Chicago Bulls @ Brooklyn Nets 1-1

Noah ha reso la vita dura a Lopez in area (Foto: sportsillustrated.cnn.com)

Noah ha reso la vita dura a Lopez in area (Foto: sportsillustrated.cnn.com)

La partita. Le parole di coach Carlesimo sul terzo quarto inquadrano perfettamente l’andamento della gara: “Hanno difeso molto bene, mentre l’esecuzione dei nostri giochi non è stata sufficientemente buona“. I Bulls, infatti, hanno espugnato Brooklyn riuscendo dove avevano fallito in gara 1, ovvero in difesa, marchio di fabbrica della squadra di Tom Thibodeau. Guidati da un Noah quasi commovente per la grinta e la dedizione nonostante giocasse praticamente su una gamba sola, i Bulls hanno concesso agli avversari un misero 35% dal campo (e 4/21 da tre), frutto però della “somma” tra il buon 46% del primo tempo (chiuso con un solo punto di svantaggio), il pessimo 34% dell’ultimo quarto e il tremendo 10% (2/19) del terzo, quando di fatto la partita è svoltata.

La serie. La vittoria dei Bulls a Brooklyn è importante più in ottica “difensiva” che “offensiva”, nel senso che vari segnali danno ancora i Nets come favoriti, ed è per questo che andare a Chicago sull’1-1 anziché sul 2-0 dà qualche speranza in più a Belinelli e compagni. Troppe però le incognite per coach Thibodeau, a partire dalle condizioni fisiche di Noah fino ad arrivare alle incertezze di Hinrich come playmaker, incertezze che portano a evidenti difficoltà a esprimere un gioco fluido, se non quando, nel terzo quarto, la buona difesa ha dato fiducia anche all’attacco. Nella prima metà di gara, invece, i Bulls hanno vissuto di isolamenti per Boozer e Deng, una tattica che non può andare avanti all’infinito. Più o meno lo stesso, ma al contrario, vale per i Nets: difficilmente Deron Williams farà ancora 1/9, ed è improbabile che Joe Johnson tiri con il 33% per tutta la serie.

Head to head. Due le sfide “dirette” interessanti: di quella tra i due playmaker, Williams e Hinrich, abbiamo già parlato dopo gara 1, e non è un caso che solo con un D-Will parecchio sottotono Hinrich sia riuscito a mascherare almeno parzialmente le sue lacune. L’altra sfida da seguire è quella tra le panchine: per i Nets positivi Watson (nel primo tempo) e Blatche (nel tentativo di rimonta dell’ultimo quarto), mentre per i Bulls bene tutti e quattro gli usciti dal pino, anche se rimane qualche dubbio sul limitato utilizzo di un Belinelli comunque utile nei suoi 11 minuti sul parquet. Ma, finché vince, ha ragione Thibodeau.

 

Memphis Grizzlies @ Los Angeles Clippers 0-2

Forse punto sul vivo per la mancata nomina a Sesto Uomo dell'Anno, Jamal Crawford ha fatto impazzire la difesa di Memphis nel primo tempo (Foto: foxsportswest.com)

Forse punto sul vivo per la mancata nomina a Sesto Uomo dell’Anno, Jamal Crawford ha fatto impazzire la difesa di Memphis nel primo tempo (Foto: foxsportswest.com)

La partita. C’è voluta una magia di Chris Paul sulla sirena per decidere gara 2, una gara sempre in bilico e di grande equilibrio. Nel primo tempo i Clippers vanno con continuità da Blake Griffin, alternando le sue conclusioni nei pressi del canestro e le sue partenze in uno contro uno contro Randolph ai canestri di un Jamal Crawford particolarmente ispirato nel secondo quarto (10 punti, 5/6 al tiro). Nel secondo tempo, invece, sale in cattedra Paul, che guida come meglio non potrebbe l’attacco dei losangelini (su 16 canestri a segno nel secondo tempo, 8 sono suoi e degli altri 8 la metà vengono da suo assist) e segna, come detto, il canestro decisivo. A sottolineare la prova maiuscola di Paul è coach Del Negro: “Se sei competitivo, ami questi momenti, e Paul lo ha dimostrato“.

La serie. Doveva essere una serie equilibrata e in gara 2 si può dire che si è iniziato a fare sul serio. Per questo, andare a Memphis sul 2-0 dà davvero una marcia in più ai Clippers. Anche perché, per quanto si è visto sul campo, non sono tutte rose e fiori: la squadra di Los Angeles ama correre e saltare, ma quando si gioca “sul serio” è Paul che deve fare pentole e coperchi. D’altra parte, gli stessi Grizzlies hanno giocato una partita tutt’altro che esaltante, e ciò nonostante hanno perso solo all’ultimo tiro. Se i Clippers sono Paul-dipendenti quando conta, i Grizzlies sono stati Conley-dipendenti per tutta la partita, con Randolph e Gasol migliori che in gara 1 ma ancora sofferenti per l’atletismo di Griffin, Jordan e Odom, e Tayshaun Prince lontano parente del giocatore visto ai tempi dei playoffs con i Pistons. Ma il vero problema di Memphis è la panchina: tra i titolari, solo Randolph ha giocato meno di 38 minuti (30, e solo per problemi di falli), e solo Arthur ha dato un contributo accettabile dalla panchina, mentre i Clippers hanno ruotato 11 uomini. In una serie che si prospetta lunga, alla fine questo aspetto potrebbe rivelarsi decisivo.

Head to head. Tutti gli occhi erano puntati su Mike Conley, faro dei Grizzlies nell’ultima parte di stagione, alle prese con Chris Paul, il miglior playmaker della Lega. E Conley di certo non ha sfigurato, segnando 28 punti e smazzando 9 assist, guidando al meglio l’attacco dei suoi.