Kevin Love, out dai primi di gennaio (Foto: sportsunbiased.com)

Kevin Love, out dai primi di gennaio (Foto: sportsunbiased.com)

La stagione. Stagione particolare, quella dei Timberwolves, e per certi versi simile a quella passata: a un discreto inizio è seguito un calo che ha tagliato fuori la squadra dalla lotta ai playoffs con ampio anticipo. Il tutto condito, come lo scorso anno, da una serie infinita di infortuni: anche quest’anno, solo un giocatore, Luke Ridnour, ha giocato tutte le 82 partite in programma, mentre Kevin Love, il leader della squadra, ha dovuto dare forfait dopo appena 18 gare. Se a lui si aggiungono Ricky Rubio, rientrato dal grave infortunio patito nel finale della scorsa stagione dopo 25 gare e che comunque ci ha messo un po’ a ingranare, Nikola Pekovic (20 gare saltate), Andrei Kirilenko (18 gare saltate), Chase Budinger (23 gare giocate) e Brandon Roy (rischiosamente firmato dopo un anno di inattività, ha giocato solo 5 partite), si capisce quanto sia difficile dare un minimo di continuità al progetto dei T-Wolves. Se però lo scorso anno si è guardato il bicchiere mezzo pieno, dopo anni di mediocrità (a essere buoni), e quest’anno si può ancora usare la scusante degli infortuni, dall’anno prossimo la parola d’ordine sarà vietato sbagliare.

Nikola Pekovic e Alexey Shved, entrambi positivi (Foto: foxsportsnorth.com)

Nikola Pekovic e Alexey Shved, entrambi positivi (Foto: foxsportsnorth.com)

MVP. Difficile trovare un MVP in una squadra costruita sul gruppo e in cui, per di più, la stella ha giocato appena 18 partite. Dovendo per forza scegliere un singolo, andiamo con Nikola Pekovic, che ha dimostrato una volta di più di valere il ruolo di centro titolare in una squadra NBA, chiudendo con 16,3 punti, 8,8 rimbalzi e il 52% dal campo (tutte cifre in aumento rispetto alla passata stagione, a parte, comprensibilmente, la percentuale al tiro).

La sorpresa. L’anno scorso la sorpresa era stata Ricky Rubio, che fin da subito aveva preso in mano la squadra con la sicurezza di un veterano, mostrandosi estremamente adatto al gioco NBA, ancor più che a quello europeo. Quest’anno è successo più o meno lo stesso, anche se più “in piccolo”, con Alexey Shved, altro rookie di provenienza europea, dal ruolo non chiarissimo (a metà tra un play e una guardia) ma dall’impatto indiscutibile: 8,6 punti, 2,3 rimbalzi e 3,7 assist in 24 minuti di impiego a partita. Con il ritorno di Rubio il suo suo spazio è inevitabilmente calato, ma il giocatore c’è, anche se sicuramente dovrà migliorare le sue percentuali, sia dal campo (37%) che da tre (29%).

Ricky Rubio e Derrick Williams: il futuro passa (anche) dalle loro mani (Foto: straighttotheleague.wordpress.com)

Ricky Rubio e Derrick Williams: il futuro passa (anche) dalle loro mani (Foto: straighttotheleague.wordpress.com)

La delusione. L’infortunio di Kevin Love doveva spalancare le porte del quintetto base a Derrick Williams, secondo anno che nella sua prima stagione aveva mostrato qualche lampo, ma poca costanza, soprattutto quando era schierato da numero 3. Quest’anno, appunto, la posizione di ala forte, con Love out, è stata sua quasi per tutta la stagione, ma non si può certo dire che Williams ne abbia approfittato. Le cifre sono lievemente migliorate, è vero (12 punti, 5,5 rimbalzi), ma non quanto ci si potrebbe aspettare da una seconda scelta assoluta in una squadra che necessitava come il pane di qualcuno che facesse canestro.

Prospettive future. La prima mossa della società dopo la chiusura della stagione è stata liquidare David Kahn come President of Basketball Operations e nominare al suo posto Flip Saunders, già coach a Minneapolis tra il 1995 e il 2005. Il suo ritorno non dovrebbe comunque assolutamente pregiudicare il futuro di coach Rick Adelman, che durante la stagione ha superato il tetto delle 1.000 vittorie in carriera e che sembra essere l’allenatore adatto per allenare al meglio questa squadra, se sana. Per quanto riguarda invece il roster, lo zoccolo duro dovrebbe rimanere lo stesso: Pekovic è free agent ma con restrizione, e non dovrebbero esserci motivi per non confermarlo, mentre qualche dubbio in più potrebbe esserci su Kirilenko, che ha l’opzione per uscire dal contratto, ma difficilmente troverebbe qualcuno disposto a offrirgli più di 10 milioni all’anno. Il futuro del positivo Dante Cunningham e di Mikael Gelabale (che, firmato durante l’anno a causa dei troppi infortuni, non ha sfigurato) dipende dalla volontà della società, mentre Brandon Roy è già stato tagliato (liberando il salary cap da 5 milioni di dollari) e Greg Stiemsma ha un contratto non garantito. In più i T-Wolves hanno due scelte al draft, la numero 9 e la numero 26, da usare al meglio; con un po’ di malignità, forse si potrebbe pensare che Kahn sia stato mandato via proprio per questo, visto che nel 2009 aveva scelto Jonny Flynn piuttosto che Stephen Curry…