La Regular Season è ormai agli sgoccioli e, per quanto le sorprese siano sempre dietro l’angolo, il quadro in ottica Play Off appare per lo più delineato. La curiosità è tutta attorno agli accoppiamenti che si andranno a creare e all’ultimo, disperato tentativo che i Bulls proveranno a mettere in atto per tentare una miracolosa rimonta.
CLEVELAND CAVALIERS (56-23). Evidentemente non era una semplice intimidazione. I Cavs, come dichiarato a più riprese dal Prescelto, sembrano quantomai pronti a recitare la parte del leone nei Play Off e hanno definitivamente ingranato la quinta.
James (precauzionalmente tenuto a riposo contro Indiana) viaggia a una media di 25,6 a partita nelle ultime cinque gare disputate, la striscia di vittorie consecutive (prima dell’indolore e preventivabile sconfitta con i Pacers) era anch’essa di cinque incontri, con un collettivo che sembra vicino all’aver trovato il giusto equilibrio in entrambe le metà campo. Soprattutto se sia Kevin Love che J.R. Smith, fresco del record di franchigia per triple realizzate in una singola stagione (197), dovessero mantenersi sui livelli di rendimento finora mostrati. Cleveland è la classica squadra in grado di dare il meglio di sé quando la posta in palio si fa alta, motivo per cui, al netto degli infortuni che caratterizzarono la post season della scorsa stagione, è del tutto lecito aspettarsi una crescita costante fino alle Finals, dove lo status di sfavoriti verso le principali contender (leggasi Golden State o San Antonio) potrebbe rappresentare un vantaggio psicologico non da poco.
INDIANA PACERS (42-36). Tre vittorie nelle ultime tre gare, tra cui quella fondamentale contro i Cavs, hanno messo in una posizione relativamente tranquilla i Pacers, che hanno così ipotecato un posto nei Play Off. Come nel più classico dei rovesci di medaglia, però, le notizie per i ragazzi di Coach Vogel non sono completamente rosee. Il primo turno li vedrà infatti accoppiati con Cleveland o con Toronto, rispettivamente teste di serie numero 1 e 2 a Est, e in entrambi i casi la sfida risulta senza dubbio proibitiva. Accantonati i rimpianti per non aver mantenuto almeno una quarta o quinta posizione in classifica, risultato che avrebbe potuto essere alla portata per i Pacers visti soprattutto a dicembre e gennaio, l’obiettivo di questo scampolo di RS è chiudere davanti ai Pistons, in modo da scampare il pericolo Cleveland. D’altra parte, con un Paul George che tende (usando un eufemismo) a “salire sopra le righe” nelle gare che contano (29 messi a referto giovedì notte contro Cleveland) e un C.J. Miles tornato a brillare e a pungere da dietro l’arco (13/22 dai 6,75 negli ultimi tre incontri), le possibilità di tentare un colpaccio sono meno remote di quanto si possa pensare. Il talento, e lo diciamo da inizio stagione, non manca affatto a una squadra che ha semmai pagato i problemi di incostanza e inconsistenza manifestati in larghi tratti della stagione.
DETROIT PISTONS (42-37). Potremmo fare copia e incolla di quanto detto per Indiana a proposito dell’accoppiamento che Detroit proverà a evitare, in un testa a testa che la vede appunto all’inseguimento ravvicinato dei Pacers, con un occhio sempre vigile alla risalita (ormai improbabile) da parte di Chicago. La vera sorpresa, tuttavia, sta nel fatto che in pochi a inizio stagione avrebbero realmente scommesso su una qualificazione ai Play Off da parte dei Pistons. Invece, non solo coach Van Gundy è riuscito nel consolidare sempre di più un team che ha trovato i suoi leader (Drummond, Jackson, Caldwell-Pope, Morris), per oggi e ancor di più per il futuro data l’età media del roster, ma ha anche saputo trasmettere quel cinismo e quella voglia di centrare l’obiettivo tipica di chi sa dove vuole arrivare (emblematiche in questo senso le vittorie, chirurgiche, nella gara contro i Thunder pur privi di Durant, e nello scontro diretto cruciale contro i Bulls, ottenuto tra l’altro in trasferta allo United Center). A prescindere da quello che accadrà, quindi, Detroit ha vinto in due fronti durante questa stagione: ottenere, a meno di clamorosi ribaltoni, un pass per la post season che mancava da troppo tempo e gettare le basi per il prossimo anno, dove questo gruppo avrà tutte le credenziali per provare a scalare le gerarchie della Eastern Conference.
CHICAGO BULLS (39-40). Dopo l’ennesima e dolorosa sconfitta in quel di Miami, i Bulls vedono ormai ridotte a qualcosa meno di un lumicino le speranze di poter ancora strappare un ottavo posto ormai sempre più distante, con solamente tre partite rimaste da giocare.
Non è bastato l’orgoglio di un Jimmy Butler capace di realizzare la sua prima tripla doppia in carriera (mostruosa prova da 28 punti, 17 rimbalzi e 12 assist) nel match da dentro o fuori contro Detroit, né tanto meno il rendimento eccelso del Mirotic di fine stagione. Le continue precarie condizioni degli uomini chiave (Derrick Rose dentro e fuori dal campo, Taj Gibson fuori negli ultimi tre incontri al pari di Tony Snell) e le voci non certo rassicuranti che hanno circondato la squadra nell’ultimo periodo (la possibile partenza di Pau Gasol nella prossima stagione è solo la punta dell’iceberg) hanno letteralmente piegato la Chicago irriconoscibile di questo 2016. Con ogni probabilità i Bulls, considerati ad ottobre l’avversaria principale di Cleveland nella battaglia ad Est, resteranno invece clamorosamente esclusi dai Play Off. Un destino davvero inatteso per la prima stagione con Fred Hoiberg alla guida, in cui i problemi fisici hanno gradualmente gettato rassegnazione in un collettivo che non ha mai però dato l’impressione di poter lottare come fatto nella storia recente. Un campanello d’allarme che l’esigente dirigenza della franchigia della città del vento difficilmente ignorerà.
MILWAUKEE BUCKS (32-46). Sette sconfitte negli ultimi nove incontri, ossia un finale di stagione regolare in linea con le deludenti prestazioni che hanno caratterizzato l’intera annata dei promettenti giovanotti del Wisconsin. Gli interrogativi che Kidd e il management dei Bucks dovranno porsi da qui all’estate saranno senza dubbio tanti e riguarderanno la struttura di fondo della squadra. Ammesso che Antetokounmpo (impressionanti alcune sue giocate recenti e career high contro i Bulls) e Middleton rappresenteranno i pilastri del prossimo futuro e che la linea giovane dovrà essere un presupposto imprescindibile, sarà senza dubbio necessario ridisegnare l’assetto complessivo. In una lega che va, infatti, verso lo sviluppo perimetrale del gioco, avere una squadra che produce la maggior parte dei punti nel pitturato rischia di essere controproducente in entrambe le zone del campo, rischiando di diventare la vera causa di performance così al di sotto delle attese. Con ogni probabilità occorreranno uno o due tiratori con punti nelle mani e un playmaker che sappia garantire un’efficacia offensiva maggiore di quella data da Carter Williams. Una serie di aggiustamenti che, se portati a termine, ci diranno realmente se i Bucks sono o meno destinati a creare un ciclo importante.
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