Sono passati quasi due mesi da quando siamo agli arresti domiciliari (aver sperato solo per un istante che le “autorità” repressive mostrassero almeno un po’ di buon senso e di semplice sale in zucca è stata ovviamente un’utopia – dire polizia dotata di buon senso è un perfetto ossimoro) e non credo ci possa essere qualcuno che osi dire che dopo tutto questo tempo siamo rimasti gli stessi. Non può essere vero, per tutta la serie di palesi motivi oggettivi che tutti noi siamo vivendo e che ci hanno totalmente cambiato la prospettiva sotto la quale vediamo le cose. Personalmente la cosa che mi ha sconvolto e alla quale penso in continuazione è lo sconvolgimento totale della mia prospettiva sullo sport di vertice.

Se nei primi giorni della serrata (che è un termine secondo me molto più icastico e calzante dell’inglese lockdown e che non riesco a capire perché nessuno lo usi, tanto più che mi sembra perfettamente italiano) si sentiva quasi il bisogno fisico di vedere nel fine settimana qualche partita di pallone o di basket, adesso la stessa idea di osservare con attenzione e partecipazione 10 o 22 uomini in mutande che vanno in campo magari a porte chiuse a tentare di scaraventare un pallone in porta o in un canestro mi lascia sbigottito, nel senso che mi viene da pensare che della cosa non mi potrebbe fregare di meno viste le cose ben più importanti, vitali, aggettivo che mai come in questi casi si capisce quanto sia importante e normalmente usato totalmente a sproposito, che ci affliggono. E comincio con raccapriccio a capire un po’ la mentalità dei famosi “intellettuali” italiani che imperversano a scuola, di cui ho parlato nel post precedente, e che odiano lo sport boicottando i ragazzi che lo praticano con ciò nuocendo direttamente al loro armonico sviluppo fisico, ma soprattutto mentale e caratteriale. Semplicemente, non capendo un’emerita mazza di cosa sia nella sua essenza lo sport e in genere l’educazione fisica (e non certamente l’ “attività motoria”, come qualcuno di voi ha più che giustamente osservato), associano all’idea di sport quello che vedono e aborrono, cioè un numero di persone che si accapigliano dietro un pallone, cosa che li lascia del tutto indifferenti. E dunque la considerano un’attività del tutto inutile, non solo, ma dannosa, perché distoglie i fanciulli dalle cose veramente importanti della vita. Mentre come noi veri sportivi sappiamo l’importanza dello sport nell’educazione di qualsiasi nuova generazione è un fattore fondamentale nella creazione di un essere umano vero, dotato di tutte le doti necessarie ad affrontare una sfida immane come è quella con la vita. E onestamente non so proprio come poter abbattere questa vera e propria cortina di ferro ideologica che affligge le strutture educazionali in Italia. Che sono fra l’altro affidate quasi esclusivamente alle donne che, per storia e cultura del nostro paese, sono proprio quelle che meno sono state avviate allo sport da piccole (“non è cosa da ragazzine”) e dunque proprio non lo capiscono, non sanno cosa sia. E’ un circolo vizioso dal quale proprio non vedo come si possa uscire.

Sono convinto che ad emergenza passata ritornerò a vedere le cose più o meno come le vedevo prima (anche se sono sicuro che proprio come prima non sarà più) e dunque ritornerò a interessarmi allo sport di vertice e godermelo, magari facendo ancora il tifo per qualche squadra, e magari anche riprenderò il discorso sull’educazione cestistica che avevo già iniziato. Per ora però proprio non riesco a farlo per semplice mancanza di motivazione. Passerà anche questa. Si spera. A confortarmi c’è il lontano ricordo della soddisfazione proprio estetica che provavo vedendo in azione Pelè, Maradona, Messi, Delibašić, Petrović, Kukoč, Bird, Magic e MJ, cosa assolutamente senza prezzo che è il sale della nostra esistenza, né più né meno come la soddisfazione e l’appagamento che si provano osservando un quadro di Monet, leggendo la Divina Commedia, assistendo a una tragedia di Shakespeare o ascoltando una sinfonia di Beethoven.

Ora le priorità sono ovviamente altre e il periodo che stiamo vivendo offre tutta una serie di argomenti sui quali ragionare e meditare e che alla fine portano ad affrontare questioni somme, questioni che riguardano la nostra più profonda essenza di esseri viventi, di componenti la specie umana in particolare, insomma che portano ad affrontare argomenti e domande che ci lasciano sgomenti, incapaci come siamo ad affrontarle.

Come esempio di quanto ho appena detto partirò da una constatazione apparentemente secondaria, quasi banale, che però, più la si affronta, e più porta proprio verso quelle questioni esistenziali fondamentali di cui sopra esponendovi il ragionamento che ho seguito. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo e sfruttandolo per pensare non credo sia il peggior modo di passarlo e un esercizio di messa in funzione delle cellule grigie penso sia un esercizio da fare di questi tempi. Poi non è detto che le conclusioni alle quali si arriva siano vere, o addirittura solo plausibili, ma, come si usa dire, l’importante non è la destinazione, ma il viaggio stesso.

La constatazione di cui parlo è l’esplosione incontrollata di teorie complottistiche sull’origine della pandemia che stiamo affrontando. Partendo dall’idea che solo un cervello da pulcino come quello di Donald Trump (quello che curerebbe il virus bevendo disinfettante) poteva partorire, cioè che si tratta di un complotto cinese, confortato addirittura da un premio Nobel, sputtanato dalla totalità della comunità scientifica mondiale che inutilmente tenta di convincere la gente che un virus creato in laboratorio è facilmente riconoscibile e questo sicuramente, definitivamente, non è stato creato in laboratorio, e finendo con la teoria che dietro a tutto questo ci sia una specie di S.P.E.C.T.R.E. mondiale in mano ad oscure forze pluto-giudaico-massoniche (come in merito il mondo non cambia mai!) che ha architettato il tutto per prendere definitivamente in mano il potere economico, mediatico e finanziario, insomma come dietro a tutto ci sia una specie di loggia P2 all’ennesima potenza.

Già l’idea stessa che l’umanità, o almeno una cospicua parte di essa, comprendente, come ho avuto modo di constatare di persona, persone anche molto intelligenti e istruite, possa credere a puttanate galattiche come queste mi sconvolge e mi fa pensare che ci debba essere qualcosa dietro a questo impellente bisogno di trovare comunque una ragione di quanto succede che possa ricondursi a origini dovute comunque alla volontà di altri esseri umani. Cioè che ci sia ormai l’idea radicata, assiomatica quasi, che tutto quello che succede su questo pianeta dipenda da noi in quanto umani e dunque padroni assoluti della Terra.

Meno male che non sono credente, in quanto se lo fossi comincerei a preoccuparmi seriamente. Per quanto ne so l’ultima volta che l’umanità raggiunse un tale vertice intollerabile di superbia e arroganza il buon Dio mandò sulla Terra nientemeno che un diluvio universale che sommerse tutto e tutti, eccetto Noè e la sua arca. L’unica domanda che ci si dovrebbe porre in questo caso è: ma un nuovo Noè il buon Dio dove potrebbe andarlo a cercare? Sarebbe un’impresa probabilmente ardua al limite, se non oltre, dell’impossibile.

Abbiamo totalmente cancellato dalle nostre menti l’idea che siamo semplicemente una specie molto, ma molto limitata, di esseri viventi che si sono materializzati su questo pianeta alla fine di una particolare catena evolutiva (siamo in campo animale rispetto agli insetti, molto più capaci di noi ad adattarsi evolutivamente alle condizioni nelle quali devono sopravvivere, per non parlare dei batteri, quello che sono gli alberi rispetto all’erba, per non parlare dei funghi, in campo vegetale) e che dunque, proprio per la nostra estrema complessità, siamo i più vulnerabili a qualsiasi cambiamento climatico o in genere abitativo che possa avvenire sul nostro pianeta. Se poi siamo tanto stupidi e arroganti da accelerare (non provocare, attenzione, le variazioni di clima ci sono sempre state, tanto che per esempio l’ultima era glaciale è avvenuta qualche secondo fa considerando i tempi assoluti con i quali si misurano le variazioni nel cosmo) i cambiamenti che porteranno alla nostra estinzione, allora è solo giusto che questa estinzione avvenga. Che cioè venga un nuovo diluvio universale.

Penso che proprio situazioni come questa dovrebbero invece farci riflettere sull’angosciante fatto che siamo solamente una variazione zoologica avvenuta nella complessità della vita sviluppatasi su questo nostro pianeta e che, dal punto di vista della Terra stessa e dei tempi con i quali essa vive, siamo in realtà bazzecole insignificanti che possono essere spazzate via come e quando la Terra vuole. Onestamente mi sembra un altro indice della nostra arroganza il pensare che siamo noi quelli che hanno in mano il destino della Terra. Tutto quello che noi facciamo per auto estinguerci alla Terra stessa non importa un fico secco. Anche se la ridurremo in un deserto inabitabile (per noi che ci consideriamo il centro dell’universo) per lei sarà del tutto irrilevante, un puro e semplice incidente di percorso dal quale avrà altri quattro miliardi e mezzo di anni di tempo per rimettersi. I dinosauri si sono estinti. E allora? Solo per questo la Terra si è fermata? Non mi pare. Si estinguerà l’umanità? E allora? Fra qualche milione di anni si svilupperà qualche altra forma di vita intelligente che, si spera, sarà un tantino meno stupida e boriosa della nostra.

Insomma penso che proprio in momenti come questo dovremmo fare tutti uno straordinario bagno di umiltà e vedere le cose nella loro giusta prospettiva cosmica. Sta a noi tentare di fare in modo che noi, ma soprattutto le future generazioni, possiamo ancora vivere in modo decente su questo pianeta e possiamo riuscirci solo a patto che ci rendiamo conto finalmente della nostra abissale fragilità e della nostra assoluta impotenza a contrastare la natura quando essa si incazza. Siamo un gruppo di minuscoli e fragili esserini impotenti. Sarebbe finalmente ora di rendersene conto.