mannion utesPace Shewan Mannion è l’esempio più classico dell’americano giunto in Italia convinto di colonizzarla che se ne torna negli States dopo 13 anni profondamente italiano nell’anima, ci sono tanti esempi come Yelverton, Lienhard, Raga, Morse, Kenney, Griffin ed il nostro Mannion fa parte indubbiamente di questo gruppo. Giunto a Cantù da vero fervente mormone cercava di indicare ai compagni la strada del Signore e la presenza del Maligno nella birra ma quando lasciò Cefalù si portò con sé una seconda moglie italiana ed un cuore profondamente trasformato.

Pace nasce proprio a Salt Lake City, la città dei Mormoni, ma cresce a Paradise in Nevada. Il nome potrebbe indicare un luogo santo ma in realtà si tratta della Contea in cui si sviluppa Las Vegas, la città del peccato, in questa dicotomia geografica cresce il piccolo Mannion, sempre con un pallone in mano grazie al padre allenatore con il quale lavora per ore intere sui fondamentali, quando va alla High School prende l’abitudine di giocare nei campetti nella parte West della città assieme a ragazzi di UNLV e spesso, per non dire sempre, è l’unico ragazzo bianco in campo.

mannion utahGli arrivano molte offerte di borse di studio ma il richiamo della Casa Madre è troppo forte e Mannion opta per University of Utah, si tratta peraltro di uno squadrone che annovera due veri fenomeni come gli junior Danny Vranes e Tom Chambers. Pace è da subito in quintetto e lavora come un pazzo per migliorarsi. Al suo secondo anno, coi due di cui sopra veri leaders, gli Utes arrivano alle Sweet Sixteen al Torneo NCAA dove perdono contro la North Carolina di James Worthy, Al Wood e Sam Perkins di soli 5 punti “La peggiore sconfitta della mia carriera, brucia ancora…” ricorda Mannion. Quando Chambers&Vranes passano pro Mannion eredita i gradi di capitano di Utah nonché di miglior realizzatore, ladro di palloni e distributore di assist dimostrando la piena completezza del suo gioco. Mannion nel suo ultimo anno al college ha un’altra chance per una corsa profonda e con due clamorosi upsets torna alle Sweet Sixteen dove stavolta trova la North Carolina State di Jim Valvano e Thurl Bailey. Vincono i Wolfpack che poi andranno a vincere uno dei titoli NCAA più incredibili della storia contro la favoritissima Houston Univerity di Olajuwon e Clyde Drexler mentre Pace viene nominato giocatore dell’anno della Western Athletic Conference. Curiosamente poi Mannion ritroverà Big T Bailey, pure lui grande ex di Cantù, come partner alla televisione degli Utah Jazz.

mannion nbaSiamo nel 1983 e Mannion viene chiamato con la numero 43 dai Golden State Warriors “Ho imparato tanto nella NBA ma temo di non aver mai giocato là col giusto livello di confidenza” ed in effetti nonostante qualche buona prova come una prestazione da 25 punti contro gli  Houston Rockets Pace fatica ad uscire del destino di role player e bench warmer ma sarà per l’impegno che ci mette o per il sorriso sghimbescio ed i baffetti che porta riesce ad avere pure un fans club personale: un gruppo di studenti di Rice lo eleggono ad idolo ed arrivano ad avere 125 membri del club che segue Mannion nelle gare giocate in Texas, in una gara a Houston il suo Fans Club stressa coach Frank Layden per tutta la gara urlando “Pace, Pace, He’s our Mannion!” sino a quando il suo coach capitola e lo mette in campo ad inizio ultimo quarto. Utah, la sua squadra in quel momento della carriera, vince 105-102 e Mannion segna 13 punti in una decina di minuti. Un trionfo.

Ho avuto la possibilità di giocare con fenomeni come Adrian Dantley, John Stockton, Karl Malone, John Lucas, Jack Sikma, Sidney Moncrief ed altri. Ho difeso su Magic Johnson, MJ, Dr. J, Charles Barkley e Larry Bird. Mi sono divertito a giocare ai massimi livelli ma non ho mai avuto la chance di avere abbastanza minuti a disposizione per poter rendere come volevo” è ora di cambiare ed accettare un’offerta overseas dopo cinque anni nella NBA fra Golden State, Utah, New Jersey e Milwaukee.

Proprio durante quell’estate a Cantù è in atto una rivoluzione.

Nel vero senso della parola.

Con una mossa a sorpresa il presidente Aldo Allievi aveva deciso di cedere Antonello Riva, l’idolo di casa cresciuto al college, all’odiata Olimpia Milano in cambio di soldi, del prestito biennale di Davide Pessina e del nemico numero uno della tifoseria: Roberto Premier.

Apriti cielo. Sui muri della sede società compaiono scritte minatorie. Premier non deve sostituire Riva.

normal_pace-marzo90293Allora un Gianni Corsolini seriamente preoccupato mette in piede un’altra trade: gira Premier al Messaggero di Raul Gardini in cambio di Andrea Gianolla e di Tullio De Piccoli, due ottimi cambi che Roma aveva prelevato da Venezia. C’è bisogno allora di andare sul mercato USA ed il coach Charlie Recalcati individua subito il suo uomo.

“Mi chiamò il mio agente Warren Lagarie, c’erano tre squadre italiane interessate a me, Cantù offriva meno delle altre due ma secondo lui era decisamente la miglior scelta da fare (capita spesso ndr…) ed aveva ragione…Charlie Recalcati era un allenatore incredibile ed una persona persino migliore, ho amato giocare per lui, lottò per portarmi a Cantù addirittura Dan Peterson continuava a dire che non ero il giocatore giusto per Cantù e che Charlie stava facendo un errore ma lui credeva in me ed io feci di tutto per ricambiare la sua fiducia”. La mossa di prendere un americano in effetti è geniale perché Pace Mannion non sa nemmeno chi sia Antonello Riva e non sente la responsabilità nel sostituirlo “Affrontai Riva per la prima volta in amichevole a Bormio e mi segnò in faccia una quarantina di punti, a fine gara chiesi al coach se quello era il giocatore che dovevo sostituire, lui mi rispose di sì. Esitai un attimo poi gli dissi che forse aveva fatto un errore, lui mi guardò, sorrise e disse di no…” Quando Mannion riaffronta Riva in campionato gli restituisce il favore segnando 42 punti alla difesa di Milano e vincendo il derby “Affrontai poi tante volte Riva e guadagnai il suo rispetto così come lui si guadagnò il mio, eravamo forgiati dello stesso metallo, giocavamo duro e volevamo vincere…”

L’impatto di Mannion a Cantù, dopo una fase iniziale di studio, è fragoroso. Trova un grande aiuto in Roosevelt Bouie che insegna a Pace gli usi e costumi italiani “ed era sempre così calmo mentre io ero una testa calda!” ma si inserisce splendidamente coi compagni italiani come Rossini, Gianolla, Bosa, Gilardi, Pessina, Tonut ed il giovane Zorzolo.

Due però gli entrano subito nel cuore.

Il suo cambio e sparring partner in allenamento è Andrea “Rambo” Gianolla, un guerriero veneto di 1.95 tutto impeto e cuore “Abbiamo battagliato in ogni allenamento e gli devo molto, in partita le cose mi venivano più facili perché dovevo allenarmi così duramente contro di lui, l’ho un po’ perso di vista ma è stato uno dei miei compagni di squadra che tengo più nel cuore fra tutti quelli che ho avuto in 19 anni di carriera”

L’altro è Alberto “Lupo” Rossini “Cercai di aiutare molto Alberto che era molto giovane ed era il cambio di una leggenda ingombrante come Marzorati, ma pian piano stava emergendo come uno dei migliori play italiani, anche se il Pierlo non voleva ammetterlo. Quando era in campo eravamo più veloci ed era un gran difensore, al mio secondo anno a Cantù sbocciò definitivamente”

mannion cantùRecalcati intanto se ne va sostituito dal suo assistente Fabrizio Frates “Era un buon coach anche se stava ancora imparando e fu bravo a seguire la traccia di Charlie” e quello fu l’anno della leggendaria vittoria in coppa Korac contro il Real Madrid “Ricordo ancora bene quelle due partite di finale, vincemmo gara 1 di 2 con un mio canestro negli istanti finali della partita e con una grande prestazione di Bouie contro l’enorme centro dei Madrileni Stanley Roberts. Alla gara di ritorno al Pianella io non lo sapevo ma stavo per giocare la partita più importante della mia carriera, in realtà a quel tempo pensavo che vincere lo scudetto era più importante, in un Pianella strapieno partiamo malissimo e finiamo sotto di 18 punti a metà del primo tempo. Mi ricordo che pensai che se dovevo perdere allora lo avrei fatto lottando e tirando, mentre il Real stava battendo un libero dissi a Rossini di continuare a passarmi la palla. Lui mi chiese dove volevo ricevere la palla e gli risposi di darmela ovunque… Incominciai a segnare triple su triple ed all’intervallo eravamo sotto di soli 4 punti. Nel finale di gara segnai un paio di liberi per pareggiare poi ai supplementari ci pensò Rambo Gianolla a segnare da tre punti il canestro decisivo. Fu un trionfo, il mio unico cruccio fu che non c’era Recalcati in panchina”.

Nel suo quarto ed ultimo anno a Cantù Mannion viaggia a 23.2 punti a partita con il 62% da due, il 38% da tre, quasi 4 rimbalzi ed altrettanti assist. Gli Allievi ed i tifosi lo amano e cantano “E Mannion vola e la curva s’innamora…”

Non ero sempre d’accordo con quello che combinavano gli Eagles ma adoro la loro passione e l’amore che ci mostravano” e lui vorrebbe restare in Brianza per tutta la carriera ma Pierlo Marzorati si ritira e passa dietro la scrivania “Credo che Marzorati, col quale non ho mai legato, abbia convinto suo suocero Aldo Allievi che spendendo meno avrebbe potuto prendere un giocatore bravo quanto me così non mi rinnovarono il contratto ed andai con Frates alla Benetton Treviso”

Hodges

Hodges

Una stagione disastrosa sia per Mannion che per Cantù. Il giocatore si infortuna alla spalla e non riesce nemmeno a tirare ma i medici trevigiani non trovano nulla “Più tardi scoprii che l medico sociale non era nemmeno un ortopedico! Mandai i miei esami al mio medico negli States che mi disse di tornare subito e farmi operare! Lasciai la squadra ed andai sotto i ferri, sono ancora convinto che a Cantù con persone preparate come il dottor Klinger e Andrea Lanzi non sarebbe successo invece Buzzavo e lo staff di Treviso non furono in grado di gestire bene la situazione” Va peggio in Brianza. Marzorati sostituisce Mannion con il clamoroso tiratore ex Chicago Bulls Craig Hodges  che sa fare (divinamente) una sola cosa: tirare.

Mentre il nuovo allenatore, lo spagnolo Diaz Miguel, non gli mette un blocco per liberarlo negli schemi, la squadra va male e diventa peggio quando la società decide di tagliare Hodges, che almeno aveva classe ed esperienza, invece dell’inutile formaggetta olandese Geert Hammink sostituendolo per di più con un’ala, di valore ma rotta, come Ricky Winslow. La situazione si fa drammatica, Hammink scappa come un ladro nella notte, Winslow si rompe di nuovo e viene sostituito, tardivamente, con un fenomeno come Michael Curry ma con un Usa solo la Clear va ai play out. Bruno Arrigoni, promosso Head Coach al posto di Diaz Miguel, eredita una squadra in crisi di identità e nonostante i suoi sforzi e la classe di Curry la Pallacanestro Cantù retrocede in A2 “Io non avrei mai permesso alla squadra di retrocedere ma fui costretto ad andarmene…”

Operato e tornato con la spalla a posto Mannion viene chiamato dalla Juve Caserta “bei ricordi con Fazzi, Brembilla e Faggiano” dove oltre Pace trova l’amore, una pallavolista di nome Gaia che diverrà la sua seconda moglie e gli darà un figlio di nome Niccolò

Dopo un anno alla Reggia… va a Reggio. Emilia.

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con Thurl Bailey

Che squadra! Mike Mitchell era un campione ed un grande amico, c’erano Aldi, Montecchi, Pastori ed il giovane Basile con un grande coach come Consolini e fans fantastici. Vincemmo la A2 e fummo promossi in A1 battendo Riva e Frates a Gorizia in finale. Io e Mike eravamo il duo di americani più vecchi d’Italia e non in molti credevano nella nostra promozione. Fu bello insegnare i trucchi del mestiere a Basile, si fermava alla fine di ogni allenamento e si allenava con me prendendoci degli extra shots e giocando 1 contro 1, a fine stagione era migliorato tantissimo e ci guidò alle finali, che talento!”

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con Gaia e Niccolo

Mannion finisce poi in Giappone dove trova una sola cosa buona “Il denaro!” torna in Italia a Fabriano a stagione in corso, dove trova come capitano Andrea Fortiun grande giocatore e leader oltre che amico” gioca 15 partite a 15.8 di media con il suo nuovo e fiammante passaporto da italiano e poi a Roseto  “Era una buona squadra e conobbi delle belle persone ma col cambio di proprietà le cose peggiorarono ed a metà stagione andai alla Virtus Sienanella bella cittadina toscana Pace si presenta con la moglie incinta ed il parto è problematico “Non sapevamo se Niccolò  sarebbe sopravvissuto, ma i medici dell’ospedale di Siena furono straordinari e gli salvarono la vita, essere a Siena fu una benedizione…”

Con la nascita del bimbo ed i suoi problemi di salute Mannion capisce di essere pronto per ritirarsi, gioca un altro anno a Cefalù e poi a 42 smette “fisicamente stavo bene ma mentalmente non ne avevo più…”

Torna così a Salt Lake City, da dove era partita questa storia, con passaporto, moglie e figlio italiano ed il Belpaese nel cuore, diventa analista televisivo per gli Utah Jazz, poi tre anni fa si trasferisce a Scottsdale in Arizona dove fa il commerciante e segue il figlio Nico che ha 13 anni ed è un promettente giocatore di basket e baseball, mentre i figli avuti dalla prima moglie Pj e Candice hanno 32 e 29 anni e lo hanno reso nonno donandogli quattro nipotini.

Vi lasciamo con i minuti finali della gara più importante della carriera di Pace: Clear Cantù vs Real Madrid anno 1991