jack-sikma-3_display_imageIl draft NBA del 1977 era estremamente sugoso ed a Seattle aspettavano un centro in grado di dare una spinta decisiva ai SuperSonics, c’erano in ballo nomi importanti come Kent Benson da Indiana, Marques Johnson da UCLA o Tom LaGarde da North Carolina e quando il rappresentante della Emerald City comunicò il nome con l’ottava chiamata nella città del North West si alzò in coro un commento “Chi diavolo è questo Jack Sikma? E dove cavolo è Illinois-Wesleyan?

Poche ore dopo coach Lenny Wilkens lo chiamò a casa, non era ancora la NBA dello showtime in tv, e chiese a questo ragazzone di 2.11 di origine olandese se era felice di venire a Seattle, la risposta non fu delle più felici “Non era una delle mie prime scelte…” poiché Sikma preferiva restare nel suo Mid-West, insomma la partenza non fu promettente…

Sikma era stato scoperto dal coach dei Titans di IWU Denny Bridges nel 1972 “Andai a vedere questo ragazzo che mi era stato segnalato ed era veramente alto ma anche tremendamente magro con una gran ciuffo di capelli biondi e cadenti, sembrava uno scopettone. Ma capii che se lo reclutavo sarebbe diventato il miglior giocatore di sempre di Wesleyan” Bridges fu il primo a reclutarlo seriamente ma poco dopo, grazie alle sue prestazioni ai tornei di Stato dell’Illinois cominciarono a muoversi le grandi università compresa University of Illinois.

sikma_basket_320 (Marc Featherly)Ma Sikma era stato conquistato da Bridges e voleva essere il main guy della squadra che comunque avrebbe affrontato college importanti nel suo schedule “Ero esploso tardi e volevo giocare subito e tanto” ricorda Sikma. Dopo la stagione da freshman Sikma ed i Titans dominarono la loro conference per tre anni consecutivi ed il centro mise a segno il record per punti (2272) e rimbalzi (1405), tuttora detenuti, sino a farsi notare dai Sonics che lo chiamarono al primo giro.

Si conquistò rapidamente l’affetto dei tifosi locali anche grazie al suo caschetto biondo che divenne poi misteriosamente una capigliatura riccia grazie ad una pessima permanente , finendo nel quintetto delle matricole e chiudendo con 10.7 ppg e 8.3 rpg il suo anno da rookie che ebbe il suo apice con le Finali NBA che Seattle perse 4-3 contro i Washington Bulletts del centro, più largo che alto (ma molto largo…), Wes Unseld contro il quale il giovane Dutch Boy andò a scontrarsi con fragorosi impatti tanto che un cronista americano li descrisse  come se “sembrava quasi di udire il rimbombo dei corpi, come quelli di un maglio che batte sul ferro” . I Supersonics che avevano vinto pure gara 1 e si erano portati sul 3-2 persero le due gare finali nonostante i 21 punti di Sikma in gara 7.sikma-silas

Ma la rivincita arrivò presto ed i Sonics ritrovarono i Bulletts nelle Finali NBA del 1979, Sikma arrivava da una stagione da 15.6 punti e 12.4 rimbalzi a partita e si era conquistato il suo nick name: The Hammer, il martello, grazie al suo tiro letteralmente immarcabile e tipico quanto il gancio cielo di Jabbar, non essendo un grande saltatore Sikma prendeva posizione spalle a canestro per fare poi perno su un piede e saltare allontanandosi dal difensore e facendo partire la palla da dietro la testa ad un’altezza tale da non poter essere né stoppato né ostacolato. La vendetta sui Bulletts fu fragorosa e Seattle vinse il suo primo (e tuttora unico) titolo NBA per 4-1, perdendo la prima e poi vincendone quattro consecutive con Sikma sempre in doppia cifra. La sua storia d’amore con Seattle, che tutt’ora è la città dove risiede e dove gestisce un campo da golf, finì nel 1986 quando chiese ed ottenne una trade per problemi interni nello spogliatoio finendo a Milwaukee in cambio del tristissimo centro Alton Lister (visto brevemente anche a Milano) cominciando così la maledizione dei centri a Seattle che, dopo Sikma, non ha più avuto dei “cinque” dominanti.

Chiuse nei Bucks la sua carriera nel 1991 con 15.6 punti di media, 7.5 rimbalzi, uno strepitoso 84% dalla lunetta ed il 32% da tre, Sikma infatti fu il precursore del big man in grado di aprirsi sul perimetro e colpire anche dalla distanza. Dopo essersi ritirato e tornato a Seattle venne richiamato dalla NBA come allenatore dei lunghi prima di Seattle e poi degli Houston Rockets chiamato ad insegnare a Yao Ming la sua tecnica eccelsa da pivot per poi passare a Minnesota dove è uno degli assistenti allenatori dei Timberwolves di coach Adelman ed ha un figlio Luke che gioca nel CB Canarias di Tenerife dove ha viaggiato a 12.8 punti e 6.5 rimbalzi.

Vediamo il grande Hammer in azione:

 

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Potete ascoltare l’incipit dell’articolo, letto dall’autore, su Tripla Doppia in onda il martedi sera su BM Radio dalle 21.30