Dal vostro inviato,
Il primo tempo della finale NCAA è stato il sogno di ogni “average joe” d’America: il piccolo Michael “Spike” Albrecht pareva Steve Nash realizzando 17 punti con 6-7 dal camp e 4-4 da tre portando i Wolverines a +12 sui Cardinals che parevano in ginocchio sino ad affidarsi al barbuto Luke Hancock che in un amen metteva pure lui 4 triple consecutive riportando Louisville sotto di 1 all’intervallo coi suoi 16 punti. Da stropicciarsi gli occhi.
Poi nella ripresa il simpatico Spike sparirà lasciando il campo all’immenso Trey Burke, probabile prima scelta assoluta al prossimo draft con le sue movenze alla Chris Paul, mentre Hancock continuerà il suo lavoro chiudendo a 22 punti, 5-5 da tre punti e 7-10 dalla lunetta prendendosi pure il titolo di MOP delle Final Four 2013 di Atlanta oltre ad un titolo NCAA, lui che, ne siamo convinti, la NBA la vedrò col binocolo a differenza dei vari Mitch McGary o Russ Smith.
Questi due ragazzi sono due vere storie americane, la dimostrazione che in questo paese se hai voglia ed un briciolo di talento puoi emergere e nei prossimi giorni la retorica americana farà scorrere fiumi di inchiostro su Spike dal Northfield Ma. e Luke da Ronaoke, Virginia cittadina da dove arriva un altro tiratore come JJ Redick.
Entrambi al termine della high school avevano ZERO offerte di borse di studio tanto da cominciare a pensare ad altro da fare quando per Albrecht si materializzò l’offerta di Appalachian State, ai confini dell’impero, un posto che gli avrebbe dato l’opportunità di laurearsi giocando a basket, nel frattempo coach Beilein aveva un problema poiché il suo fenomenale play freshman Trey Burke stava pensando seriamente di dichiararsi per la NBA e di point guard disponibili all’ultimo momento non ve ne erano quasi più, volò perciò nel Massachusetts a vedere questo piccolo (1.75) point man bianco ed andò a cena dalla sua famiglia dicendo al padre Chuck “Tuo figlio Spike farà di me un pazzo o un genio se lo porto a Michigan” ed alla fine del primo tempo il coach dei Wolverines era un genio acclamato, Albrecht non sarà mai un campione ma ha carattere, coraggio ed un buon tiro da tre abbastanza da farne un playmaker da campionati minori in futuro nonché prossimo play titolare di Michigan visto che Burke al 99% passerà pro, se non è una storia americana questa…
Clamorosa pure la storia di Luke Hancock che rispetto ad Albrecht è decisamente più “uomo” essendo uno junior ma con nel mezzo un anno di stop per un transfer da George Mason (college del suo stato dove viaggiava da sophomore ad altre 10 ppg) che ne fa in pratica un senior, e difatti lo si nota in campo. Dinoccolato, magro, sui due metri, Hancock è giocatore di rara malizia per questi livelli. Essenzialmente la sua prima, seconda e terza opzione è il tiro da tre (148 dei suoi 211 tiri presi quest’anno prima delle final four erano triple) ma sa usare la finta e quando l’avversario, di solito più salterino e meno furbo di lui, salta per stopparlo lui entra nel cilindro del difensore e lancia la palla per aria lucrando dei tiri liberi “for free”. Astuto (ed irritante per gli avversari) se ne va poi sereno in lunetta, abbiamo visto fargli fare questo giochetto per ben 5 volte in queste finali prendendosi liberi e caricando di falli gli avversari come per esempio Burke al secondo fallo di ad inizio primo tempo che ha dato poi il via libera a Spike. Luke invece sarà per sempre negli annali come Most Outstanding Player delle final four e quando fra quindici/venti anni nessuno si ricorderà chi cavolo era questo Hancock noi sapremo dare una risposta: era il Sogno Americano.