5. SUBLIMI
La tentazione di lasciare spazio solo alle immagini era grossa. Ma poi vabbè, ho deciso di metterci due righe di accompagnamento.
Giusto un’inutile formalità, perché quest’azione dei Warriors si commenta da sola. Forse, una delle cose che si avvicina di più alla perfezione su un campo da basket. Di sicuro, un manifesto perfetto di ciò che i californiani sono e del perché stanno rivoluzionando questo sport.
Godeteveli in loop…
4. CACCIA GROSSA
Altre due tacche sul fucile. E che tacche: Dominique Wilkins e Oscar Robertson. Nomi che spaventano e intimoriscono, a meno che tu non sia LeBron James.
Il Prescelto continua a scalare la classifica dei migliori marcatori NBA di sempre e guadagna altre due posizioni. Una dietro l’altra. Bam, bam. In una settimana sola. Nella sfida coi Raptors, il sorpasso su Wilkins, per poi sverniciare “The Big O” durante Cavaliers-Hawks.
Ora è undicesimo all-time, a quota 26,718. Per entrare nella top-10 deve faticare ancora un po’: Hakeem “The Dream” Olajuwon, il prossimo obiettivo, è distante 228 punti. E poi si comincerà davvero a volare alto. Ma non penso che LBJ soffra di vertigini.
Ancora poco e lo capiremo. Anche perché, vedendo le medie tenute negli ultimi tempi, non è da escludere che l’aggancio avvenga nel giro di una decina di partite.
? @KingJames just passed The Big O.#StriveForGreatness || #NBAHistory pic.twitter.com/T098YiwoaV
— Cleveland Cavaliers (@cavs) 2 aprile 2016
3. NELL’OLIMPO
Come dev’essere eguagliare Michael Jordan? Ed essere secondi solo a Magic? Beh, potremmo chiederlo a Russell Westbrook.
Il #0 dei Thunder non smette di stupire e si fa largo nella storia. Grazie alla tripla doppia di lunedì notte contro i Toronto Raptors (26+12+10) ha toccato quota sette triple doppie in marzo. Solo “His Airness”, nell’89, era riuscito a metterne a referto altrettante in un solo mese. E già questa sarebbe una bella soddisfazione.
Ma Russell non si è accontentato. Perché la sedicesima sinfonia gli permette di essere un solo gradino sotto il grande Magic Johnson, primo negli ultimi trent’anni (diciamo post “era Chamberlain”) per triple doppie segnate in una stagione: 17.
Dunque, questione di tempo. Sono convinto che Russell non si voglia far scappare un’occasione simile. Anche perché, sebbene manchino poche gare alla fine della regular season, e i playoff siano alla finestra, i suoi occhi sono, a ogni benedetto possesso, quelli di chi vuole spaccare il mondo.
Russell Westbrook joins His Airness on an exclusive list. pic.twitter.com/i4B0ShlDqw
— SportsCenter (@SportsCenter) 29 marzo 2016
2. IT’S ALL ABOUT D-MONEY
Chi avrebbe mai pensato che questo ragazzotto “pacioccone” dal Michigan potesse riscrivere una pagina della storia della NBA? E stavolta non stiamo parlando di un record di squadra, quindi da condividere con gli altri fantastici Warriors, ma di un primato suo, soltanto suo.
Draymond Green è diventato il primo giocatore di sempre con almeno 1000 punti, 500 rimbalzi, 500 assist, 100 palle rubate e 100 stoppate in una sola stagione. Ripetiamo: “almeno” tutto questo.
Numeri che fanno paura. Buttati lì così potrebbero incredibilmente perdere di significato, ma soffermatevi un attimo e rifletteteci: A-M-A-Z-I-N-G. Soprattutto per un ragazzo che, sino a due anni fa, era considerato un discreto elemento da panchina, un tuttofare buono per ogni evenienza ma nulla più.
Ora D-Money è, al di fuori di ogni dubbio, una stella assoluta della Lega, uno dei leader tecnici e carismatici della squadra che sta rivoluzionando il Gioco e un elemento all-around che può guardare molti colleghi dall’alto verso il basso.
Draymond Green is the first player in NBA history to record these numbers in a single season. #BalancedGame pic.twitter.com/bqm7XfotSB
— DTS Hoops (@dtshoops) 31 marzo 2016
1. LE CATENE DI SAN ANTONIO
Dicono che il Texas è terra definita ostile, chiusa, spesso introversa. Di sicuro, inespugnabile. Soprattutto dalle parti di San Antonio. Di lì, nessuno passa. Tutti incatenati, prigionieri di Pop e dei suoi pretoriani.
Gli Spurs hanno toccato quota 38 (poi diventate 39) vittorie casalinghe stagionali. In pratica, le hanno vinte tutte. Un record. Mai nessuno aveva tenuto immacolata la propria casa così a lungo. Nemmeno Golden State, che, a sua volta, ha dovuto pagare dazio.
Meglio dei Bulls ‘95/’96, fermi a 37, e degli attuali Warriors, stoppati a 36 dal blitz dei Celtics.
L’At&T Center è ormai diventato sinonimo di successo neroargento. Per ora, si può giusto sperare di uscirne con una figura perlomeno dignitosa. Anche perché i numeri sono impietosi, ovviamente per gli avversari: +16.5 di scarto medio e 94.5 punti di media concessi. Primi della classe anche in queste due statistiche.
Con Leonard che non si ferma più, Aldridge a far la voce grossa e i vecchi saggi, pronti per una nuova battaglia al sapor di playoff, a centellinare l’immenso talento.
Giù il cappello e rizzate le antenne: San Antonio non si accontenta dei record, e Popovich, infatti, minimizza, anche se manca pochissimo per chiudere l’annata senza sconfitte tra le mura amiche. Vecchio volpone…
“It doesn’t mean anything ,Absolutely nothing. Maybe a cup of coffee, maybe.”
Pop on being 38-0 at home#SpursNation pic.twitter.com/2Sli3EAnW6— Spurs Nation (@SA_Spurs_Nation) 31 marzo 2016