Scrivo avendo ancora negli occhi la meravigliosa prestazione di Yanick Moreira, 23enne di 211 cm dell’Angola che con 38 punti (17/24 dal campo, 4/7 TL e 15 rimbalzi) ha contribuito alla rimonta della sua squadra nazionale su un’Australia inguardabile nel terzo e quarto periodo di gioco nei quali ha subito 62 punti dagli africani che hanno poi vinto 91-83.
Una partita perfetta quella del centro angolano, sottolineata dal commento dei due telecronisti di turno – ho dimenticato i nomi – che non mi è piaciuto affatto. Sia chiaro: essendo titolare di questa rubrica in qualche modo devo trovare anche qualcosa di negativo in un giudizio complessivo sulla qualità dei commenti che in assoluto trovo perfetti, così come ho già scritto nella prima puntata.
Perché non mi è piaciuto il commento? Perché nei primi due quarti l’Angola è stata trattata veramente male dai due telecronisti con espressioni molto poco piacevoli (sempre senza volgarità o eccessi verbali, sia chiaro) e con un tono di voce che sembrava esprimere quasi fastidio per il modo in cui ha giocato. Che è stato assolutamente scarso, è vero, nei primi venti minuti. Ma visto poi come è finita la partita è suonato davvero sgradevole. Vero è che nessuno avrebbe scommesso che l’Angola avrebbe segnato 62 punti nel secondo tempo e che l’Australia fosse al bar a prendere diversi caffè invece di giocare. Ma comunque io credo che nessuna squadra, ad un Mondiale in particolare, possa essere disprezzata come mi è parso che abbiano fatto i due.
Ma il loro commento mi dà modo anche di tornare su un argomento che mi è molto caro: l’uso della lingua italiana. Ci sono espressioni nella pallacanestro che non possono essere tradotte, ma quasi tutte le altre sì: lay-up può essere tradotto con sottomano; un jumper può essere detto anche tiro in sospensione; un fast-break può essere un contropiede. Io non dico sempre, ma durante i 40 minuti di una partita l’italiano può tranquillamente essere utilizzato invece di limitarsi alla cosa più semplice. Fino a che lo fa un allenatore ci può anche stare, quelli di oggi devono saper parlare un inglese fluente dunque è più facile per loro commentare con le espressioni inglesi anche per sintetizzare. Ma il telecronista non ha bisogno, secondo me, di fare sfoggio di competenza tecnica-inglese anche se la trasmissione delle partite è rivolta ad un pubblico di nicchia che conosce perfettamente la pallacanestro ed i suoi termini.
Infine, un’annotazione che mi serve per fare un rimprovero ad Alessandro Gentile. Gran parte dei giocatori ai Mondiali, anche le stelle celebrate in tutto il mondo, cantano l’inno nazionale. I naturalizzati no, ovviamente, ma hanno comunque un atteggiamento rispettoso. Alessandro Gentile non canta mai l’inno e mastica la gomma americana con una faccia che sembra infastidita. Non dico che non senta l’emozione e magari quello è il suo modo di concentrarsi. Ma l’inno nazionale va cantato. Punto e basta.
Alla prossima. E viva Sportitalia. E grazie per quello che sta facendo.
EDUARDO LUBRANO