In una lega come l’NBA è “normale” che una franchigia possa passare da periodi di successo a periodi di ricostruzione. In questa stagione il termine ricostruzione sembrava calzare a pennello con gli Utah Jazz. Dopo la partenza di Gordon Hayward in direzione Boston Celtics e di George Hill, che nella passata stagione ha giocato ad altissimi livelli confezionando la sua miglior annata in carriera dal punto di vista offensivo, pensare agli Utah Jazz nelle posizioni meno nobili della Western Conference era quasi scontato.

Invece? Diciamo che non sta andando proprio così. Al momento i Jazz sono in piena lotta per agganciare la zona playoff a Ovest, aiutati da un giocatore in particolare che sta impressionando e sorprendendo per continuità e talento: il rookie Donovan Mitchell. Potremmo partire dai suoi 18 punti di media impreziositi da 3 assist e 1.5 recuperi a partita ma sarebbe solo la punta dell’iceberg. Uscito da Louisville dopo due stagioni viene selezionato dai Jazz con la tredicesima chiamata assoluta nell’ultimo Draft. Dopo le prime undici partite della stagione dove entra ed esce dal quintetto titolare, coach Quin Snyder decide di metterlo costantemente nello starting five della propria squadra e le risposte che arrivano dal campo sono oggettivamente sorprendenti. Da quando parte titolare le sue medie sono di 22.1 punti a partita con un massimo di 41 nella gara giocata il primo Dicembre contro New Orleans. Mese di Dicembre che nella sua prima metà lo ha visto come quarto miglior realizzatore di tutta la lega con 30 punti di media. Nelle clutch situation (ultimi 5′ di gara) è tra i rookie il miglior realizzatore con 2.7 punti di media. In testa anche tra i giocatori al primo anno per triple segnate a partita (2.4). Nelle parti finali di partita Snyder lo usa come point guard; infatti il numero 45 è dotato di una grandissima visione di gioco e di una buona attitudine nel servire assist ai compagni. Giocatore con fondamentali di alto livello in grado di creare tantissimo dal palleggio, non ha molti centimetri (in quel ruolo vediamo spesso giocatori più alti) ma con la sua elevata esplosività e forza fisica compensa questa mancanza. Bravissimo a crearsi tiri dal palleggio e capace di concludere in modo efficace sia con la mano destra che con la sinistra. Non solo un realizzatore quindi ma un vero giocatore completo di pallacanestro.

La stagione è ancora nella sua fase iniziale ma se si dovesse assegnare ora il titolo di “rookie of the year” ci sarebbero pochi dubbi, al netto ovviamente di Ben Simmons (considerato rookie per non aver giocato nessuna partita la scorsa stagione a causa del grave infortunio al piede) che a sua volta sta giocando con i 76ers in maniera divina. Analizzando i giocatori chiamati all’ultimo Draft prima di Mitchell, trovare un nome da mettere sopra all’ex Cardinals è un’impresa davvero ardua. Fultz (prima scelta) a causa di un infortunio alla spalla è al momento ingiudicabile. Poi troviamo una serie di giocatori che devono ancora esprimere il proprio potenziale pur avendo fatto intravedere lampi di sicuro talento: Fox, JacksonIsaac, Ntkilina, Monk e Kennard sono sicuramente tra questi. Zach Collins scelto alla dieci sta avendo pochissimo spazio con i Blazers. Minuti importanti e prestazioni importanti arrivano invece da Jayson Tatum e Lauri Markkanen che partono in quintetto rispettivamente con Celtics e Bulls. Tatum sta viaggiando a quasi 14 punti di media mentre il finlandese sfiora i 15 a partita. Dennis Smith Junior con Dallas ha evidenziato attitudini da leader, prendendo il ruolo di point guard titolare sin dalla prima partita. Mentre il più chiacchierato dei rookie Lonzo Ball sta facendo sicuramente bene con i Lakers con numeri interessanti in molte voci statistiche, ma accusa problemi evidenti nelle percentuali al tiro. Mitchell invece sembra quello più continuo e maturo con numeri di buon livello distribuiti in modo omogeneo. Ad ora per Utah averlo trovato ancora libero alla tredici risulta un vero”steal of the draft“. Definizione confermata anche dalle parole di Paul George dopo la partita vinta da Oklahoma City contro i Jazz dove Mitchell segnò 31 punti. Utah ora si trova in casa un talento cristallino, giovanissimo, che insieme ai veterani della squadra ed a un allenatore di rara competenza potrà far si che i Jazz possano si ricostruire, ma senza passare da stagioni con la casella delle sconfitte piena.