In un’atmosfera surreale per via delle presunte dichiarazioni a sfondo razzista del proprietario dei Clippers, Donald Sterling, Golden State strapazza Los Angeles in una partita che ha ricalcato, seppur a parti invertite, lo svolgimento di gara 2. Allo Staples Center, infatti, erano stati Paul e compagni a dominare fin dalle prime battute. Alla Oracle Arena, invece, la formazione di Marc Jackson ha preso il controllo delle operazioni fin da subito, anche e soprattutto grazie ad un Stephen Curry in serata di grazia.
La serie tra Portland e Houston rischia di entrare nella leggenda. Nel quarto appuntamento tra Blazers e Rockets, si è giocato, infatti, il terzo overtime di uno scontro che definire equilibrato è puro eufemismo. L’ha spuntata Portland in un finale che, come praticamente tutti i precedenti nella serie, è finito in un modo ma poteva benissimo finire in un altro. Di certo, se Houston dovesse soccombere ed uscire al primo turno, è lecito supporre possa essere investita da non poche critiche, con Harden bersaglio preferenziale di chi lo ritiene (giustamente) un giocatore poco incline a fare la cosa giusta per la squadra nei momenti che contano.
UPS
Curry. Proprio in questo spazio, dopo gara 3 avevamo sottolineato come l’entusiasmante point-guard dei Warriors stesse giocando non al massimo del suo potenziale, al di là delle cifre. Qualcuno, comprensibilmente, avrà storto la bocca, ma avevamo evidenziato che per avere concrete chance di giocare alla pari con i Clippers, Steph avrebbe dovuto fare qualcosa di più. Quel surplus è puntualmente arrivato ieri. 31 punti, 7 assist, 10/20 dal campo, 7/14 da tre, un entusiasmante 5/5 iniziale dalla lunga distanza per distanziare fin da subito Paul and company. Questo è il vero Curry, questo è il giocatore che può invertire i rapporti di forza di una serie che potrebbe finire alla settima partita.
Matthews. Decisivo. Per un recupero sul finale del tempo regolamentare. Per un altro recupero alla fine dell’overtime, provvidenziale per congelare il +3 Blazers. Se Portland si porta sul 3-1 deve ringraziare più di ogni altro il #2, che con due giocate difensive intrise di astuzia ed intelligenza cestistica, permette ai suoi compagni di credere in un passaggio del turno che ad inizio serie sembrava, se non proibitivo, quantomeno improbabile.
Daniels. Ok, Houston è uscita sconfitta dal Moda Center. Impossibile, però, non sottolineare l’ennesima grande prova di Daniels, un perfetto sconosciuto per questi livelli. 17 punti con 4/5 da tre non sono certo poca cosa per un giocatore non proprio avvezzo a palcoscenici di questo tipo.
DOWNS
Harden. 28 punti non sono pochi, lo sappiamo. Le cifre, però, non dicono tutto, non vanno mai prese per come si presentano. La guardia ex OKC continua a lasciare perplessi. 3/11 da tre è una statistica spropositata che (questa sì) rende l’idea di quanto il nostro, in troppi momenti delle gare, pensi più a splendere di luce propria che a coinvolgere i compagni. La sensazione è che debba ancora compiere il vero salto di qualità.
Paul. -17 di plus/minus la dice lunga sulla serata così così del miglior play della lega. Al di là dei 16 punti e 5 assist, non ha dato il solito eccellente contributo. Serve un Paul migliore per avere la meglio su Curry e i Warriors.