Majerus con Andre Miller

Majerus con Andre Miller

“My life on a napkin, pillow mints, playground dreams ad coaching the Running Utes” Rick Majerus con Gene Wojciechowski ed. Hyperion.

Sono passati solo tre mesi e spicci dalla scomparsa di coach Rick Majerus, una delle menti più brillanti del basket statunitense, ma sembra passato un secolo quando il suo cuore, con cui ha battagliato negli ultimi vent’anni della sua vita, lo ha mollato esausto. Era passato invece qualche anno dalla quasi impresa di vincere il titolo NCAA coi suoi Utah Utes quando al Barnes&Noble di Union Squadre a New York acquistai la sua autobiografia. La divorai nel viaggio intercontinentale che mi riportava a Milano generando la curiosità della mia vicina di posto un’attempata e gentile signora che andava a trovare sua figlia in Toscana che fra il divertito ed il perplesso si chiedeva come mai un italiano leggesse un libro sulla vita di questo paccioccoso allenatore. Mi aveva affascinato la corsa folle dei suoi Running Utes che con un paio di giocatori buoni (Andre Miller e Michael Doleac) e tutto il genio del suo allenatore erano stati fermati in finale solo dalla corazzata Kentucky di Rick Pitino dopo aver però buttato fuori i campioni in carica di Arizona, in una gara delle Elite Eight entrata ormai nella storia del college basketball grazie alla geniale applicazione della difesa 66 ovvero una zona mista Triangolo e Due, che durante la stagione avevano visto al massimo per una ventina di minuti, per fermare Miles Simon e Mike Bibby, le stelle di Lute Olson. Un capolavoro tattico.

Il libro, scritto a quattro mani con Wojciechowski, stimato scrittore di ESPN the Magazine, ripercorre la sua vita dall’infanzia a Sheboygan, nei dintorni di Milwaukee figlio di operai ed attivisti del sindacato, alla sua breve carriera di giocatore come walk on a Marquette per poi divenire presto il vice allenatore del mitico Al McGuire dopo che lo stesso coach lo mise fuori dalla squadra “You are the crappiest player i’ve ever coached and you should consider about quitting…” gli disse. Da McGuire, straordinario coach ma anche grande oratore, Majerus ereditò la capacità di incantare la stampa con le sue battute ed i suoi riferimenti colti e di grande finezza intellettuale, Ereditò anche la sua panchina nel 1983 prima di tentare la carta nella NBA, sempre a Milwaukee coi Bucks come assistente. Nella NBA, non adatta ad un coach insegnante come lui, resistette un solo anno prima di tornare alla NCAA e fare bene a Ball State prima di andare a Utah, dove visse sempre ed esclusivamente in un Hotel, non aveva tempo di pensare ad altro che non si trattasse di basketball, e divenire famoso come allenatore di big men (Keith Van Horn, Hanno Mottola, Michael Doleac, Lance Allred, Chris Burgess). L’autobiografia si ferma a quegli anni tralasciando il lungo stop per problemi di salute ed il rientro a Saint Louis dove ha riportato i Billikens al Torneo NCAA un anno fa… per poi lasciarci per sempre.

My-Life-on-a-Napkin-97807868652772Ecco qualche suo quote che dà un’idea del personaggio:

La sua vacanza preferita: “Probably Hawaii or Port Douglas, Australia. The Barrier Reef, I like the beach there. I love the beach; the only negative for me on the beach is people keep pushing me back in! They think I’m a whale.”

Quando Pitino provò ad indicare la sua Kentucky come la vera sfavorita della finale NCAA: “If we’re getting in a sumo ring, he and I, then he’s the underdog. I’ll crush him. But on the court, we’re in trouble.”

“When I die, they might as well bury me at the finish line at Churchill Downs so they can run over me one more time.” Meraviglioso…

Ecco infine come l’amico e co-autore del libro Gene Wojciechowski ricorda il coach, ve lo lascio in inglese, rende meglio: “Majerus was 10 of the smartest people I’ve ever known. The Jesuits educated him well. He was a coach, but he could have been a councilman. He lived in a hotel during much of his career, but his suites often were filled with books. He’d call at night just to talk about a Maureen Dowd column he had read an hour earlier.

He won games, lots and lots of them, but I swear he cared more about seeing his players get diplomas than victories.He could charm an entire national press corps. He could alienate an entire local media corps. He could hold court. He could hold grudges.

Majerus didn’t suffer fools. He was brilliant, complex and demanding to a fault. He also was loyal, caring and giving to a fault.” Gene Wojciechowski.