Una squadra e un giocatore che avevano bisogno della stessa cosa: ricominciare. I Bulls dopo una stagione 2016-17 deludente, finita con l’uscita dai playoff al primo turno con Boston e il “terremoto” estivo con le partenze di Jimmy Butler, Dwayne Wade e Rajon Rondo, avevano bisogno di un anno zero per ripartire. Stessa cosa la possiamo dire per Kris Dunn; dopo essere stato scelto alla posizione numero sei assoluta del Draft 2016 dai Minnesota Timberwolves ha passato una stagione intera all’ombra di Ricky Rubio senza mai trovare minuti importanti. Quando nell’estate scorsa le strade dei Bulls e dei T-Wolves si sono incrociate grazie allo scambio che ha portato Butler a Minnesota anche il destino di Dunn nella NBA sembra essere cambiato. Arrivato ai Bulls nelle prime partite era stato costretto ai box per un infortunio al dito indice della mano sinistra. Chicago aveva affidato inizialmente il ruolo di point-guard titolare a Jerian Grant. Al rientro Dunn ha dovuto accontentarsi di partire dalla panchina e i Bulls di quella parte di stagione erano in una situazione disperata con 3 vittorie nelle prime venti partite.

Dopo la rivoluzione estiva, molti addetti ai lavori si aspettavano che Chicago fosse in questa situazione di “tanking” per cercare di aiutare la ricostruzione anche attraverso il Draft. Ma ad un certo punto di questa prima parte di annata, precisamente dalla vittoria dell’otto Dicembre in overtime a Charlotte qualcosa è cambiato. Fred Hoiberg dalle nove partite precedenti alla trasferta di Charlotte aveva spostato in quintetto Dunn, mossa che non sembrava dare gli effetti sperati perché in queste nove gare i Bulls non vinsero mai. Dopo essersi adattati al modo di giocare dell’ex Providence la squadra dell’Illinois ha iniziato a trovare nuovi equilibri e una nuova identità riuscendo a vincere nove delle ultime dodici partite giocate. Un passo da playoff nel mese di Dicembre che ha stupito tutti e con Zach Lavine ancora fuori, alle prese col recupero dall’infortunio al ginocchio. In questa striscia Kris è letteralmente esploso tornando a far vedere quei numeri che aveva messo in mostra nel suo ultimo anno al college, dove ha chiuso la stagione con 16.2 punti, 5.3 rimbalzi e 6.3 assist di media. Ma torniamo a questo momento della stagione: i punti di media nel mese di dicembre sono 14.5 ma quello che davvero sta facendo la differenza nel gioco di Dunn sono gli assist: 8.0 a partita e un season-high di 14. Dato più approfondito che analizza questo fondamentale del suo gioco è la assist percentage, quanti suoi possessi su 100 finiscono con un assist:  il 34.2%, con il nono posto in tutta la NBA. Coach Hoiberg sta usando parole molto positive nei suoi confronti: “sta utilizzando al meglio le sue abilità offensive, ha un’enorme efficacia nell’attaccare il ferro e segnare punti nel pitturato. Deve dare consistenza anche alla sua difesa, partendo dalla sua capacità di rubare palloni. La mia priorità e farlo crescere su tutti i punti del gioco“. Aspetto interessante del gioco di Dunn appunto sono le palle rubate. Al momento è decimo in tutta la lega con 2.0 di media a gara, ma se noi consideriamo la steal percentage (rubate su 100 possessi) è primo con 3.4.

Lo stesso Dunn si descrive sul sito NBA.com: “partire dalla panchina e poi passare in quintetto è una transizione non facile. Devo farmi sempre trovare pronto, soprattutto ad affrontare le migliori point-guard della lega. Voglio guidare questo gruppo molto giovane. Il mio ruolo è come quello di un quarterback, cioè di far girare la squadra nel modo giusto. Al momento penso di fare queste cose bene, ma la strada è lunga e devo migliorare ancora molto“.

Sempre nella stessa intervista la point-guard dei Bulls dice a quale giocatore della lega si ispira: “Rajon Rondo. Ho studiato molto il suo modo di giocare, lui è vero playmaker nonostante molti lo critichino soltanto per le sue percentuali al tiro“.

Ma tra i tanti aspetti positivi in cosa deve migliorare? Fondamentalmente su tre aspetti: palle perse, cercare di lucrare più tiri liberi e migliorare la sua continuità nei punti segnati. Le palle perse sono tante (2.9 a gara) e nell’economia di questi giovani Bulls pesano molto. Per quanto riguarda i tiri liberi la quantità di quelli tentati è molto bassa con 1.9 a partita, ed in classifica è abbondantemente fuori dai primi 100 della lega. Nelle ultime uscite i punti segnati stanno avendo maggiore continuità con 15 partite in doppia cifra sulle ultime 17 giocate, ma l’inizio della stagione è stato molto più altalenante. Perché ci siamo soffermati su questi tre aspetti? Semplicemente perché se Dunn vuole diventare un vero leader di questa squadra deve essere più continuo sul piano realizzativo e migliorare il volume di liberi, che in certe partite e in certe situazioni possono risultare decisivi, così come le palle perse che devono essere limitate per far girare al meglio la squadra ed evitare di esporsi al contropiede avversario (situazione in cui i Bulls non eccellono col ventesimo posto della lega per punti subiti in contropiede). Le cose da migliorare ci sono e sono evidenti ma Dunn rimane sempre un giocatore di 23 anni al secondo anno di NBA che ha dimostrato anche lampi di talento puro, ed insieme a LaVine (quanto rientrerà) e agli altri giovani talenti, come ad esempio Markkanen, Chicago può contare già su un nucleo di giocatori sui quali ricostruire per il futuro.