
Matthew Dellavedova, play australiano di origini friulane (foto FIBA)
“Gli dei del basket”. Quante volte abbiamo sentito questa espressione per spiegare come un canestro o un’azione incredibile sia andata a buon fine nonostante non tutto fosse perfetto? Ed è vero che esistono gli Dei del basket, ma io in questo caso vorrei rivolgermi a quelli dello sport.
Eravamo tutti, più o meno, contenti della vittoria dell’Angola sull’Australia, perché è normale che in una partita in cui una squadra è considerata più forte ed è già certa del passaggio del turno ed una considerata più debole e senza chance, si faccia il tifo per quella più “debole”. E invece…
La FIBA ha aperto un’indagine sul comportamento dell’Australia che avrebbe – ripeto avrebbe – perso apposta quella partita (91-83). E pensate che razza di film si sarebbero fatti i canguri: passiamo per terzi così negli ottavi incontriamo una squadra più debole e una volta passati ai quarti (?!) non incontriamo gli Stati Uniti. Cervellotico e presuntuoso, ammesso che sia tutto vero ovviamente. Ma nella motivazione con la quale la FIBA ha aperto l’indagine c’è scritto proprio questo: gli australiani non volevano incontrare gli americani nei quarti. E il risultato della ripresa (41-62!) sembra deporre a favore di questa tesi.

Eduardo Lubrano
Ed ecco gli Dei dello sport e del basket che sono intervenuti: son passati, gli Aussie, per terzi invece che per secondi, hanno pescato la Turchia invece della Repubblica Domenicana (la squadra che ha giocato con la Slovenia, seconda del girone D quello dell’Australia) e hanno perso a 5 secondi dalla fine con un tiro da tre di Emir Prelzdic guidato evidentemente dall’alto. Altro che quarti di finale, altro che Stati Uniti: David Andersen e compagni prenderanno un bel volo per tornare a casa.
Se fosse tutto vero, allora questo confermerebbe una cosa che penso da tempo: questo tipo di calcoli nel mondo dello sport portano sempre male a chi li fa. Non volendo entrare nel campo di quanto sia scorretto, antisportivo ed ignobile fare una cosa del genere, giocare a perdere, ed imbrogliare anche chi, come il sottoscritto, è convinto di vedere una partita regolare decisa solo dalla bravura di una squadra o dall’altra. Sono molto amareggiato, lo confesso, e confesso anche la mia ingenuità.
Fosse tutto vero servirebbe una punizione esemplare nei confronti dell’Australia, una punizione che serva anche da monito a chi in futuro volesse ancora farsi passare per la testa un’idea del genere. Su tutto, però, una cosa piacevole da dire rimane: che bravi i colleghi di Sportitalia e gli allenatori che fanno da commentatori. Questo sì che è un prodotto televisivo da godere.