fan che sono semplicemente curiosi e che in tal modo si possono rendere conto di che cosa rappresenta l’NBA.

DB – Non tutti possono, tra l’altro, offrire sfondi urbani come quello di piazza unità d Italia a Trieste.

KB – Indubbiamente. Anche le municipalità beneficiano di questo evento e, infatti, si sono mostrate sempre molto recettive in tutte le tappe di 3X proprio perché si è dimostrato un evento in cui i ragazzi giocano in grande serenità, partecipano ad una serie di attività collaterali al torneo ed hanno la possibilità di vivere al 100% un evento NBA. Si veda la presenza di James Harden a Roma, dove ha ingaggiato un “uno contro uno” con i ragazzi ed i commenti che ho potuto leggere su Facebook sono straordinari: quando mai ti ricapita di giocare così contro una medaglia olimpica?

Gallinari nella tappa 3X di Lignano (foto D. Miocic 2012)

DB – NBA ha scelto Harden ma anche Gallinari: ovvero volti nuovi anche per andare incontro alle nuove generazioni, tra le quali sono sempre più numerosi i “nativi” NBA, se pensiamo alla prima partita trasmessa in Italia nel 1981 in cui molti erano già più avanti negli anni, mentre oggi, per i ragazzi, l’NBA è qualcosa di davvero quotidiano.

KB – Assolutamente. Il nostro è un target molto giovane ed è per questo che lavoriamo molto sulle piattaforme social network perché sono soggetti che pochissimo guardano alla televisione come medium, ma preferiscono avere una informazione diretta, costante, ma anche “on demand”. Dobbiamo adeguare tutto: sia i “talent” che portiamo, i nostri giocatori, ma anche il modo di rivolgerci al pubblico.

DB – Parlando della flessibilità del prodotto qual è l’ingrediente del basket NBA che ha permesso all’unico sport autenticamente americano di penetrare tutti i mercati, sapendo parlare a tutte le età e a tutte le culture?

KB – Gli elementi fondamentali sono 2: il primo è di avere una lega decisamente molto forte. L’unione di tutte queste squadre  ed anche dei giocatori, che sono persone decisamente lungimiranti e disponibili all’incontro diretto con il pubblico, è ciò che fa la differenza, perché quando andiamo all’estero non portiamo la “primavera”, volendo fare un paragone col calcio, ma portiamo la squadra titolata, come nel caso dei Celtics, in cui potremo ammirare Rajon Rondo e Kevin Garnett, e questo significa avere molto rispetto per il nostro fan. Il secondo elemento è la componente di intrattenimento fa la differenza perché ti aspetti quello che poi succede cioè qualcosa di “Big”, per riprendere il claim di NBA.

DB – Passata la stagione in cui erano i giocatori NBA a finire la loro carriera in Europa o in Italia ora sono giocatori europei, sudamericani ed asiatici ad andare oltreoceano: quanto dipende da una scelta strategica di Stern per allettare i mercati e quanto invece questo trend attesta la crescita del movimento europeo o extraamericano?

KB – Entrambe le cose. Ovvero una lega attenta ai presìdi nelle varie “country NBA” che però non abbandona la qualità: tra un tedesco, come Dirk Nowitzki, visto che gli altri amici che verranno in Europa sono i Dallas Mavericks, rispetto ad un giocatore statunitense, si prediligerà il tedesco, perché apre certe porte, ma non certamente a scapito della performance.

DB – Una attenzione ai diversi mercati che viene da lontano: con l’NBA Europe Live Tour tornano in Italia i Boston Celtics dopo 5 anni, ma dal 2006, a parte la parentesi 2008-2009, l’Italia è sempre stata un mercato a cui NBA guarda con attenzione, se non in termini di numeri, certamente per passione: il suo mandato è iniziato nel 2009, quali sono la strategia e l’indirizzo dell’insediamento NBA in Italia?

KB – Innanzitutto seguire la nostra “mission” che è diffondere il più possibile  il gioco del basket nel mondo e di accontentare i nostri fan. Non possiamo più essere percepiti come coloro che se ne stanno negli USA, che giocano partite a notte fonda, ma vogliamo essere visti per quello che siamo: una lega molto attenta all’espansione internazionale e l’Italia reagisce in una maniera straordinaria e lo abbiamo visto nella Schools Cup e nel 3X Tour, percui il nostro è un presidio vero e proprio che fa parte a pieno titolo del processo di internazionalizzazione del “brand”.

DB – Balza all’occhio che una squadra come Siena, che ha dominato in Italia per lungo tempo, non sia mai stata coinvolta: può essere però sintomo di una geografia del basket nostrano che non offre strutture o non offre insediamenti che vanno incontro alle esigenze di visibilità che deve soddisfare NBA?

KB – Questo è in tema fondamentale: i palazzetti fanno la differenza. Quest’anno, ad esempio, si giocherà una partita di regular season a Londra e ovviamente un palazzetto come la O2 Arena permette di fare grandi cose.  L’Italia è ancora indietro. La scelta di Milano, una società storica che ha partecipato senza dubbio a configurare la storia del basket italiano, ci sembra più nelle nostre corde ed anche più lineare rispetto alla nostra attività. Resta una piazza importante e ne sia prova il fatto che per i biglietti ci sono state tantissime richieste per una sfida tra la squadra più titolata dell’NBA contro la più titolata d’Italia, tutta all’insegna del “pride”.